Leggendo l’articolo di Rossana Lo Castro, pubblicato da Adnkronos, con l’intervista a l’ex magistrato antimafia di Palermo – oggi avvocato – Antonio Ingroia, rimango basito dinanzi le affermazioni dell’ex magistrato sull’inattendibilità del falso pentito Vincenzo Scarantino.
Secondo quanto dichiarato da Ingroia alla giornalista, alla Procura di Palermo nessuno avrebbe creduto al pentimento di Scarantino, tant’è che le sue dichiarazioni vennero ignorate.
Ma non sfugge a chi legge un passaggio che farebbe accapponare la pelle a chiunque. Seppure Ingroia precisa che le dichiarazioni rese da Scarantino a Palermo fossero totalmente non riscontrate ma non vi erano elementi per essere certi che fossero intenzionalmente depistanti, quale chiave di lettura si deve dare all’affermazione che per rispetto del lavoro che stava facendo Caltanissetta, la Procura di Palermo non si mise di “traverso”?
Un’affermazione che lascia supporre non soltanto la consapevolezza che Scarantino fosse inattendibile e che di conseguenza le sue dichiarazioni – seppur non vi fossero elementi per essere certi che erano intenzionalmente depistanti – avrebbero potuto condurre le indagini in una direzione sbagliata, ma anche il fatto che la Procura di Palermo poteva intervenire e non intervenne. Non so in che maniera i magistrati di Palermo potevano intervenire, e poco m’importa, ma mi colpisce, e non poco, il fatto che i magistrati di una procura, per una sorta di rispetto assai discutibile nei confronti di altri colleghi, possano con il loro silenzio far sì che persone innocenti marciscano per decenni in carcere e che la verità sulle stragi, a distanza di ventisette anni, sia ancora tutta da ricostruire.
Meritavano meno rispetto gli innocenti in carcere condannati all’ergastolo, di quanto non ne meritassero i colleghi magistrati di un’altra procura? Meritava meno rispetto la verità e la giustizia?
Scarantino ritratta più volte le accuse. Lo fa anche nel 1995 – salvo poi tornare a fare il “pentito” – ma la moglie, Rosalia Basile, mesi dopo quella ritrattazione, consegna alla Procura di Palermo un esposto con il quale accusa i magistrati di Caltanissetta di avere estorto al marito le confessioni.
Anche in quel caso, come nei tanti successivi, la Procura di Palermo – che non crede a Scarantino – per usare le parole di Ingroia, non si mise di “traverso”.
Bisognerà aspettare il 21 aprile 2008, quando essendosi messo di “traverso” il pentito Gaspare Spatuzza, le sue dichiarazioni in merito alla strage di via D’Amelio saranno state riscontrate e varrà acclarato che di conseguenza Scarantino è un falso “pentito” a cui, nella migliore delle ipotesi, molti magistrati hanno erroneamente creduto. Se la Procura di Palermo, potendolo fare, come lascia intendere Ingroia, si fosse messa di “traverso”, sarebbero trascorsi tutti questi anni prima di arrivare alle conclusioni di un depistaggio che aveva coinvolto pezzi delle istituzioni?
Vincenzo Scarantino, “uomo d’onore riservato”, così come si definiva, per decenni fu vittima e carnefice di una giustizia ingiusta che ha scritto una delle pagine più orrende della recente storia d’Italia.
Un “uomo d’onore riservato”, la cui storia, tra ritrattazioni iniziali e lettere scritte con grafia diversa, mi riporta alla mente un ex pentito, “uomo d’onore riservato” anche lui, che nel gennaio 2011 partecipò a un dibattito antimafia a Castelvetrano, con la presenza dell’allora magistrato Ingroia: Vincenzo Calcara!
A seguito dell’assenza di giovani al Teatro Selinus, dove si tenne l’incontro, Ingroia – come riportato dal blog castelvetrano500firme – ebbe a dichiarare che l’assenza dei giovani era offensiva nei suoi riguardi e anche per la memoria di Paolo Borsellino che, durante la sua attività, aveva dimostrato di sapere dare un’occasione a tutti, anche all’ultimo dei criminali, all’ultimo dei mafiosi.
Di Calcara disse che aveva parlato di tantissime cose, alcune delle quali erano state riscontrate e ritenute attendibili mentre altre non erano state sufficientemente riscontrate. Peccato che l’allora magistrato non disse delle sentenze che davano di Calcara un tranciante giudizio di inattendibilità e non parlò, forse perchè non li conosceva, dei tanti verbali di pentiti giudicati credibili che smentivano l’ “uomo d’onore riservato” Vincenzo Calcara.
Dichiarazioni di tono ben diverso da quelle poi rese in tribunale, quando citato come teste nel processo per diffamazione che vedeva l’ex pentito imputato (poi condannato – ndr) a seguito di querela da parte dell’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino, l’avvocato Ingroia, non più magistrato, non aveva un nitido ricordo di quell’incontro al quale aveva partecipato perché invitato dal giornalista Gianfranco Criscenti, nonostante avesse avuto qualche perplessità in merito alla partecipazione del pentito Calcara nella qualità di “conferenziere”. Tanto più che Calcara era già stato condannato a seguito di altri procedimenti penali.
Una partecipazione che avevo ritenuto inopportuna anche alla luce del fatto che l’allora procuratore aggiunto conosceva il Calcara poichè fin dall’inizio del suo pentimento ne aveva seguito il percorso come collaboratore di giustizia, continuando a seguirlo anche successivamente.
Forse adottando gli stessi criteri di professionalità e rigore che permisero alla Procura di Palermo di giudicare l’inattendibilità di Scarantino – mancanza di criteri adottati che Ingroia attribuisce ai magistrati dell’epoca di Caltanissetta – l’allora procuratore aggiunto della procura distrettuale antimafia non avrebbe partecipato a un convegno che vedeva tra i relatori l’ex pentito Calcara.
Parafrasando una frase dell’odierno avvocato Ingroia, se il silenzio e l’assenza è sbagliata (la sua nella circostanza non lo sarebbe stata) come giudicare l’operato della Procura di Palermo che sul caso Scarantino con il suo silenzio e l’assenza di qualsivoglia azione (sempre che fosse possibile, come lascia intendere Ingroia) non si mise di “traverso”?
Avvocato Ingroia, ma che giustizia è quella giustizia che non si mette di “traverso” e permette che si commetta un crimine orrendo come quello che è stato perpetrato per ventisette anni?
Gian Joseph Morici
Questo articolo é basato su due concetti: – la Procura di Palermo non si mise di traverso…..; Ingroia partecipò a una conferenza con un “uomo d’onore riservato”………Poi, tutto un giro di parole per ritornare sempre agli stessi concetti. Sono due fatti che non costituiscono reati e non sono rilevanti ai fini di tutta l’ingiustizia di cui scrive! Se questo è giornalismo?
Questo articolo si basa sulle dichiarazioni dell’avvocato Ingroia, pubblicate da Adnkronos: “Alla Procura di Palermo al pentimento di Scarantino non credette nessuno.Le sue dichiarazioni vennero subito ignorate nonostante cercasse di accreditarsi. Lo so bene perché nel pieno del processo Contrada e a inizio delle indagini su Dell’Utri e Berlusconi Scarantino fornì degli spunti apparentemente appetibili, parlava di coinvolgimenti di Contrada e Berlusconi in traffici di stupefacenti. Erano dichiarazioni totalmente non riscontrate, non c’erano elementi per essere certi che fossero intenzionalmente depistanti e noi le archiviammo”. Per “rispetto del lavoro che stava facendo Caltanissetta”, che su Scarantino e la sua collaborazione aveva puntato, “la Procura di Palermo non si mise di traverso. Se fosse stata utilizzata la stessa professionalità e lo stesso rigore Scarantino non sarebbe mai diventato un collaboratore di giustizia”.
Orbene, visto che la Procura di Palermo aveva così valutato Scarantino, per quale motivo “non si mise di traverso” e – ancor peggio – nel lontano 1995 contribuì a smentire la ritrattazione di Scarantino, definendo “documenti inquinati”, prima tra tutti quella lettera della moglie del pentito che indica il questore di Palermo Arnaldo La Barbera come un “carnefice” e un “seviziatore”? https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1995/07/29/caso-scarantino-ora-indaga-anche-palermo.html
Vogliamo anche dimenticare che la stessa Procura aprì un’indagine? Vogliamo dimenticare che – seppur avendo valutato negativamente Scarantino – la ritrattazione del “pentito” e l’esposto della moglie vennero spacciate come pressioni di “cosa nostra” avallando l’operato dei magistrati di Caltanissetta?
Delle due una: O la Procura di Palermo ha creduto a Scarantino, con la stessa professionalità e lo stesso rigore di Caltanissetta (e quindi Ingroia non ha accuse da muovere ai magistrati di Caltanissetta) oppure, consapevole di quanto falso fosse il pentito, ne supportò le dichiarazioni.
Decida Lei quale delle due possibilità ritiene più veritiera.
Senza considerare che, come recita l’articolo 331 del codice di procedura penale, “i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell’esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia”.
Le presunte calunnie – che oggi è sancito da sentenza non furono tali – mosse da Scarantino e dalla moglie, oggetto di indagini da parte dei magistrati palermitani, non avrebbero dovuto portare a procedimenti penali a loro carico?
Calcara, è un caso a parte. L’avvocato Ingroia, allora magistrato di punta dell’antimafia palermitana, partecipò al convegno con l’ “uomo d’onore riservato” dopo che già sentenze, deposizioni e verbali d’interrogatorio di tanti pentiti, lo avevano dipinto come soggetto mendace e mai appartenuto a “cosa nostra”. Non ritiene che la presenza dell’allora procuratore aggiunto della procura distrettuale antimafia, accreditasse agli occhi dell’opinione pubblica il Calcara? Legga inoltre la dichiarazione di Ingroia quando il convegno andò deserto: “Immagino che, quando ne avrà notizia, Matteo Messina Denaro ne sarà contento” http://www.castelvetrano500firme.it/2011/01/pentito-calcara-il-no-dei-presidi-e-le-dichiarazioni-di-antonio-ingroia-e-manfredi-borsellino/
Eh no, Matteo Messina Denaro era già contento da prima e forse lo sarebbe stato ancor di più se la sala fosse stata stracolma di spettatori. Non bisogna infatti dimenticare nè quello che dissero i collaboratori di giustizia su Calcara, nè il fatto che lo stesso non face mai il nome di Matteo Messina Denaro che proprio durante quel periodo organizzava le stragi: https://www.tp24.it/2016/05/03/antimafia/massimo-russo-calcara-non-ha-fatto-mai-parte-di-cosa-nostra/100016
Nessun reato, dunque, da parte dell’avvocato Ingroia, ma quantomeno una questione di opportunità, visto che un procuratore aggiunto della procura distrettuale antimafia dovrebbe meglio valutare chi sono i soggetti con i quali prende parte a un convegno, tanto più se già oggetto di sentenze che ne dichiarano l’inattendibilità
Le chiedo invece, se Lei fosse stato ingiustamente accusato e fosse stato condannato, altrettanto ingiustamente, alla pena dell’ergastolo; se avesse trascorso lunghissimi anni di ingiusta carcerazione, cosa direbbe oggi se un ex magistrato le dicesse che avevano capito quanto inattendibile fosse il suo accusatore, ma che non fecero nulla per rispetto a quei magistrati che credevano nel finto pentito?
N9on ritiene sia stata un’ingiustizia? Beato Lei, lo vada a chiedere a chi marcì per decenni in un carcere a seguito di un’ingiusta condanna, magari le esprimerà un’opinione diversa dalla Sua, con qualche augurio che certamente non Le farà piacere…
Cordialmente
Gian J. Morici