Di Vincenzo Calcara abbiamo scritto più volte, evidenziando le contraddizioni delle sue narrazioni, analizzando il suo libro parola per parola, passando al vaglio le sue propalazioni e le sentenze emesse da più tribunali.
Durante il processo in corso a Palermo, che lo vede imputato per diffamazione, insieme al giornalista Criscenti, sono stati sentiti più testimoni. Come è normale che accada in questi casi, opinioni e versioni dei fatti sono diverse secondo chi le narra e qual è il ruolo che assume in questa vicenda. Le mie considerazioni, la cronaca di qualche udienza e le versioni delle parti in causa, sono già note grazie a quanto pubblicato in precedenza, ma senza dar voce al protagonista di questa querelle che – oltre che giudiziaria – ha un innegabile interesse mediatico visto il ruolo di pentito del Calcara, e di conseguenza della credibilità dello stesso, non soddisferebbe appieno il diritto all’informazione da parte dei nostri lettori.
Vincenzo Calcara, nel ribadire la veridicità delle sue propalazioni tra gli altri casi cita quello relativo all’omicidio di Calogero Santangelo, avvenuto a Palermo nel novembre del 1981.
Un delitto dimenticato e rimasto avvolto nel mistero, fino a quando alcuni collaboratori di giustizia, con le loro dichiarazioni, non portarono all’arresto di esecutori e mandanti di un omicidio avvenuto per una storia a luci rosse.
Ad autoaccusarsi dell’omicidio, furono Giovanni Brusca, Calogero Ganci e Francesco Paolo Anzelmo. A narrare la storia, secondo la quale era stato Francesco Messina Denaro a chiedere a Salvatore Riina di far uccidere Sant’Angelo, colpevole di aver introdotto il figlio, Matteo Messina Denaro, nei festini hard della Palermo bene, era stato il migliore amico della vittima, Salvatore Errante Parrino.
Una storia ben diversa da quella narrata da Vincenzo Calcara che indicò in una partita di droga sottratta a Messina Denaro, il movente dell’omicidio.
“Il movente era quello che avevo dichiarato io e non la storia di donne che dichiararono altri pentiti – afferma Calcara – e le mie dichiarazioni sono state accertate. Io dichiarai fin dall’inizio della mia collaborazione il vero movente”.
Ma Brusca e altri pentiti, avevano dato versioni diverse…
“Brusca sapeva solo che doveva morire ma non sapeva neppure che era il figlioccio di Messina Denaro… io ne so più di Brusca. Anche Santangelo, come me, era un uomo d’onore riservato. Io seppi dopo l’omicidio perché era stato ucciso… I killer non sapevano ne chi fosse ne perché dovevano ucciderlo… Per Francesco Messina Denaro sarebbe stato umiliante dire che aveva riposto fiducia in un uomo che lo aveva derubato… suo figlioccio… Lillo Santangelo era figlioccio di Francesco Messina Denaro, che si sentì tradito dal suo pupillo – spiega Calcara – . e il padre era come un fratello con Francesco Messina Denaro. Per questo lo fece uccidere a Palermo dicendo alla commissione che si era sbagliato sul conto del figlioccio. Lui voleva bene al padre e non voleva dargli un dolore facendolo uccidere a Castelvetrano. Come facevo a sapere tutte queste cose? – chiede Calcara.
“Io dico che è il figlioccio e do il movente. Brusca non sapeva neppure che era il figlioccio…. Perché non si leggono le sentenze che dimostrano come io avessi avuto ragione nell’indicare il movente? Quali altre prove servono per dimostrare la mia credibilità? Io ne parlai fin dall’inizio della mia collaborazione, poi vennero gli altri pentiti che non conoscevano neppure il vero motivo dell’uccisione di Santangelo… A Brusca vorrei chiedere come mai, prima che lo facesse lui, ero stato io per primo a parlare del notaio Albano e di cosa rappresentasse… è questo il Vincenzo Calcara che definiscono un fradiciume?”
Ma non si tratta solo delle sentenze, tra gli altri aspetti c’è anche l’attenta analisi del libro che lo riguarda, alla quale ha preso parte l’autrice, Simona Mazza, che nella stesura “Dai memoriali di Vincenzo Calcara: le cinque entità rivelate a Paolo Borsellino”, ha riportato pedissequamente le dichiarazioni di Calcara, senza alcuna valutazione sua personale.
“Nel libro c’è quello che io dichiaravo sotto la mia responsabilità – conferma Calcara – Questo libro è stato valutato dalla famiglia Borsellino. Manfredi e Salvatore (rispettivamente il figlio e il fratello del Giudice Paolo Borsellino – ndr) hanno avvalorato quello che io dicevo con i riscontri che ho dato… non ho mai tradito il mio principio…”
Come spieghi le più recenti dichiarazioni di Manfredi Borsellino che, quantomeno per quello che riguarda gli aspetti giudiziari, prende le distanze dal Calcara-pentito, non certo dall’uomo in quanto tale…
“È assurdo prendere le distanze… qualche volta ho potuto disturbare perché telefonavo spesso… Manfredi non era tenuto a dare soddisfazioni… non voleva fare capire… in quanto persona colpita… Manfredi vuole dimostrare che lui non si voleva interessare a seguire queste cose… ma è innegabile il rapporto tra me e la famiglia Borsellino… Tutti gli incontri di legalità che faccio con Salvatore Borsellino dove li mette? Non c’è nessuna distanza… ”
L’avvocato Antonio Ingroia durante l’udienza del processo che ti vede imputato per diffamazione – insieme al giornalista Gianfranco Criscenti – ha dichiarato di aver partecipato all’incontro presso il Teatro Selinus di Castelvetrano, nella qualità di magistrato, ma di aver avuto perplessità in merito alla tua partecipazione nella qualità di conferenziere?
“Ingroia non si ricordava più… quando c’è stata la vicenda del Teatro Selinus era tutto a favore mio… non riesco a capire… boh…”
Ma in udienza ha dichiarato di essere andato perché organizzato da Criscenti e di essere stato invitato da lui a prendervi parte…
“ …ma sapeva che c’ero io… che significa? Se era perplesso poteva chiedere che non invitassero me… non era perplesso… questa è una cosa che dice adesso…poi cosa vuoi che ti dica… dopo 25 anni vengono fuori queste cosette? Anche Criscenti… perché gli ha dato fastidio che io abbia detto che la parola “doppiogiochista” appartiene a lui… ha voluto bruciare tutte le cose belle… le ha dimenticate… Lo ha fatto? A coscienza sua…fino a mesi fa per lui ero attendibile e adesso non sono più attendibile? Non ha senso una cosa del genere… si parla di cose portate avanti per 25 anni… ero credibile e ora non lo sono più dopo 25 anni? Di Criscenti e Ingroia questa cosa non me la so spiegare…”
Calcara è un fiume in piena, fa nomi, accusa pentiti, ribadisce quanto affermato nel corso di tanti anni. Cita numerose sentenze, che – a suo dire – attestano la veridicità delle sue dichiarazioni. C’è da rimanere sbalorditi dinanzi la mole dei processi che lo hanno visto nella veste di testimone. Come non chiedere come mai se per taluni pubblici ministeri e magistrati giudicanti, Calcara è attendibile, per altri non lo sia, a tal punto da definirlo “elemento sfrontatamente portato al mendacio…”
“Se non sono creduto io – risponde Vincenzo Calcara – devono assolvere tutti quelli che sono stati condannati… quelli dei quali io per primo ho fatto i nomi e che poi loro hanno accusato… ma solo anni dopo che lo avevo fatto io… io ho parlato prima di questi quattro pentiti manovrati… Ma chi sono io, un mostro? E se sono un mostro la medaglia voglio… anche da mostro… o che mi venga fatta giustizia per la verità che ho detto… e per la verità non ne voglio medaglia…voglio la medaglia da mostro di menzogne… da mostro che sono riuscito a prendere per i fondelli i magistrati, compreso la famiglia Borsellino. E lo devi scrivere… scrivi tutto…”
Calcara oggi chiede che gli venga assegnata la medaglia da mostro che è riuscito a prendere per i fondelli i magistrati, compreso la famiglia Borsellino? Bene, non possono bastare più le dichiarazioni politically correct alle quali abbiamo assistito finora. Vincenzo Calcara non si tira indietro dal confronto e vuole conto del fatto che nel corso dei processi diversi magistrati lo hanno definito attendibile, mentre per altri è un soggetto portato al mendacio. Ma, soprattutto, si chiede perché fino a pochi mesi fa per alcuni era attendibile e adesso non lo è più, nonostante si tratti degli stessi argomenti che ribadisce da 25 anni.
In attesa di risposte, continueremo a cercare nelle sentenze, nelle sue dichiarazioni e in ogni altro atto, tanto le contraddizioni o le falsità, quanto le conferme alle sue dichiarazioni; dando spazio a chi – dandone prova – possa sostenere le diverse tesi…
Gian J Morici