16 aprile 2019, i carabinieri del Ros fanno scattare le manette ai polsi del tenente colonnello dei carabinieri Marco Zappalà, in servizio alla Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Barcellona di Castelvetrano e dell’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino.
Rivelazione di notizie riservate e accesso abusivo a un sistema informatico, le accuse ai due militari, favoreggiamento aggravato dall’aver favorito “cosa nostra” per Vaccarino.
A contestare le accuse, il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi e l’aggiunto Paolo Guido. , Accogliendo la ricostruzione dei sostituti procuratori Pierangelo Padova e Francesca Dessì, il giudice delle indagini preliminari, Piergiorgio Morosini, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare.
Già dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere, è come se dalle pieghe dell’indagine emergesse un singulto di foscoliana memoria, una sorta di non resa nei confronti di Vaccarino che, prima accusato dall’ex pentito Vincenzo Calcara di essere ai vertici del mandamento di Castelvetrano, di aver preso parte all’aver commissionato l’omicidio del Giudice Paolo Borsellino, venne poi assolto e finì con il collaborare con il Sisde per assicurare alla giustizia Matteo Messina Denaro, salvo per la stessa collaborazione ritrovarsi a essere indagato e il caso archiviato, non prima che il suo ruolo di infiltrato fosse reso noto a tutti grazie alle fughe di notizie riportate dalla stampa.
Si arriva così al 29 aprile – con le tre presunte talpe detenute in carcere – quando il tribunale del riesame di Palermo annulla l’ordine di custodia cautelare emesso dal Gip nei confronti di Antonino Vaccarino, difeso dagli avvocati Giovanna Angelo e Baldassare Lauria, ordinandone la scarcerazione.
La guerra tra procure
Tra i primi organi stampa a riportare come la scarcerazione di Vaccarino sarebbe riconducibile al fatto che le intercettazioni non potevano essere autorizzate, dal momento che Vaccarino non era formalmente indagato, mentre i reati di rivelazione di segreti d’ufficio (in concorso con il tenente colonello Zappalà) ed il favoreggiamento aggravato dalla finalità mafiosa, sarebbero inconsistenti, il quotidiano online Tp24.it che ipotizza anche una guerra tra procure.
Ad avvalorare, secondo il giornalista, l’ipotesi che gli arrestati non siano “talpe di Matteo Messina Denaro”, il fatto “che se davvero Vaccarino avesse fatto avere al boss (in via indiretta), delle intercettazioni fondamentali per la sua cattura, mai e poi mai il riesame avrebbe reputato non necessarie le esigenze cautelari, decidendo per la scarcerazione” e che ai due militari “viene contestata soltanto la rivelazione di segreto d’ufficio e non l’aggravante mafiosa”.
Un’ipotesi dunque molto lontana dalla realtà, quella delle talpe, che “se così fosse non si capirebbe perché, come abbiamo già scritto, l’appuntato scelto Giuseppe Barcellona avrebbe mandato le foto delle intercettazioni al colonnello Zappalà con un messaggio Whatsapp. E perché mai quest’ultimo le avrebbe poi mandate a Vaccarino addirittura via mail.”
Cosa è accaduto dunque?
“L’impressione che questi arresti possano rappresentare una guerra tra procure- scrive il giornalista – si fa sempre più concreta. Così come la questione legata alla delega delle indagini di Zappalà sembra inseguire percorsi più formali che sostanziali, soprattutto alla luce di quanto affermato da quest’ultimo sulla presenza addirittura di 4 deleghe provenienti da Caltanissetta.”
Zappalà intercettato
Senza entrare nel merito della presunta fuga di notizie, non va dimenticato che il colonnello, su delega della procura di Caltanissetta, conduceva o aveva condotto indagini importanti e delicatissime. Proprio la procura di Caltanissetta si occupa a pieno titolo delle indagini sulle stragi di Capaci e via D’Amelio, nel corso delle quali persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e gli uomini delle rispettive scorte, per le quali è in corso il processo a Matteo Messina Denaro, considerato tra i mandanti delle stragi. Un’inchiesta coordinata dal Procuratore Amedeo Bertone e dai sostituti Procuratori Gabriele Paci, Lia Sava e Stefano Luciani.
Sempre la procura di Caltanissetta, rappresentata in aula dal Procuratore Capo Amedeo Bertone e dal procuratore aggiunto Gabriele Paci, ha condotto l’inchiesta che ha portato al processo per il depistaggio delle indagini sulla strage di via d’Amelio, che vede imputati i tre poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, ex appartenenti del gruppo Falcone-Borsellino che indagò sull’attentato, chiamati a rispondere all’accusa di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa nostra.
Se è pur vero che la ricerca di Matteo Messina Denaro è compito della Direzione distrettuale antimafia palermitana, e il colonnello Zappalà avrebbe operato in un territorio che non fa parte della sua giurisdizione, c’è da chiedersi se avendo intercettato l’ufficiale della Dia di Caltanissetta i magistrati di Palermo non siano venuti a conoscenza di indagini condotte dai colleghi nisseni, i cui atti potrebbero essere ancora secretati.
Appare evidente che per il ruolo che fino a poche settimane fa aveva il colonnello Zappalà presso la Dia di Caltanissetta, molte sue comunicazioni potevano riguardare le stragi, i depistaggi o altre inchieste relative persino a magistrati di Palermo. Non bisogna infatti dimenticare che Caltanissetta è la sede deputata alle eventuali indagini che vedono coinvolti magistrati di Palermo.
Un caso per tutti, quello dell’ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, sotto processo, insieme ad altri, a Caltanissetta.
È stata proprio la Saguto, che nel corso di un’udienza, ha dichiarato di aver ritrovato per caso l’agenda in cui metteva i biglietti che riceveva ogni giorno, con i quali gli venivano segnalati gli amministratori giudiziari da nominare, anche da parte di colleghi magistrati.
Appare evidente come dopo aver intercettato il colonnello Zappalà, la procura di Palermo possa essere venuta a conoscenza di aspetti riguardanti diverse delicate indagini, la cui competenza esclusiva appartiene a Caltanissetta.
Seguendo quanto ipotizzato nell’articolo di TP24.it, in merito alla guerra tra procure, c’è da chiedersi: Di quali atti d’indagine della procura nissena, che è anche sede di DDA, sono venuti a conoscenza gli investigatori e i magistrati di Palermo? E, visto che Vaccarino sarebbe stato sottoposto a intercettazioni che non potevano essere autorizzate, quando e perché vennero intercettati il colonnello Zappalà e l’appuntato Barcellona?
Gian J. Morici
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