Che Vincenzo Calcara sia incline alla menzogna è scritto in diverse sentenze. La prima bugia della quale si ha notizia dagli atti giudiziari risale al 1983, quando, detenuto in Germania, Calcara scrive al proprio avvocato chiedendo consigli in merito alla possibilità di dichiararsi disposto a fare rivelazioni relative a omicidi di mafia e altro, per ottenere l’estradizione e risparmiare così lunghi anni di detenzione nelle carceri tedesche. Una menzogna per cercare di ottenere qualcosa senza curarsi delle conseguenze che questo comportamento può avere sugli altri.
Per rimanere in tema di atti giudiziari, è sufficiente leggere quanto riportato nella sentenza del processo di primo grado per l’omicidio Rostagno per rendersi conto di chi sia Calcara:
“Vincenzo Calcara
Esaminato all’udienza dell’11 gennaio 2012, anche lui nella veste di teste assistito, in quanto già giudicato, con sentenza passate in cosa giudicata, per reati commessi in ambito associativo.
Va detto subito che l’esame dibattimentale non ha offerto elementi che consentano di superare il giudizio assai poco lusinghiero che sulla credibilità conto di questo collaboratore di giustizia […] che fu espresso dai giudici della Corte d’Assise di Caltanissetta dinanzi a cui si celebrò in primo grado il (secondo) processo per l’omicidio di Giangiacomo Ciaccio Montalto […] benché attinto dalle convergenti propalazioni – peraltro de relato – proprio di Spatola Rosario e di Vincenzo Calcara (altra figura molto discussa di collaboratore di giustizia), che asserivano entrambi di avere appreso da confidenze dello stesso Messina della sua partecipazione all’efferato delitto. I giudici di quel processo avanzarono forti riserve sulla genuinità delle rivelazioni dello Spatola e valutarono come del tutto inattendibile il Calcara…”
Eppure, nonostante ciò, nonostante le condanne riportate per diffamazione e quelle prescritte per calunnia, a carico di questo pseudo pentito, fino a non molto tempo fa lo stesso godeva ancora di una credibilità che gli permetteva di partecipare a convegni sulla legalità, avere ampi spazi sui media e di essere citato in nuovi atti giudiziari quasi che le sue propalazioni rappresentassero elemento di prova. Questo, purtroppo, anche in tempi recenti.
COSA SPINGE CALCARA A MENTIRE E INTERVENIRE OGNIQUALVOLTA SI VERIFICA UN EVENTO CHE PUÒ DARGLI VISIBILITÀ?
Non c’è argomento sul quale Calcara non sia intervenuto. Dall’attentato a Papa Giovanni Paolo II a Giulio Andreotti; da Emanuela Orlandi alla massoneria, ai fatti di mafia, alle storie di traffico internazionale di stupefacenti, le stragi, gli omicidi, i servizi segreti, il riciclaggio che avrebbe visto coinvolto l’arcivescovo Paul Casimir Marcinkus. Un atteggiamento che gli psicologi definirebbero compulsivo e le cui cause andrebbero a ricercare nell’infanzia.
In particolare, bersaglio delle accuse di Calcara è Antonio Vaccarino. Nonostante le condanne riportate da Calcara per le dichiarazioni diffamatorie in danno di Vaccarino (grazie anche a qualche prescrizione di troppo per i casi di calunnia che lo avrebbero portato da tempo dietro le sbarre delle patrie galere) l’ex “pentito” non perde occasione per tornare alla ribalta, aggiungendo di volta in volta qualche chicca che renda le sue dichiarazioni più interessanti agli occhi dell’opinione pubblica.
Come farsi sfuggire dunque il recente arresto di Vaccarino (pochi giorni dopo scarcerato)?
Eccolo dunque riapparire in una videointervista realizzata da Fanpage.it. Le accuse sono sempre le stesse – come da collaudato copione – nonostante proprio per queste accuse sia stato già condannato, con qualche piccola variante che merita particolare attenzione.
CASO MARCINKUS
“Vaccarino – afferma Calcara nel corso dell’intervista – insieme a Francesco Messina Denaro, ha fatto un viaggio insieme a me. Abbiamo scortato dieci miliardi di vecchie lire, soldi della famiglia mafiosa di Castelvetrano. C’è una sentenza definitiva, dove questo maresciallo dei Carabinieri (Donato – ndr) viene provato che ha trasportato insieme a me, a Francesco Messina Denaro e a Vaccarino i 10 miliardi di lire che abbiamo consegnato al vescovo Marcinkus in casa del notaio Albano”
Dunque, secondo Calcara, ci sarebbe una sentenza definitiva che proverebbe il coinvolgimento di Vaccarino nella presunta consegna di 10 miliardi di lire al vescovo Marcinkus. Sarebbe troppo chiedere quale fu la condanna pronunciata per quei fatti?
Guai se così fosse, visto che avendo la sentenza tra le mani, sarebbe stato sufficiente mettere a fuoco la condanna di Vaccarino, Donato e Marcinkus, chiedendosi come mai la presunta condanna non abbia avuto il seguito che avrebbe dovuto avere…
IL TRAFFICO DI DROGA E IL TESSERINO
“Posso assicurare con prove certe – prosegue Calcara – che quando lavoravo dentro la dogana dell’Aeroporto di Linate a Milano, mi è stato dato un tesserino. Questo tesserino lo avevano esclusivamente la Finanza i Carabinieri e la Polizia, e lì c’è stato il traffico internazionale di droga perché io avevo libero accesso, perché era il varco doganale, io andavo sotto agli aerei, i turchi che arrivavano per la morfina base. Il Vaccarino, su ordine di Francesco Messina Denaro, ha trovato i contatti per farmi avere questo tesserino”.
Tralasciando il fatto, non di poco conto, che Calcara fa riferimento a un “tesserino” che avrebbero avuto soltanto gli appartenenti alle Forze dell’Ordine, illuminante è ancora una volta la sentenza di primo grado dell’omicidio Rostagno:
“Fu il Lucchese – scrivono i giudici – che indica come pupillo di Messina Denaro Francesco, a farlo lavorare alla dogana dell’aeroporto di Linate, un posto strategico perché gli consentì di far transitare, sempre per conto della famiglia mafiosa di Castelvetrano, capeggiata da Messina Denaro Francesco, quintali e quintali di eroina e morfina base proveniente dalla Turchia. Dimentico, forse, di queste propalazioni sul conto del Lucchese, nel prosieguo della sua deposizione il Calcara ha attribuito esattamente le stesse cose ad un altro personaggio da lui chiamato in causa, Tonino Vaccarino, che fu anche sindaco di Castelvetrano: e che è stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa”.
Calcara avrebbe avuto gioco facile se immediatamente dopo aver rilasciato la sua intervista Vaccarino non fosse stato scarcerato. Un arresto, quello di Vaccarino, del tenente colonnello della DIA Zappalà e dell’appuntato dei carabinieri Barcellona, che dopo aver fatto per giorni le prime pagine dei giornali, secondo il giornalista Egidio Morici potrebbe avere un’altra chiave di lettura.
LA GUERRA TRA PROCURE
Nel suo articolo, dal titolo “Castelvetrano e l’enigma Vaccarino/4. Messina Denaro, la guerra tra procure”, pubblicato oggi da Tp24.it, il giornalista Egidio Morici ipotizza che questi arresti possano rappresentare una guerra tra procure. Il nodo centrale di tutta l’inchiesta si fonda su un’intercettazione che l’appuntato Barcellona avrebbe inviato al colonnello Zappalà e che questi avrebbe girato via mail a Vaccarino, il quale, a sua volta, l’avrebbe passata al mafioso Vincenzo Santangelo.
“Si tratta di intercettazioni che contengono elementi rilevanti sui luoghi frequentati dal boss? Si chiede il giornalista – La risposta è no”. Da un’attenta analisi di Egidio Morici, rifacendosi alla stessa ordinanza di custodia cautelare, si evince come la cosiddetta fuga di notizie riguardi soltanto parte di una conversazione tra due persone indagate che parlano dei funerali del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, e non l’intero verbale di trascrizione che avrebbe contenuto riferimenti espliciti ai luoghi dove starebbe trascorrendo la propria latitanza Matteo Messina Denaro.
Egidio Morici, nell’evidenziare come le talpe (così sono stati definiti gli arrestati) si muovono sottoterra, mentre il colonnello Zappalà aveva incontrato Vaccarino più volte, proprio nella caserma dei carabinieri di Castelvetrano, sottolinea come l’idea che Vaccarino ed i due carabinieri possano aver favorito la latitanza di Matteo Messina Denaro sembra davvero un’ipotesi molto lontana dalla realtà.
Un articolo da leggere per gli spunti di riflessione che offre, a differenza di quanto pubblicato in questi giorni dalla maggior parte degli organi stampa.
Ma torniamo a Calcara, al quale anche Egidio Morici fa riferimento nel suo articolo.
Molti psicologi tendono a dividere i bugiardi in due categorie: Bugiardi patologici e bugiardi compulsivi.
I primi, mentirebbero per ottenere qualcosa, sarebbero autocentrati, manipolativi e per nulla empatici. Gli altri, mentirebbero senza alcuna apparente ragione, per abitudine o perché dire la verità diventa un’impresa psicologicamente difficile.
E se ci fosse una terza categoria?
A venire in nostro soccorso, sono gli irlandesi con una loro leggenda, al termine della quale, sorgerà spontanea la domanda: Chi è il re e quale il prezzo (che non è certo la figlia) avrebbe paura di dover pagare?
LEGGENDE IRLANDESI: IL BUGIARDO IRLANDESE
Tanto tempo fa, in un luogo lontano lontano, a Est, viveva un re che aveva una sola bellissima figlia.
Quando questa fu abbastanza grande per venire maritata il sovrano proclamò che avrebbe concesso la sua mano alla persona che fosse riuscita a fargli dire per tre volte di seguito:
È una menzogna, una menzogna, una menzogna!
La notizia si sparse per tutto il mondo, e raggiunse anche l’Irlanda, arrivando alle orecchie di una povera vedova e di suo figlio che era un celebre bugiardo.
Quale occasione migliore per tentare la sorte? Così, il ragazzo decise di partire.
Sarei sorpreso se non potessi conquistare la figlia del re. Datemi la vostra benedizione, madre, perché domani parto.
E fu così che il mattino seguente il bugiardo irlandese iniziò il suo lungo viaggio verso Est e, giunto alle porte della reggia, fu fermato dalle guardie:
Ehi, tu! Dove pensi di andare, piccolo irlandese dai capelli rossi?
L’audace risposta del ragazzo fu:
Che domande! Vado a sposare la figlia del re!
I portoni regali si aprirono al suo passare. Le guardie lo portarono subito al cospetto del re ed egli lo condusse, a sua volta, in un enorme prato, dove greggi e armenti stavano pascolando.
A qual punto il sovrano domandò:
Cosa pensi del mio bestiame?
Il ragazzo sogghignò…
Cosa penso, Vostra Maestà? Che questo gruppo di quattro pecore non è nulla al confronto delle greggi irlandesi.
Dovreste vedere quello della mia povera madre! È Nulla al confronto con quello!
Il sovrano allora gli indicò il suo magnifico orto, curatissimo, con grandi ortaggi sani, belli e succulenti.
Cosa pensi allora del mio orto?
Il ragazzo rispose:
Che è davvero misero Vostra Maestà! In Irlanda i cavoli crescono così tanto che, una volta, mi riparai dalla pioggia battente sotto la foglia di un cavolo e, figuratevi, che un mio amico lì sotto ci ha pure organizzato un banchetto di nozze!
Al ragazzo veniva davvero naturale raccontare fandonie, anche così strampalate…
Uhm, Uhm. E delle fave? Che ne pensi?
Il re si fece pensoso.
Perché, queste sono fave? Ma per carità! Sono minuscole, dovreste vedere le fave dell’orto di mia madre!
Sono così alte che la punta della più corta raggiunge le nuvole. Una volta, quando i baccelli erano maturi, andai con un sacco per raccoglierli e mi arrampicai di foglia in foglia. Quando il sacco fu pieno lo gettai a terra e continuai a salire, finché arrivai tra le nuvole.
Lì vidi una casa e sul muro c’era una pulce così grande che riuscii a costruirmi una nuova bisaccia con la sua pelle. Quando cominciai a scendere le foglie erano già secche, e si ruppero sotto i miei piedi. Così precipitai in un gran dirupo e mi incastrai tra due rocce, un male Vostra Maestà, non avete idea! Non riuscivo proprio a liberarmi e mi credevo spacciato. Non sapevo come fare e così decisi di tagliarmi la testa e mandarla a chiedere aiuto.
Lungo la strada la mia testa incontrò una volpe e quella briccona la afferrò in bocca. Questo mi seccò moltissimo e, dalla rabbia, riuscii a liberarmi e saltai su dal fosso in cui ero caduto, correndole dietro. Quando la raggiunsi le tagliai un pezzo di coda e, non potete immaginare Vostra Maestà cosa successe! Sulla coda c’era scritto che vostro padre era stato servo di mio padre!
A quel punto il sovrano non riuscì più a trattenersi, era diventato paonazzo dalla rabbia ed urlò:
Non è possibile! Questa è una menzogna, una menzogna, una menzogna!
Il giovane irlandese aveva raggiunto il suo scopo e, soddisfatto, rispose:
Lo so, Vostra Maestà, ma voi stesso mi avete invitato a raccontarvi menzogne e io, si sa, sono il miglior bugiardo d’Irlanda. E ora mi merito in sposa vostra figlia!
E fu così che il povero irlandese ottenne la mano della principessa dell’Est e la incantò con le sue storie strampalate, regalandole sempre sorrisi e risate, anche nei momenti più difficili.
Gian J. Morici
Fonte della leggenda italish.eu
Come diceva Voltaire, il tempo è un galantuomo, rimette a posto tutte le cose.”Il presunto pentito Vincenzo Calcara sarebbe stato eterodiretto. Se quest’ultimo dovesse ammettere di aver dichiarato il falso, si sarebbe reso responsabile, consapevolmente o meno, di un depistaggio antecedente alle stragi, quello che favorì Matteo Messina Denaro nel compimento delle stesse…” https://www.ildubbio.news/2020/05/06/259515/