
PALERMO, 26 GIUGNO 2025 – Il generale dei Carabinieri Mario Mori, tramite il suo avvocato Basilio Milio, ha presentato un esposto per rivelazione di segreti d’ufficio. L’iniziativa di Mori giunge in risposta a quanto pubblicato dal Fatto Quotidiano il 21 giugno e trasmesso da Report la sera successiva, in cui si parlava di presunti tentativi dell’ex capo del ROS di influenzare i lavori della Commissione nazionale Antimafia.
L’sposto è stato inviato a diverse autorità, tra cui il Procuratore generale presso la Cassazione, il CSM, il Ministro dell’Interno e il Ministro della Giustizia, con la richiesta di “avviare indagini e accertare le responsabilità nella rivelazione di notizie coperte da segreto e nella pubblicazione di intercettazioni tra indagato e difensore e adottare le iniziative conseguenti”. Al Ministro della Giustizia è stato inoltre chiesto l’invio di ispettori alla Procura di Firenze.
La mossa del generale Mori, pur focalizzandosi sulla presunta rivelazione di segreti d’ufficio e sulla pubblicazione di intercettazioni tra indagato e difensore, suscita interrogativi e osservazioni. Se da un lato è legittimo tutelare la riservatezza di determinate informazioni e la regolarità delle indagini, dall’altro se dovesse decidere di non procedere con una querela per diffamazione a mezzo stampa in merito al contenuto delle accuse sollevate da Report e Il Fatto Quotidiano appare significativa.
In un contesto in cui le due testate hanno riportato tentativi di ingerenza su un organo delicato come la Commissione Antimafia, ci si aspetterebbe una ferma smentita e un’azione legale diretta a tutelare l’onore e la reputazione del generale Mori qualora le notizie fossero state frutto di pura invenzione. L’esposto per rivelazione di segreti, pur essendo un atto legale, non contesta direttamente la veridicità delle accuse mosse nei suoi confronti, ma si concentra piuttosto sulle modalità con cui tali informazioni sarebbero state divulgate.
Questa posizione potrebbe essere interpretata, indirettamente, come una sorta di conferma della sostanza di quanto emerso nelle indagini giornalistiche. Se i fatti fossero stati totalmente infondati, la strada maestra per Mori sarebbe stata quella di denunciare la diffamazione, al fine di ristabilire la verità e proteggere la sua immagine pubblica.
Prescindendo quindi da eventuali responsabilità connesse alla rivelazione di segreti d’ufficio, la gravità delle accuse rivolte al generale Mori impone un’urgente e approfondita verifica. È di fondamentale importanza accertare se e come il generale Mori abbia voluto influenzare la Commissione Antimafia e tramite quali soggetti. L’integrità e l’autonomia di organi investigativi e parlamentari sono pilastri della democrazia e della lotta alla criminalità organizzata.
Le richieste di indagini e accertamenti rivolte alle massime autorità giudiziarie e ministeriali, sebbene motivate dalla presunta violazione del segreto d’ufficio, offrono anche l’occasione per fare piena luce sui presunti tentativi di condizionamento. La trasparenza e la verità su questi fatti sono essenziali per la credibilità delle istituzioni e per la fiducia dei cittadini nella giustizia.
Gian J. Morici
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