
Nel corso della puntata di ieri sera di Report, su Rai 3 – come dalle anticipazioni del Fatto Quotidiano – si è trattato l’aspetto dell’influenza che il generale in pensione Mario Mori avrebbe sulla Commissione antimafia, narrate da un investigatore anonimo – forse non troppo per la verità -, fonte di Report, che ha ricostruito le conversazioni intercettate dalla Direzione investigativa antimafia tra il 2023 e il 2024.
Il generale avrebbe discusso apertamente con ex collaboratori, avvocati, giornalisti e politici per influenzare i lavori della Commissione Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, e stando alla fonte, Mori non solo non avrebbe negato le sue azioni, ma le rivendicava ridendoci sopra con i suoi ex ufficiali. Il generale avrebbe cercato di inserire consulenti di fiducia nella Commissione, ritenendo incompetenti quelli proposti dalla politica. Tra i nomi proposti da Mori figuravano il magistrato Alberto Cisterna e l’avvocato Basilio Milio. Inizialmente, anche il giornalista Damiano Aliprandi era stato proposto, ma ha declinato l’invito a causa di una condanna per diffamazione nei confronti del senatore Roberto Scarpinato.
Proprio Scarpinato, vicepresidente della Commissione Antimafia, sarebbe nel mirino di Mori che lo considera un nemico da delegittimare e starebbe pianificando una strategia per metterlo all’angolo, valutando anche la possibilità di sollevarlo dalla Commissione. Si sarebbe anche discusso di usare la questione “mafia-appalti” per colpire la Procura di Palermo e ipotizzare un concorso morale di colleghi nella morte di Paolo Borsellino.
L’investigatore ha confermato che il nome del magistrato Cisterna è stato accettato, e che Mori avrebbe dichiarato di essere “passato all’offensiva”, preparando le audizioni in Commissione con l’avvocato Milio e l’avvocato Trizzino, difensore dei figli di Paolo Borsellino, riferendo, nel corso delle conversazioni intercettate, che la presidente Colosimo avrebbe autorizzato due parlamentari a incontrarlo per presentare le sue proposte di consulenti, convinto che “i parlamentari lo sanno che dietro ci sono io”.
Le reazioni degli interessati
Basilio Milio, difensore di Mori, rispondendo alla redazione di Report che chiedeva un commento da parte del suo assistito, ha scritto: “Per quanto riguarda l’invito rivolto al Gen. Mori, le confermo che, coerentemente con la linea da sempre tenuta nei confronti di Report, non è disponibile ad alcun commento. Poichè, però, nella sua mail, si fa anche riferimento alla mia persona, ritengo doveroso segnalare che, per quanto a mia conoscenza, l’unico incontro che il Gen. Mori ha avuto con la Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, è stato quello avuto insieme a Maurizio Turco del Partito Radicale e all’avv. Fabio Trizzino” – precisando, inoltre, che né lui né il Professor Fiandaca sono consulenti della Commissione.
Damiano Aliprandi: “È vero che, nel corso del 2023, il generale Mario Mori ha manifestato l’idea di propormi come consulente della Commissione parlamentare antimafia. Ed è vero che ho rifiutato, soprattutto perché, per una mia inchiesta a puntate del 2018, sono stato querelato dallo stesso dottor Roberto Scarpinato, condannato in primo grado e attualmente in attesa di appello.
Quanto alla questione del senatore Scarpinato, ho semplicemente espresso – come peraltro già scritto pubblicamente in diversi articoli su Il Dubbio – l’esistenza di un possibile conflitto d’interessi legato alla sua presenza nella Commissione, alla luce del suo passato coinvolgimento nella nota inchiesta “mafia e appalti”, di cui fu titolare in un procedimento tuttora controverso.
Nello specifico, ho sempre riportato che tra i firmatari della richiesta di archiviazione del 13 luglio 1992 – relativa a quell’indagine – figurava anche l’allora sostituto procuratore Roberto Scarpinato, oggi membro della Commissione antimafia in qualità di senatore del Movimento 5 Stelle.
Così come, anche recentemente, nella trasmissione Farwest su Rai 3, ho espresso pubblicamente la stessa valutazione di possibile “conflitto di interessi”.
Non c’è nulla di riservato né tantomeno di “eclatante” in queste considerazioni: si tratta di fatti noti e pubblici, sui quali ho svolto un lavoro giornalistico approfondito negli anni. Il generale Mori, verosimilmente, mi ha contattato proprio perché sono uno dei pochi giornalisti ad aver seguito con attenzione la vicenda “mafia e appalti”, sulla quale per trent’anni non si è mai voluto davvero approfondire”.
Il confronto tra Report e il generale Mori in strada. Alla domanda del giornalista su chi fossero i due parlamentari e se abbia proposto Cisterna, Mori, con un innegabile aplomb e un mezzo sorriso sornione, risponde: “Non vi rispondo perché sono cattivo e mi siete antipatici”.
Un esempio lampante della straordinaria abilità di Mori nel gestire situazioni scomode, il cui mezzo sorriso sornione e l’ironia nella sua risposta richiamano alla mente la presenza di spirito di Giulio Andreotti. Quella stessa capacità di ribaltare una situazione tesa con una frase ad effetto. Mori, come Andreotti, padroneggia l’arte della comunicazione non verbale e dell’allusione, trasformando un potenziale momento di debolezza in un’affermazione di superiorità. Non si tratta solo di sfuggire alle domande, ma di farlo con uno stile che rafforza la sua immagine di uomo scaltro e inamovibile, consapevole del proprio ruolo e delle proprie capacità. . Un vero e proprio “Richelieu” dei nostri tempi – seppure con qualche errore, forse a causa dell’età – , che a chi non interessato a queste vicende, può anche risultare simpatico.
Una sagacia ben diversa da quella di Aliprandi, che poco prima dell’inizio della trasmissione nel suo stato aveva pubblicato: “Ranucci a un convegno ha detto che sarei l’ispiratore della proposta di legge sul conflitto di interessi per far fuori Scarpinato. Una sorta di Licio Gelli a mia insaputa”.
Non proprio un Licio Gelli, visto che paradossalmente proprio Aliprandi è stato l’unico ad ammettere le dinamiche interne riportate da Report.
Anche la presidente della Commissione, Chiara Colosimo, è intervenuta rispondendo a Report: “Ancora una volta più che un’autorevole fonte mi pare si tratti di una “fantasiosa” fonte. Rispondo unicamente per il dovere di trasparenza che devo alla Commissione, essendo perfino superfluo visto che i consulenti vengono nominati in seduta plenaria pubblica; e due sono le occasioni, anch’esse pubbliche (e a voi note), in cui ho incontrato il Generale Mori.
In ordine: secondo quale regolamento il Presidente di una commissione autorizza o meno parlamentari e senatori a incontrare liberi cittadini?
Nessuno, quindi non ho questa facoltà.
Nessun altro dialogo direttamente o per interposta persona ho intrattenuto con il generale Mori, e nessun consulente della commissione è stato nominato su sua proposta. Peraltro, come noto, i consulenti vengono proposti dai gruppi parlamentari e approvati in UDP prima di essere comunicati in seduta plenaria”.
Se come afferma la Colosimo si tratta di una “fantasiosa” fonte, a salvaguardia dell’immagine della Commissione va accertato, e di certo non mancano i mezzi per poterlo fare.
E se non fossero “fantasie”?
Se rispondesse a verità quanto dichiarato dalla fonte di Report, ci troveremo dinanzi due possibilità:
la prima, questa Commissione non è affatto super partes ma è orientata da Mori che ne ha interesse;
la seconda, Mori ha millantato.
Qualunque sia la verità, i cittadini hanno diritto di sapere, e la Commissione ha il dovere di dare risposte certe, non trincerandosi dietro le parole della presidente secondo la quale “più che un’autorevole fonte mi pare si tratti di una ‘fantasiosa’ fonte”.
A lasciare basiti molti telespettatori, l’attestato di stima da parte del colonnello Giuseppe De Donno nei riguardi di Marcello Dell’Utri.
Una vicenda che trae spunto dalle intercettazioni agli atti dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, quando nel corso delle intercettazioni De Donno, parlando a telefono con Mori, disse: “Io gli ho telefonato (a Dell’Utri – ndr). ‘Veramente – mi ha detto – questi pigliano cazzi per lanterne’. Gli ho detto: ‘Guardi mi farebbe piacere se una sera andiamo a cena con il generale. A questo punto essendo coindagati non ce lo possono negare’”, dichiarandosi “molto felice” per l’annullamento con rinvio della sentenza di condanna del politico deciso dalla Cassazione.
Parole di stima ribadite al presente in Commissione antimafia, nonostante Dell’Utri sia stato condannato in via definitiva a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Pena già scontata, quella del pluripregiudicato Dell’Utri, indagato a Firenze per le stragi del ’93 (lo era anche Silvio Berlusconi prima del suo decesso), così come indagato è il generale Mori.
Memorabili le sue parole quando definì “il mio eroe” Vittorio Mangano. L’uomo che per Paolo Borsellino era “una delle teste di ponte dell’organizzazione mafiosa nel Nord Italia.
Gian J. Morici