Milano – Al Festival Internazionale dell’Antimafia sono intervenuti Fabio Repici, avvocato di Salvatore Borsellino, e Gioacchino Natoli, ex-magistrato e già membro del Pool Antimafia.
Tra i presenti al Festival, anche la criminalista Katia Sartori la quale in quell’occasione viene a conoscenza di un fatto che per lei è inedito – così come lo è per tantissime altre persone – e decide di dedicare alla vicenda un post su Facebook, suscitando le ire di quella che ormai è diventata una delle due fazioni che si contendono la verità, o presunta tale, sulla strage di via D’Amelio.
- Katia, vuoi spiegare ai lettori cosa è successo giorno 13 e le discussioni che ne sono nate sui social?
- Prima di intervenire, vorrei che mi lasciassi lo spazio per esternare un mio pensiero a fronte di ciò che ho avuto, mio malgrado, modo di leggere in questi giorni. Credo che sia arrivato il momento che qualcuno incominci ad abbassare i toni. Le stragi così come tutto ciò che concerne il periodo più buio e critico della nostra nazione, non deve essere esclusivo argomento di una nicchia di persone, ma deve essere ed è, interesse di tutti. E pertanto, tutti hanno il diritto di esprimere la loro opinione a riguardo. Tutte le opinioni sono legittime e devono essere rispettate anche se non incontrano completamente o in parte, le stesse idee. Invece, sta accadendo che per non correre il rischio di esporsi pubblicamente e ritrovarsi “isolati” dagli esponenti dell’opposta corrente di pensiero, le persone scelgano sempre più il “mutismo”. Scelgono di non intervenire anche in banalissimi dibattiti. Capisco che il tema sia “caldo” e magari possa aver provocato anche un certo fastidio, in un momento storico in cui si è intrapresa una certa direzione, ma ripeto che la questione, riguarda tutti coloro che appartengono a questa nazione. E tutti, nel rispetto delle parti, possono esprimere serenamente la loro opinione. E prendo anche le difese di chi è stato irrispettosamente citato, da taluni giornalisti perché deontologicamente parlando, sono deputati a riportare notizie e a formulare ipotesi, ma non a predicare “opinioni personali” sulla carta stampata.
- Sembra ci sia una tendenza a filosofare su un argomento (le stragi del ’92) rispetto al quale dovrebbero contare i fatti, in particolare quelli ben documentati, mentre invece si sono creati due fronti opposti che non permettono di argomentare senza che una delle parti in causa no0n abbia reazioni scomposte, arrivando persino a denigrare chi ne osi parlare secondo una visione diversa dalla propria. Un gioco – che tale non è – che nei social si trasforma in commenti che sembrano delle matriosche all’interno delle quali è facile perdersi. Ma torniamo al 13 aprile, cosa è successo?
- Sabato 13 aprile 2024 a Milano si è svolta l’ultima giornata del Festival internazionale dell’antimafia, promossa da WikiMafia. C’erano diversi ospiti e nel pomeriggio, vi fu l’intervento dell’Avv. Repici e dell’ex magistrato Gioacchino Natoli moderato dal giornalista Giuseppe Pipitone de “Il Fatto Quotidiano”. Dopo un breve intervento dell’Avv. Repici, dove ha esternato il proprio pensiero in riferimento al dossier Mafia-appalti quale movente per la strage di Via d’Amelio, è arrivato il turno del dott. Natoli. L’intervento del Dott. Natoli si può serenamente suddividere in due parti: Dapprima ha spiegato in maniera molto dettagliata tutto l’iter dell’indagine di cui poi recentemente è stato accusato per aver secondo alcuni, indebitamente archiviato un procedimento penale nei confronti dei fratelli Buscemi, disponendo successivamente la smagnetizzazione delle bobine delle intercettazioni telefoniche e poi, su richiesta di Giuseppe Pipitone, gli è stato chiesto di ricordare gli ultimi giorni del Dott. Borsellino. Dopo un dettagliato racconto dell’ escussione del pentito Gaspare Mutolo, e sulla famosa riunione avvenuta in Procura, il Dott. Natoli spiega che non potendo direttamente occuparsi dell’indagine sulla Strage di Capaci, la prerogativa del Dott. Borsellino in quei giorni, era soprattutto quella di cercare e raccogliere quante più informazioni possibili, circa le cause che avevano portato alla morte l’amico Giovanni Falcone e di metterne a conoscenza la Procura che in quel momento sulla strage di Capaci stava indagando, ovvero Caltanissetta. Ovviamente oltre alle informazioni raccolte in quei giorni, il Dott. Borsellino avrebbe certamente riferito come si può immaginare, anche l’immenso bagaglio conoscitivo. Il Dott. Natoli poi aggiunge che solo successivamente, nel corso degli anni, ebbe modo di leggere, dalle dichiarazioni di Francesco Paolo Giordano che Borsellino, doveva essere escusso a Caltanissetta il lunedì successivo alla strage o forse il martedì.
- Ogni giorno quando si tocca questo argomento, nascono post e qualche raro articolo di giornale che sembrerebbero dimostrare l’assurda “passione” di alcuni utenti social nel pubblicare tutto ciò che può delegittimare il pensiero di chi non è schierato su nessuno dei due fronti. Cosa accade dopo?
- In quel momento, condivisi con l’amico nonché giornalista dell’Ansa Gianfranco Criscenti, il contenuto dell’intervento del Dottor Natoli, in quanto qualche settimana prima, telefonicamente, ragionando su altri avvenimenti e anche su Via D’Amelio, ritenevamo entrambi che una delle motivazioni plausibili per l’accelerazione della strage e che non poteva essere totalmente esclusa a priori, potesse essere proprio per impedire a Paolo Borsellino di riferire a Caltanissetta quanto di sua conoscenza. Per quanto possa essere solo un’opinione condivisa da un’analista e da un giornalista nonché, per quello che mi riguarda, una memoria storica di quanto avvenuto in Sicilia in quegli anni, deve essere comunque rispettata, anche da chi, sostiene altro.
- Quindi in sostanza il Dott. Natoli, con questa sua esternazione al festival, ridà eco mediatico all’appuntamento dato da Tinebra al Dott. Borsellino presso Caltanisetta?
- La dichiarazione del dott. Natoli, a quanto pare non è una rivelazione, ma la notizia di questa escussione programmata per il 20 luglio 1992, fu resa pubblica per la prima volta nel 2015. Si parla di un accordo telefonico tra il Dott. Tinebra e lo stesso Borsellino avvenuto qualche giorno prima della strage. E a quanto pare, dai tabulati telefonici analizzati del Dott. Borsellino, ci sono due telefonate in uscita, il 17 luglio 1992 e dirette a quello di Tinebra. Durano in totale un minuto e 40 secondi. L’anomalia però in questo caso è un’altra: Di quella data “programmata” per l’audizione del dott. Borsellino, dopo il 2015, nessuno ne ha più parlato, quasi come se fosse un’informazione del tutto priva di significato. E La domanda sorge spontanea: Perché? Si possono reperire centinaia di articoli online e su carta, interviste, inchieste, intere trasmissioni dal 2016 ad oggi. In questo periodo temporale di ben 8 anni, nessuno ricorda che il dott. Borsellino troverà la morte il giorno prima di essere escusso a Caltanissetta. Anzi, in tantissime trasmissioni televisive si è sempre invece invocata una certa “responsabilità” dei magistrati nisseni nel non aver approfondito per tempo la richiesta di Borsellino di essere audito. Ma se è vero quanto dichiarato da Francesco Paolo Giordano e confermato dallo stesso Tinebra in un intervista del 4 gennaio 2015 e riportata anche dal QdS, dove disse che Paolo Borsellino “ Mi disse: senti, vieni presto, ho delle cose da dirti, però non ti seccare, parliamo quando tu sarai investito ufficialmente” e cioè dopo che Tinebra prenderà possesso degli uffici della Procura di Caltanissetta e quindi dopo il 15 luglio 1992, e poi aggiunge “ (…) lui mi disse che l’appuntamento del venerdì doveva saltare perché doveva ancora rientrare dalla Germania e stabilimmo che ci saremmo visti il lunedì (…)”. perché ancor oggi, si cerca di adombrare questo appuntamento fissato?
- L’impressione che ne traggo io è quella che si stia seguendo uno schema già visto in passato, seppur capovolgendo i ruoli. Mi ricorda quando fino a pochi mesi fa non si doveva, e non si poteva, parlare del dossier Mafia-Appalti – un’indagine condotta dai Ros di Mario Mori ai tempi di Falcone, e che poi il Dott. Borsellino avrebbe voluto continuare – perché sembrava mettere in discussione la vicenda Stato-mafia come causa dell’accelerazione della strage di via D’Amelio. Oggi, dopo l’assoluzione degli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno e dell’ex parlamentare Marcello Dell’Utri, sembra si voglia cristallizzare la pista Mafia-Appalti come causa unica della strage nella quale perì Borsellino. Mafia-appalti fu anche uno dei temi in merito ai quali intervenni più volte, seppur personalmente ritenendolo un punto di partenza e non di arrivo. Ritenere solo ed esclusivamente che quell’indagine fu il movente della strage di via D’Amelio, significa addossarne la responsabilità soltanto a ‘Cosa Nostra’, escludendo interventi esterni. Un po’ quello che è accaduto con la strage di Capaci, della quale abbiamo già parlato con te e con Riccardo Sindoca. Una strategia che ha visto, tra gli altri anche qualche giornalista che fino a qualche settimana prima dell’assoluzione degli ex Ros chiedeva si arrivasse alla verità, cambiare improvvisamente opinione sostendendo che a distanza di così tanti anni è necessario mettere un punto… fatalità proprio nel momento in cui Mafia-Appalti assurge al ruolo centrale nelle stragi del ’92, attribuendo le stesse soltanto alla mafia ed escludendo ogni altro possibile fattore. Dell’archiviazione di quell’indagine all’insaputa di Borsellino, se ne è parlato al festival?
- Si, della pista Mafia-Appalti ne ha parlato l’Avv. Repici e le sue parole sono già state riprese dalla stampa e non voglio essere ripetitiva. Non voglio addentrarmi nella questione, perché ritengo che il possibile movente Mafia Appalti, sia un’idea assolutamente legittima e meritevole di rispetto, anche se personalmente la condivido solo parzialmente. Per rispondere alla tua domanda, sull’archiviazione all’insaputa di Borsellino, preferisco riportarti le dichiarazioni del Dott. Natoli, in commissione antimafia proprio sul punto. Natoli disse: “Guido Lo Forte fece presente come ci fosse un problema giuridico. Alcune intercettazioni erano inutilizzabili a livello processuale”, e che anche per questo motivo che era stata chiesta l’archiviazione di quell’indagine “Si parlò della necessità di chiudere delle posizioni che non presentavano degli elementi sufficienti per andare avanti. Si sarebbe archiviato, poi con l’arrivo di novità avremmo riaperto (…) “(…) Non ho un ricordo di critiche che possa aver mosso relativamente al rapporto Mafia e appalti”.
- Borsellino però non v’è dubbio che a proposito di quell’indagine ebbe ad esternare il suo malcontento. Il problema di fondo credo stia nel fatto che chiunque faccia un’ipotesi o tenda a verificarla, quasi automaticamente ne esclude ogni altra. L’opinione pubblica finisce dunque con il dividersi in autentiche tifoserie da stadio, schierandosi con una delle ‘squadre di giocatori’ in campo, in maniera acritica, avallando solo l’una o l’altra teoria. Per quale motivo è necessario escludere che nelle stragi siano intervenute diverse concause? Perché escludere che diversi attori siano stati protagonisti, ognuno per i propri e diversi interessi? Credi che ci possa essere un collegamento tra quell’appuntamento a Caltanissetta e la strage di via D’Amelio?
- Parliamo di 57 giorni tra la strage di Capaci e la Strage di Via D’Amelio. 57 giorni dove Borsellino, diventa l’erede naturale di Giovanni Falcone e contemporaneamente testimone, come affermerà lui stesso il 25 giugno del 1992, quando disse “(…) In questo momento inoltre, oltre che magistrato, io sono testimone. Sono testimone perché, avendo vissuto a lungo la mia esperienza di lavoro accanto a Giovanni Falcone, avendo raccolto, non voglio dire più di ogni altro, perché non voglio imbarcarmi in questa gara che purtroppo vedo fare in questi giorni per ristabilire chi era più amico di Giovanni Falcone, ma avendo raccolto comunque più o meno di altri, come amico di Giovanni Falcone, tante sue confidenze, prima di parlare in pubblico anche delle opinioni, anche delle convinzioni che io mi sono fatte raccogliendo tali confidenze, questi elementi che io porto dentro di me, debbo per prima cosa assemblarli e riferirli all’autorità giudiziaria, che è l’unica in grado di valutare quanto queste cose che io so possono essere utili alla ricostruzione dell’evento che ha posto fine alla vita di Giovanni Falcone (…)”. * testo integrale dell’intervento di Paolo Borsellino disponibile sul sito del Centro Studi “Paolo e Rita Borsellino”.
Paolo Borsellino, in quei 57 giorni sapeva di avere poco tempo a disposizione ed era cosciente che sarebbe stato il prossimo e nonostante questo, nonostante apprese che a Palermo era arrivato l’esplosivo per lui, Borsellino non fece un solo passo indietro: rimase in prima linea sapendo di essere ormai solo, continuando ad indagare in quella che era diventata una corsa contro il tempo. Borsellino se fosse riuscito ad andare a colloquio con il Dott. Tinebra a Caltanissetta, avrebbe certamente portato con sé l’agenda rossa, sulla quale segnava soprattutto appunti, e avrebbe cominciato a mettere una dietro l’altra le cose che aveva capito: quelle che certamente aveva capito sulla morte di Giovanni Falcone e quelle che aveva da dire anche sulla sua stessa Procura a partire dal Procuratore Capo Giammanco.
L’anticipazione della strage di Via D’Amelio è da considerarsi un vero atto kamikaze per l’interesse di Cosa Nostra poiché dopo la strage di Capaci, era stato approvato il c.d. “decreto Falcone” e quel decreto, con scadenza al 7 agosto del 1992, si sarebbe dovuto convertire in legge. Pippo Calò, ad esempio, aveva raccomandato ai suoi uomini di “non fare rumore” perché era altamente probabile che quel decreto non venisse convertito in legge, in quanto proprio in Parlamento in quei giorni, c’erano schieramenti diametralmente opposti. Stare fermi per non fare rumore. Ma Riina non può aspettare quei 19 giorni e decide che la strage debba essere eseguita subito. Compie quindi un atto suicida e totalmente illogico per gli interessi dell’organizzazione e sicuramente, con un finale consapevolmente controproducente. Riferirà Cancemi che lui e gli altri, rimarranno perplessi per questa scelta di Riina “Abbiamo capito che lui aveva preso un impegno con soggetti esterni e che stava sacrificando gli interessi di Cosa nostra “e a Ganci, con il quale Riina si apparta dirà: “mi assumo io la responsabilità”. Non dobbiamo dimenticarci nemmeno delle intercettazioni in carcere di Riina a Milano, quando conversando in riferimento a Via D’Amelio dirà: “Venne qualcuno e ha detto: Bisogna fare questa strage!” “Dammi un poco di tempo…”, “Domani, domani, bisogna farla subito!”. Ma questo “qualcuno” chi è?
- Certamente non un suo sottoposto all’interno di ‘Cosa Nostra’… Questo, ovviamente, fa pensare a un esterno, un mandante esterno o qualcuno che agiva per conto di uno più mandanti. Quello che lascia perp!lessi è non soltanto l’urgenza a portare a termine la strage, ma anche quel “Domani, domani, bisogna farla subito”, come se fosse necessario zittire subito Borsellino e come se altri fossero già a conoscenza del fatto che l’indomani il giudice si sarebbe recato dalla madre.
- Certo è, che qualcuno conosceva gli spostamenti del Dott. Paolo Borsellino come del resto qualcuno conosceva gli spostamenti di Giovanni Falcone. Per Falcone l’anomalia è certamente rappresentata dalla conoscenza dell’orario di arrivo del giudice all’aeroporto di Punta Raisi, quando viaggiando su di un volo di stato, tratte e informazioni di partenza e arrivo, sono coperte dal segreto. Per Borsellino abbiamo le intercettazioni in carcere di Riina dove sempre parlando di Via D’Amelio pare che Borsellino avesse sotto controllo le utenze perché Riina disse: “Sapevamo che doveva andare là perché lui gli ha detto: ‘domani mamma vengo’”. E quel “qualcuno” che sarebbe andato da Riina dice “Bisogna fare questa strage! Domani, domani, bisogna farla subito!” Mi chiedo anch’io: possibile che quel “qualcuno” avesse intercettato anche la telefonata con il Procuratore Tinebra fatta il 17 luglio?
- C’era qualcosa che Paolo Borsellino poteva fare in quella manciata di giorni tanto da dover ‘organizzare alla giornata, la strage di Via D’Amelio?
- Certo che sì. In quei giorni poteva mettere a conoscenza della magistratura di Caltanissetta, ciò di cui era a conoscenza e ciò che aveva scoperto, e doveva ritornare a interrogare i pentiti Gaspare Mutolo e Leonardo Messina. Di certo l’anomalia sta proprio nell’accelerazione della strage, non funzionale all’organizzazione Cosa Nostra, ma funzionale a chi ha voluto che si facesse “subito subito”.
Tutto questo non esclude Mafia-Appalti, movente valido per la partecipazione di ‘Cosa Nostra’ alle stragi. Ma era soltanto ‘Cosa Nostra’ ad avere interesse all’uccisione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? E perché non bisogna andare oltre quell’interesse individuando altri interessi che oggi sembra si vogliano artatamente ignorare?
Sembra quasi come se stessimo assistendo a un’accelerazione per archiviare il periodo stragista con un unico attore responsabile, beatificando al contempo tutto e tutti, dimenticando le tante ‘anomalie’ registrate tanto negli attentati portati a termine quanto in quello fallito dell’Addaura, ma anche quegli strani contatti tra uomini di mafia e altri appartenenti alle istituzioni o che comunque orbitavano in quella cerchia grigia che circonda il mondo dei servizi segreti.
Un mondo con tante ombre, ricco di strani suicidi e altrettanto strane ‘morti naturali’, ammorbato anche da interessi che andavano e vanno ben al di là di quelli del nostro paese.
Gian J. Morici