Se dietro la guerra in Ucraina ci fosse la CIA e la NSA? Se i manifestanti fossero soldati americani e non semplici cittadini che si ribellano alla corruzione dei loro politici? Se il leader maximo della rivolta fosse stato il colonnello John Smith ,cittadino statunitense, nato negli USA, con una brillante carriera di agente dei servizi segreti americani e da tempo a capo di una elite di paracadutisti?
Provate ad immaginare quello che alcuni pennivendoli avrebbero scritto se ai vertici del movimento di piazza Maidan in Ucraina ci fosse stato anche un semplice cittadino americano. Adesso invece, vediamo tutto quello quello che i suddetti pennivendoli non scrivono in merito a Igor Strelkov, leader della Milizia popolare di Donbass e della rivolta nell’est ucraino.
Igor Strelkov, ovvero Igor Girkin, è un colonnello del GRU, il servizio di intelligence militare russo. Nato nel 1970 a Mosca, Girkin si arruolò giovanissimo nelle forze armate russe, con le quali prese parte a numerose missioni all’estero. Astuzia, coraggio e attitudine al comando, in breve tempo ne fecero un ufficiale d’indiscusso valore, tanto da fargli conquistare il grado e il comando di forze speciali destinate alle missioni coperte in stati stranieri.
Igor Girkin, o se preferite il colonnello Strelkov, (che significa The Gunman), in Ucraina ha fatto la sua prima comparsa in Crimea, dove alla testa della sua unità ha conquistato i punti chiave della penisola prima dell’invasione (ufficiale) da parte delle forze armate russe.
Infiltratosi nella penisola, ha addestrato ed organizzato cittadini di etnia russa da aggregare alla brigata speciale della quale era al comando. Attualmente ai vertici del servizio di sicurezza ucraino ( SBU) al quale si deve il sequestro degli osservatori dell’OSCE nella città di Slovyansk, viene indicato dalle intelligence occidentali come l’eminenza grigia della messa in scena della “ribellione” in Ucraina orientale.
A suo carico, anche l’accusa di essere il responsabile del sequestro e del successivo assassinio di Volodymyr Rybak, un politico locale fedele all’Ucraina .
Persecutore dei giornalisti indipendenti e dei politici fedeli al governo di Kiev, il colonnello russo ha di recente nominato Denis Besproskurny quale nuovo capo della polizia della città di Kramatorsk in Ucraina orientale.
Quello che sta accadendo in Ucraina Orientale è l’esecuzione della seconda parte del piano Becha, ideato dal Cremlino per riconquistare alla Russia i territori ucraini persi dopo lo scioglimento dell’ex Unione Sovietica. Il piano prevedeva l’annessione della Crimea (già avvenuta), le rivolte nell’Ucraina dell’est (in atto), il controllo del nord-ovest (dove agenti delle forze speciali sono già presenti) e la successiva annessione della Transinistria.
In questo gioco si colloca l’Ungheria, dove il partito del primo ministro Viktor Orbán, nel mostrarsi scettico verso l’area euro(nonostante il paese sia membro dell’Unione Europea e della NATO), guarda con una certa ammirazione l’operato di Putin. Lo stesso governo in carica non ha perso tempo ad allacciare stretti legami economici con Mosca.
Secondo fonti di intelligence – ma sembra si tratti di opinione ormai diffusa anche a livello europeo – il Movimento per una Ungheria Migliore (in ungherese: Jobbik Magyarországért Mozgalom – Jobbik) di matrice nazionalconservatrice, populista, nazionalista e di estrema destra, più volte accusato di essere fascista e antisemita, sarebbe foraggiato dai servizi segreti russi. Rapporti delle agenzie d’intelligence riportano pure di contatti tra i vertici del movimento ed agenti iraniani.
Non sorprende pertanto che venga segnalata un costante aumento dell’attività dei servizi segreti russi nel paese, considerato peraltro il fatto che non sono pochi i cittadini ungheresi che vivono in Ucraina e che in questo momento possono rappresentare un valido punto di riferimento per le forze speciali russe, contribuendo nell’attività di propaganda in favore del Cremlino e aiutando ad individuare i cittadini ucraini fedeli all’attuale governo di Kiev.
Una situazione che non è sfuggita ai servizi di sicurezza ungheresi che negli ultimi tempi hanno notato l’intensificarsi delle attività di spionaggio, in larga parte interessata a carpire segreti NATO, riconducibile ad agenti che operano a servizio di russi e cinesi.
Ottenere informazioni dai territori ucraini controllati dai filo-russi (o meglio, dai soldati russi che indossano divise senza insegne) è molto difficile, visto che radio, tv ed internet sono nelle mani dei presunti manifestanti che hanno così isolato la regione.
Poche le testimonianze, visto il rischio che si corre nell’effettuare qualche ripresa o fotografia nelle città sotto il controllo del GRU e dello SBU. Testimonianze che narrano di città deserte, uccisioni e sequestri di persona in danno di chiunque sia ritenuto un possibile elemento ostile.
Dalle poche informazioni ottenute emergono comunque elementi che lasciano ben intuire come le proteste siano tutta una messa in scena ben orchestrata. I presunti manifestanti non sono persone del posto, indossano divise militari, sono equipaggiati con armi russe. I giornalisti non vengono arrestati da forze di polizia, bensì da gruppi armati che si presentano con il volto coperto. Molti di loro indossano uniformi nere come quelle del gruppo Alfa (FSB forze speciali). Nessuna segnalazione degli arresti viene effettuata ad alcuna autorità.
Ogni gruppo di manifestanti obbedisce ad alcuni vertici la cui preparazione militare è evidente. Questi uomini a loro volta prendono ordini da un unico comandante dell’unità. Nonostante provino a imitare i manifestanti di piazza Maidan, la perizia nel maneggio delle armi, e la qualità delle stesse, dimostrano la loro appartenenza a formazioni militari.
Pochi di loro sono armati con armi comuni (fucili da caccia, pistole, coltelli) e hanno atteggiamenti poco marziali. I più sono armati con fucili d’assalto Kalashnikov (AK-47) non necessariamente di fabbricazione russa, mentre alcuni imbracciano l’ultimo modello di AK-47 che è in dotazione soltanto alle forze armate russe.
Quando i cittadini europei apriranno gli occhi e si renderanno conto di come demonizzando gli Stati Uniti ad ogni costo, si sta favorendo la nascita di una potenza euroasiatica che vede in Putin, nella Cina e nell’Iran la massima espressione di democrazia?
Gian J. Morici