L’irreperibilità, quasi fosse un virus, sembra colpire il mondo dei collaboratori di giustizia.
Il primo caso, quello più rilevante, riguarda l’ex capodecina di San Cataldo, Leonardo Messina, il quale dopo aver pagato il suo conto con la giustizia avrebbe dovuto testimoniare a Caltanissetta al processo al superlatitante Matteo Messina Denaro, accusato per le stragi di mafia del ’92.
Un teste chiave che avrebbe potuto testimoniare in merito agli interessi e alle connivenze di “Cosa Nostra” con il mondo politico-imprenditoriale. Quegli affari che avevano attirato l’attenzione prima di Giovanni Falcone e poi di Paolo Borsellino, che continuò a interessarsi – come riportato da Il Dubbio – “ anche se non formalmente visto che ancora non aveva ottenuto la delega, dell’indagine contenuta nel dossier mafia- appalti. Tale informativa, ricordiamo, è scaturita da un’inchiesta condotta, tra la fine degli anni 80 e il 1992, dai carabinieri del Ros guidati dall’allora colonnello Mario Mori e dal capitano Giuseppe De Donno.”
L’irreperibilità di Leonardo Messina suscita non pochi interrogativi.
“Leonardo Messina – conclude infatti l’articolo de “Il Dubbio” – è un testimone considerato importante da Borsellino, così come, in seguito, da altri magistrati. Il pentito ha ribadito l’importanza della gestione degli appalti anche nel 2013, sentito al processo di primo grado sulla presunta trattativa Stato- mafia. Messina avrebbe dovuto deporre – assieme ad Angelo Siino (assente per gravi motivi di salute) – a settembre scorso anche nel processo di Caltanissetta relativo al latitante Matteo Messina Denaro, accusato di essere uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Ma il pentito Leonardo Messina non è più reperibile da qualche tempo. È come se fosse scomparso nel buio: gli inquirenti stessi si dicono preoccupati.”
È di questi giorni un’altra dichiarazione di irreperibilità che, seppur riguarda un personaggio di ben altra credibilità e diverso spessore di quello dell’ex capodecina di San Cataldo, ci lascia piuttosto perplessi.
Chiunque conosca l’ex pentito Vincenzo Calcara, sa bene che non manca occasione per far parlare di sé, a costo di presentarsi e, pur non avendone alcun titolo, avanzare la pretesa d’esser sentito dai giudici nel corso di processi rispetto i quali non ha alcun interesse o coinvolgimento.
La stessa cosa accadde la mattina del 3 ottobre – secondo quanto narrato da testimoni – quando si presentò a Palermo in occasione dell’udienza preliminare di un procedimento che non lo riguardava e venne prontamente allontanato dall’aula.
La stessa sera, in compagnia della figlia, a Castelvetrano si avvicinò all’ex sindaco Antonio Vaccarino per parlargli. Di cosa voleva parlargli il suo detrattore che in più circostanze lo aveva calunniato e diffamato? Dinanzi le rimostranze e l’invito ad allontanarsi da parte dell’avvocato Giovanna Angelo, difensore dell’ex sindaco, che si trovava con il suo assistito per parlare dell’udienza del mattino, Calcara aveva insistito nei suoi comportamenti, costringendo l’avvocato Angelo a chiamare i carabinieri.
“Mi corre l’obbligo – dichiarò Vaccarino in merito alla “visita” di Calcara – di sospettare che non sia frutto della sua ideazione. Mi stupisce come Calcara, che da una notifica ricevuta dal mio avvocato risulta sottoposto a detenzione domiciliare, per altra causa a Castelvetrano, si sia ritrovato nell’aula di giustizia in occasione dell’udienza dinanzi al Gup il 3 ottobre. Come mai era lì?”
Dopo “quell’incontro” con i carabinieri di Castelvetrano, di Calcara non si hanno più notizie. Negli ultimi giorni, non è stato presente a due appuntamenti giudiziari che lo riguardavano direttamente.
Al primo, era assente anche il suo difensore legale, tant’è che è stato nominato un avvocato d’ufficio e l’udienza è stata rinviata. A quello successivo, pare che non avesse neppure nominato un difensore, tanto che già prima dell’udienza era stato nominato un difensore d’ufficio. Costatato che non si era riusciti a rintracciare il Calcara, al giudice non è rimasto altro da fare se non dichiararne l’irreperibilità e rinviare anche quest’udienza perché si potesse esperire un nuovo tentativo di rintracciarlo.
Calcara non è certo Leonardo Messina, ma seppure l’attendibilità dell’ex pentito è stata messa in discussione da molti collaboratori di giustizia e da diverse sentenze, un eventuale suo contributo potrebbe aiutare la magistratura a far luce sul periodo delle stragi del ’92, per le quali viene oggi processato Matteo Messina Denaro.
Come infatti dichiarato da alcuni pentiti, e indicato come sospetto in qualche sentenza, le propalazioni di Vincenzo Calcara sarebbero frutto di informazioni e suggerimenti ricevuti da altri. Il fine evidente, era quello di accusare persone innocenti per fatti di mafia mai commessi, distogliendo le attenzioni da Matteo Messina Denaro che durante quel periodo organizzava le stragi, tant’è che il pentito non fece mai il nome del superlatitante.
La Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza emessa dalla Corte d’Assise, sancendo il depistaggio avvenuto sulla strage di via D’Amelio, confermando l’ergastolo per i boss Vittorio Tutino e Salvo Madonia, e condannando per calunnia i finti pentiti Francesco Andriotta e Calogero Pulci, mentre è stato considerato estinto per prescrizione il reato di calunnia per Vincenzo Scarantino.
Sempre a Caltanissetta per l’attività di depistaggio, con l’accusa di concorso in calunnia aggravata, sul banco degli imputati ci sono Mario Bo, Matteo Ribaudo e Fabrizio Mattei, tre ex funzionari dello storico gruppo Falcone-Borsellino, che avrebbero avuto un ruolo nella manipolazione del finto pentito Scarantino.
Un’accusa che riguarda anche due ex pm del pool che indagò sull’attentato del 19 luglio ’92, (Carmelo Petralia e Annamaria Palma) recentemente iscritti al registro degli indagati dalla procura di Messina. Ironia della sorte, proprio un Petralia, il pm Bernardo Petralia, fu tra i primi magistrati a rendersi conto della possibile non veridicità delle dichiarazioni di Calcara.
Quello di Scarantino e degli altri finti pentiti, nonché di chi eventualmente se ne rese responsabile nella gestione, fu un depistaggio post-stragi, messo in atto per proteggere i veri colpevoli. Le false dichiarazioni di chi spostò l’attenzione da chi organizzava le stragi in direzione di persone innocenti, avrebbero favorito, consapevolmente o meno, il compimento delle stragi stesse. Se come affermano alcuni pentiti, e indicato come sospetto da qualche magistrato, le dichiarazioni di Vincenzo Calcara sarebbero frutto di informazioni e suggerimenti ricevuti da altri, il dubbio legittimo è quello di un depistaggio messo in atto per poter portare a termine gli attentati.
Sarà stato un caso che l’ex pentito Vincenzo Calcara, oggi irreperibile, nonostante si sia dichiarato “uomo d’onore riservato” alle dirette dipendenze di Francesco Messina Denaro, per conto del quale portare a termine gli incarichi più delicati, non fece mai il nome del figlio Matteo?
Calcara potrebbe aver molto da dire, non su ciò che non sa, come fece in passato, ma riguardo a chi quelle informazioni e suggerimenti gli diede.
Ma Calcara oggi è irreperibile… Scriviamo a “Chi l’ha visto?”
Gian J. Morici
Come diceva Voltaire, il tempo è un galantuomo, rimette a posto tutte le cose.”Il presunto pentito Vincenzo Calcara sarebbe stato eterodiretto. Se quest’ultimo dovesse ammettere di aver dichiarato il falso, si sarebbe reso responsabile, consapevolmente o meno, di un depistaggio antecedente alle stragi, quello che favorì Matteo Messina Denaro nel compimento delle stesse…” https://www.ildubbio.news/2020/05/06/259515/