Antonio Vaccarino, Sindaco di Castelvetrano, Presidente dell’Unità Sanitaria della Valle del Belice, ma, soprattutto “astro nascente della Democrazia Cristiana” per chi aveva avuto l’interesse di abbattere il sistema politico cinquantennale cominciando proprio da Castelvetrano, sede del direttorio del terrore mafioso, inconsapevole manovalanza criminale delle menti raffinatissime di Falconiana individuazione.
Il Prof Vaccarino, fino a quel momento stimatissimo, e non soltanto nel proprio paese, veniva infangato d’un tratto quale criminale capomafia. Tutte le Forze dell’ordine, Investigatori di primordine testimoniavano senza remora alcuna della sua assoluta rettitudine. Non serviva ad annullare le elucubrazioni accusatorie del delinquente Calcara Vincenzo appositamente imbeccato in tal senso, pure smentite categoricamente da tutti i collaboratori di Giustizia effettivamente mafiosi quali, Brusca, Siino, Geraci, Sinacori, Zicchitella, Patti, Milazzo…etc etc..
Relazioni da parte di uomini delle forze dell’ordine, che avrebbero scagionato Vaccarino, mai entrate a far parte dei fascicoli processuali (vedasi la relazione del Luogotenente Di Pietro, della cui copia ha fatto richiesta il legale di Vaccarino, Avvocato Giovanna Angelo), e dichiarazioni di pentiti giudicati attendibili, non tenute nella stessa considerazione di altri dichiaranti la cui attendibilità è stata messa in discussione in più processi, rappresentano soltanto una minima parte delle tante anomalie che si registrano in questa storia.
Tra le tante perplessità mai chiarite, ce n’è una che riguarda la mancata cattura di Matteo Messina Denaro e la ricostruzione dell’intero organigramma di “Cosa Nostra” in Sicilia. Se la storia giudiziaria di Antonio Vaccarino, inverosimile capomafia e impossibile trafficante, è un autentico compendio di gravi anomalie, quella di Svetonio lo è forse ancor di più, rassegnando a chi ha modo di conoscerne i dettagli, una serie di condotte improvvide meritevoli di essere citate a futura memoria.
Chi è Svetonio
La Direzione del SISDE, impegnatissima nella cattura di tutti i latitanti mafiosi, organizza e sviluppa l’operazione finalizzata alla cattura dell’ultimo capomafia Matteo Messina Denaro. Vaccarino riesce a farsi contattare dal latitante instaurando un collegamento epistolare durato oltre 4 anni. Filosofia, religione, affetti familiari , questi i temi dettagliatamente trattati con aumentato interesse scritto da Matteo Messina Denaro. Il bisogno inappagato di conoscere ed abbracciare sua figlia Lorenza…….così si afferma la validità di Vaccarino che aveva creduto nella possibilità della “resa” di Matteo consegnandosi allo Stato. Era sfiduciato e pessimista. Non aveva più alcuna fiducia nei Politici, diffidava degli stessi suoi presunti protettori di comodo. Opportunisti dei tempi grassi, disertori nelle avversità. Voleva conoscere ed abbracciare sua figlia! Oltre dieci anni fa! Dieci anni ancora di latitanza costata alla Città di Castelvetrano, alla provincia di Trapani , alla Regione, allo Stato, incalcolabili danni sociali ed economici.
A Vaccarino il nome di Svetonio, usato nella corrispondenza (pizzini) tra i due, lo aveva assegnato lo stesso Matteo Messina Denaro, il quale a sua volta si firmava con lo pseudonimo di Alessio.
D’accordo col SISDE, Vaccarino (grazie al fatto che il fratello del boss aveva frequentato il Liceo scientifico del quale erano Presidente e Preside il Vaccarino e la moglie) riesce a entrare in contatto con il latitante con il quale intavola una lunga corrispondenza. Non si tratta solo di stanare il latitante, tra gli obiettivi del SISDE, grazie alla collaborazione di Vaccarino-Svetonio, c’è quello di mappare le famiglie mafiose siciliane. Un piano ben congegnato che avrebbe portato ben presto a conoscere l’influenza delle famiglie di Cosa Nostra nelle varie province siciliane e i loro interessi nell’ambito degli appalti. Un’inchiesta avviata da Giovanni Falcone e proseguita con Paolo Borsellino che aveva chiesto agli stessi uomini del Ros se erano disposti a proseguire in quell’indagine dopo la morte di Falcone.
La Direzione del SISDE diventa “Svetonio” e lavora alacremente. I pizzini tra Vaccarino e Alessio vengono infatti trasmessi al SISDE. Analizzati e valutati, serviranno per conoscere lo stato delle cose e studiare nuove strategie. La squadra che è all’opera, è la stessa che consegnò a Falcone la prima grande inchiesta sul rapporto mafia-appalti, la stessa alla quale Paolo Borsellino si era rivolto chiedendo se ci fosse la disponibilità a proseguire quelle indagini.
L’imprevisto
L’allucinante esperienza di malagiustizia pregressa induce Vaccarino a rendere partecipe dello stato dei lavori dei Servizi segreti la SuperProcura di Pietro Grasso. Non c’è alcun obbligo gli fanno notare i vertici del SISDE. Ugualmente ritiene ineludibile il coinvolgimento della massima autorità nazionale antimafia. E scrive.
Vaccarino-Svetonio, decide dunque di coinvolgere l’Autorità Giudiziaria, ammettendo la sua appartenenza al SISDE, ad un Organo Investigativo di Trapani, allertato dalla Super Procura di Roma (Pietro Grasso).
È la fine dell’operazione Svetonio-Servizi segreti
Il fallimento di quattro anni di attività. Un’improvvisa fuga di notizie porta a conoscenza della stampa (anche quella internazionale) del ruolo di Vaccarino-Svetonio, mandando in fumo ogni progetto di cattura del boss e la mappatura delle famiglie mafiose siciliane, concedendo un notevole vantaggio a Matteo Messina Denaro ed esponendo, nel contempo, Vaccarino alle ritorsioni del latitante. Tant’è che questi, firmandosi con il suo nome e non più come Alessio, gli scrive: “Ha buttato la sua famiglia in un inferno. La sua illustre persona fa già parte del mio testamento.”
E le indagini?
Né la Super Procura di Roma, né altre procure, s’interessano di scoprire e punire i responsabili di quella fuga di notizie. Non lo fa Grasso, non se ne interessa Giusto Sciacchitano, anche lui alla Direzione Antimafia Nazionale, non lo fanno le altre procure competenti. Quella di Trapani in particolare, presso la quale vengono presentati appositi esposti con circostanziate denunce circa la fuga di notizie. L’obbligatorietà dell’azione penale, sembra divenire un optional del quale si può fare a meno. L’unica attività che si registra, è quella che porta l’intera Procura di Palermo a confermare e sottoscrivere il ruolo di Vaccarino-Svetonio a servizio dello Stato. Il doveroso riconoscimento, dopo che la Direzione del Sisde aveva trasferito alla magistratura l’intero carteggio. Tutti i componenti della DDA di Palermo sottoscrivono l’assoluta linearità di Antonio Vaccarino al servizio dello Stato.
A nulla servono le denunce presentate da Vaccarino – non più Svetonio – perché si individuino e si puniscano i responsabili della fuga di notizie. Rimangono lettere morte perse in ben individuati cassetti Come la relazione del luogotenente Di Pietro che avrebbe scagionato Vaccarino dall’accusa di mafia, della quale, per inspiegabili ragioni, non si trova traccia nel fascicolo processuale della prima ingiusta condanna di Vaccarino. È come se un enorme black hole ingurgitasse ogni singola carta scomoda. Se come diceva Winston Churchill “a volte l’uomo inciampa nella verità, ma nella maggior parte dei casi si rialza e continua per la sua strada”, è meglio continuare il proprio cammino, magari aggirando l’ostacolo senza inciampare. E’ proprio vero che la verità viene sempre e comunque a galla, ma è un insopportabile problema quello che “le menti” soffino perché prenda il largo. Certo che a sentire Calcara le Procure di Palermo Trapani Marsala e Caltanissetta sono colpevoli di intralciare la Giustizia e allora? In questo caso Calcara non è attendibile?
Matteo Messina Denaro latitante, le ferite sanguinanti inflitte dalla mafia ancora aperte, le indagini mai avviate, i carteggi che, come ad opera di bravi prestigiatori, scompaiono. E la giustizia, con passo claudicante, va… a ramengo. Dovrà intervenire inevitabilmente il CSM. Antonio Vaccarino rimane convinto, seppure siano trascorsi già dieci lunghi anni, che Matteo Messina Denaro, conscio che i suoi solo presunti amici “nascosti” favorirebbero la cattura insanguinata alla Salvatore Giuliano, potrebbe preferire la vera protezione dello Stato, per se stesso e, soprattutto , per sua figlia e per tutti i suoi familiari.
Gian J. Morici
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