Gianfranco Micciché, contro il volere degli elettori che lo avevano sonoramente bocciato, è stato resuscitato dal Cavaliere e indirettamente dal centrosinistra che con Silvio ha voluto fare “l’inciucio” facendo nascere l’attuale governo. Dopo la Débâcle alle ultime politiche, con Micciché rimasto fuori da Palazzo Madama ed abbandonato da quanti non hanno gradito un ritorno suo e del suo partito personalistico (Grande Sud) nell’orbita del PDL, Silvio Berlusconi non ha trovato nulla di meglio che offrirgli un sottosegretariato. Prontamente Gianfranco ha ringraziato l’ex premier definendolo “grande stratega, protagonista assoluto di questo governo”, dimentico che in occasione delle ultime regionali siciliane aveva dichiarato “ho fatto parte del governo Berlusconi, l’ho appoggiato ma me ne pento. Ho capito l’errore e me ne sono scappato”.
Proprio perché Gianfranco Micciché è stato più volte ministro ai tempi di Forza Italia, nonché artefice del 61 a 0 siciliano nel 2001, ricoprendo ruoli di un certo rilievo nel panorama politico regionale e nazionale, il suo pentimento nell’aver fatto parte di un governo Berlusconi, salvo poi ritornare all’ovile e accettare – a seguito di un autentico naufragio di consensi – la poltrona di sottosegretario, lascia intuire quanto l’uomo politico sia cinico ed attaccato al potere. Un potere politico e relativo consenso quello di Micciché che negli anni era risultato prezioso e potrebbe tornare ad esserlo per il Cavaliere e tutto il centrodestra. Importante per quest’ultimo sottosegretariato regalato da Berlusconi a Micciché, deve essere stata l’intercessione dell’amico Marcello Dell’Utri, così come parrebbe dalle dichiarazioni rilasciate al Corriere della Sera dallo stesso Micciché che ha raccontato di come l’ex senatore (condannato per concorso esterno in associazione mafiosa) lo abbia contattato telefonicamente per complimentarsi del suo ultimo incarico politico: “credo che abbia avuto anche lui un peso nelle scelte che ha fatto Berlusconi. Non mi vergogno di dirlo. Deve aver pesato”.
Chissà quale reale peso avrà avuto la parola di Marcello dell’Utri sulle scelte di Silvio Berlusconi e come mai l’unico vero leader del PDL abbia accolto il consiglio o una direttiva di un condannato per concorso esterno in associazione mafiosa che era stato ritenuto impresentabile, non ricandidabile, appena lo scorso gennaio. Quale figuraccia rimedieranno agli occhi dei propri elettori i vertici di quel che resta del PD, con in testa Enrico Letta, nell’apprendere che in seno al governo la parola di Marcello dell’Utri potrebbe avere un peso determinante?
Dal canto suo, Gianfranco Micciché continuerà a salutare l’amico Marcello finché non scoprirà – afferma – che è veramente mafioso. “Ma ancora oggi non ci credo” – ha dichiarato con ambiguità espressiva poiché per amicizia personale e motivi di opportunità politica, anche qualora mafioso lo fosse, potrebbe non crederci mai.
Ringraziamenti, da parte del leader di Grande Sud non sono mancati neppure per Raffaele Lombardo, indagato per concorso esterno e per voto di scambio politico-mafioso. L’ex Governatore della Sicilia secondo Micciché avrebbe fatto telefonate a Verdini e Berlusconi invocando la sua nomina. Eppure nel 2008 il neo sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega alla pubblica amministrazione e semplificazione, annunciava di volersi candidare alla presidenza della Regione siciliana, disobbedendo allo stesso Berlusconi, adducendo a giustificazione di non poter appoggiare il candidato presidente Raffaele Lombardo perché troppo vicino a Totò Cuffaro, condannato in primo grado a cinque anni per favoreggiamento semplice.
Cambiano i tempi, cambiano le alleanze politiche e il potere, secondo un vecchio sistema di pesi e contrappesi, per essere conservato e gestito al meglio dai pupari che effettivamente lo detengono, va centellinato senza rafforzare ulteriormente chi forte lo è già. Poco importa se il leale berlusconiano Francesco Cascio, ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana – la cui corrente politica aveva bloccato la candidatura di Micciché alla presidenza della Regione Sicilia – che al sottosegretariato ci teneva è stato silurato per far risorgere chi nella cenere della credibilità zero era piombato nella desolazione di una piazza vuota in quelli di Santa Caterina Villarmosa (CL) (vedi video).
Memore della disfatta siciliana che ha portato per colpa di Gianfranco Micciché Rosario Crocetta alla presidenza della Regione Sicilia, Francesco Storace così ha commentato il dono generosamente reso: “Sette mesi dopo averci fatto perdere le elezioni, Micicché guadagna la promozione. Scelto da Alfano o da Letta”.
E’ pazzesco come la vecchia politica sia riuscita in breve a tramutare la forte volontà di cambiamento manifestata dagli elettori attraverso il voto, in un’opportunità per mantenere nelle proprie mani quel potere politico-economico a cui gli vien difficile a rinunciare. Vecchie facce viste e riviste per la promessa di una nuova medicina capace di salvare l’Italia che rischia di trasformarsi in un veleno brutto da vedere e amaro da digerire per il popolo italiano.
Totò Castellana