Non si è ancora abbassato il polverone sollevato dal caso Palamara e della nomina ai vertici della procura di Roma, che si prospetta già l’incognita della corsa ai vertici di una delle procure più delicate. Entro l’anno, infatti, il Csm sarà probabilmente impegnato per il primo appuntamento per decidere chi andrà alla guida della procura di Caltanissetta, al posto di Amedeo Bertone che dallo scorso settembre è andato in pensione.
Una scelta impegnativa, visto che la procura nissena rappresenta uno degli uffici giudiziari più delicati e che ha da poco superato quella che poteva diventare una guerra dei veleni a seguito del caso Montante e dei vecchi rapporti di alcuni magistrati con l’ex leader di Confindustria, considerato un paladino dell’Antimafia, condannato a quattordici anni di carcere con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo a sistema informatico.
A reggere l’ufficio in attesa della nomina del nuovo procuratore da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, è Gabriele Paci, a Caltanissetta dal 2009 e da marzo 2016 procuratore aggiunto. Il suo nome, è indicato tra quelli dei papabili alla successione di Bertone.
Magistrato in prima linea e che ben conosce la realtà territoriale, è stato impegnato a rappresentare l’accusa in molti processi delicati, come quello nei confronti di Matteo Messina Denaro del quale ha ottenuto la condanna all’ergastolo perché tra i mandanti delle stragi del ’92, o quello dell’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo Silvana Saguto, condannata a 8 anni e sei mesi di carcere per avere gestito in modo clientelare le nomine degli amministratori giudiziari dei patrimoni sequestrati e confiscati a Cosa nostra. Altro papabile, nella rosa dei 17 candidati (inizialmente erano 19) Gaetano Paci, aggiunto a Reggio Calabria, con competenze in Dda.
Se per la nomina si dovesse però tener conto della riforma del Csm presentata il mese scorso dal ministro Alfonso Bonafede, che prevede solo criteri di merito e il ritorno del criterio dell’anzianità come “criterio residuale a parità di valutazione risultante dagli indicatori del merito e delle attitudini”, i due Paci potrebbero essere scavalcati da altri candidati, come nel caso di Salvatore De Luca, aggiunto della procura di Palermo, vicino all’attuale procuratore Francesco Lo Voi, con il quale condivide l’appartenenza alla corrente di Magistratura Indipendente.
Già in passato i criteri di merito e di anzianità erano stati messi da parte, favorendo nomine che avevano dato luogo a strascichi e polemiche. Come nel caso di Lo Voi a capo della procura di Palermo nel 2014, che fece molto discutere, visto che lo stesso non aveva mai avuto incarichi direttivi a differenza dei colleghi più titolati e anziani, Sergio Lari e Guido Lo Forte. Lo Forte impugnò quella nomina dinanzi al Tar che gli diede ragione, fin quando Lo Voi non ottenne una vittoria al Consiglio di Stato.
Un altro recente caso è stato quello della nomina ai vertici della procura di Roma, che ha visto “bruciata” dal Palamaragate la nomina di Marcello Viola, procuratore generale di Firenze, nonostante Viola fosse all’oscuro di tutte le trame, così come emerso dalle indagini della Procura di Perugia, e nonostante il Csm ammettesse il suo mancato coinvolgimento rispetto al procedimento di Perugia, ritenendo inoltre che lo stesso sia parte offesa.
Nel caso di Viola, il Csm, valorizzandone il radicamento territoriale e la conoscenza del contesto di riferimento della procura di Roma, preferì nominare Michele Prestipino Giarritta, considerato l’erede di Giuseppe Pignatone, del quale dopo il pensionamento aveva svolto le funzioni di “reggente” della procura in attesa della nomina del nuovo capo dell’ufficio.
Criteri di nomina che sembrano dunque cambiare di volta in volta secondo scelte correntizie o – forse – secondo la necessità di garantire una continuità o meno con i predecessori. Quasi un gioco delle tre carte che certamente non fa bene all’immagine di una magistratura che appare agli occhi dell’opinione pubblica sempre meno credibile.
Se la candidatura di Salvatore De Luca al vertice della procura nissena potrebbe essere favorita da anzianità e titoli, ragioni di opportunità potrebbero portare a preferire la nomina di uno dei due Paci o di altri, come nel caso di Massimo Palmeri, attuale procuratore di Enna.
La nomina di De Luca, infatti, non rappresenterebbe soltanto una discontinuità rispetto al passato di Bertone che è riuscito a normalizzare le attività di un ufficio giudiziario in un momento molto particolare, ma potrebbe imporre anche a una valutazione di opportunità sul fatto che a dirigere la procura nissena sia un magistrato proveniente da Palermo, visto che proprio Caltanissetta ha la competenza sulle indagini che coinvolgono magistrati di Palermo.
Seppur legittimo, fino a che punto è opportuno legare le due procure con un unico filo conduttore? In casi precedenti tale inopportunità era già stata posta in evidenza, lo sarà anche in questo caso? Comunque vada, dopo il caso Palamara, difficilmente si potrà pensare che le nuove nomine non saranno oggetto di strascichi e polemiche che avveleneranno sempre più un clima che è diventato ormai rovente.
Gian J. Morici
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