Aumenta la tensione tra Mosca e Washington e, dalle precedenti minacce più o meno velate, il Cremlino è passato senza mezzi termini ad ammonire Kiev e l’Occidente dichiarandosi pronto ad intervenire militarmente nelle regioni orientali ucraine qualora venissero minacciati gli interessi russi e Kiev non ritirasse immediatamente le proprie truppe permettendo la federalizzazione e il riproporsi di una situazione analoga a quella già vista in Crimea con la successiva annessione alla Federazione russa di altre regioni dell’Ucraina. Uno smembramento pianificato con l’operazione “Becha” per consentire alla Russia il recupero di alcune regioni perse a causa dello scioglimento dell’ex Unione Sovietica.
Nonostante la recente confessione da parte del presidente russo Vladimir Putin che ha ammesso l’intervento di truppe russe in Crimea prima che nella penisola si tenesse il referendum che ha portato all’annessione della stessa alla Federazione russa, e nonostante il governo americano fosse stato informato dall’intelligence del piano russo con settimane di anticipo rispetto alla sua attuazione, senza peraltro far nulla per impedirlo, gli Stati Uniti sembrano muoversi con l’esasperante lentezza di un gigante dai piedi d’argilla che teme di poter franare su sé stesso ad ogni passo che muove.
Prova ne è l’arrivo in data odierna dei primi soldati della 173ma Brigata di Fanteria Combat Team in Polonia, per partecipare ad esercitazioni congiunte che si prefiggono come obiettivo quello di rassicurare i membri della NATO che confinano con la Russia sull’impegno dell’Alleanza a difenderli.
Una rassicurazione che dopo quanto accaduto in Crimea e visto quello che sta accadendo nel resto dell’Ucraina, suscita soltanto un amaro sorriso da parte di chi dovrebbe sentirsi tranquillizzato da queste esercitazioni che prevedono anche l’arrivo di nuovi contingenti americani in Europa. A meno che Obama non soffra di quella sindrome di “decidofobia” ben rappresentata da Arthur Schnitzler nel suo romanzo “La signorina Else”, quello che sta succedendo in Ucraina pone seri dubbi in merito alla capacità di risposta americana dinanzi un’eventuale aggressione militare a paesi alleati degli Stati Uniti.
Un dubbio alimentato anche dai 12 passaggi del Su-24, l’aereo da combattimento russo che per circa 90 minuti ha volato in prossimità della nave statunitense Donald Cook mentre la stessa stava pattugliando il Mar Nero occidentale, archiviati frettolosamente (erroneamente anche da noi), come un’azione provocatoria, poco professionale e pericolosa da parte dei piloti russi, in palese violazione dei protocolli internazionali.
Non c’era nessuna provocazione da parte russa, visto che in realtà il Sukhoi Su -24 stava provando il nuovo e complesso sistema di disturbo per neutralizzare l’Aegis, il moderno sistema di difesa missilistica installato sul cacciatorpediniere “USS Donald Cook”.
Il Su-24, disarmato, dopo un primo avvicinamento alla nave americana, regolarmente segnalato dal sistema di difesa del quale la nave è dotata, avrebbe attivato il “Khibiny” (l’ultimo ritrovato russo in materia di disturbo radioelettronico che verrà a breve installato su tutti i nuovi aerei russi), riuscendo a neutralizzare le difese americane ed in particolare il sistema di rilevamento bersaglio che avrebbe dovuto fornire al sistema missilistico le informazioni necessarie a colpirlo.
Tranquillamente l’aereo russo ha volato in prossimità della nave statunitense simulando un attacco missilistico che ha lasciato esterrefatti gli uomini a bordo del cacciatorpediniere, tanto da indurre il Pentagono a confermare lo stato di prostrazione dei marinai americani. Nessun riferimento da parte dei vertici militari in merito alla messa in sicurezza della “Donald Cook” che, secondo fonti stampa avrebbe raggiunto un porto in Romania, né alle lettere di dimissioni che secondo fonti non ufficiali sarebbero state presentate da parte di alcuni componenti dell’equipaggio non disposti a rischiare la vita in questo modo.
E mentre sul confine russo-ucraino cresce la tensione, tanto da spingere gli americani a far partire ieri dalla Germania quattro cacciamine diretti nel Mar Baltico, sul fronte dell’irresponsabilità, per non dire dell’idiozia, di vertici militari, politici ed istituzionali degli Stati Uniti, si registra ancora una volta l’incapacità del governo americano a rimuovere in tempo utile individui che per la loro negligenza risultano essere ben più pericolosi del Su-24 russo disarmato.
Armi nucleari nelle mani di militari dediti all’uso di sostanze stupefacenti, raccomandazioni per superare i test attitudinali, comandanti di basi missilistiche pronti a correr dietro qualche gonnella, anche a rischio di conseguenze disastrose per il paese, rappresentano lo spaccato di una nazione allo sbando, nella quale si è perso il senso del dovere.
E mentre la scorta di Obama, selezionata tra gli uomini del Counter Assault Team (la forza scelta di sicurezza del presidente Usa), si ubriaca a tal punto che uno di loro viene trovato incosciente sdraiato per terra nel corridoio dell’albergo dopo una serata in un bar della città, nelle Ambasciate c’è chi ancora non ha compreso le difficoltà del momento, lasciandosi andare a pericolose confidenze in merito a visite impreviste da parte di “importanti vip” che certo non avevano affrontato un lungo viaggio per partecipare ad un cocktail o ad una serata di gala. È accaduto a Parigi, la capitale francese nella quale si sono tenuti importanti e riservatissimi incontri, e solo la fortuna (e ancor più l’onestà di chi ha ricevuto le confidenze) ha voluto che le informazioni fornite da un incaricato dell’Ambasciata (che ha operato nel US Air Force Reserve e nel US Defense Intelligence Agency, – trascurando gli altri molteplici incarichi) non venissero divulgate o il soggetto in questione non venisse circuito ed utilizzato come è già accaduto a molti altri prima di lui.
Se il popolo americano fa affidamento su uomini, siano essi politici, militari o altro, che ritengono in momenti come questi di poter far sfoggio delle loro qualità di novelli e fascinosi James Bond – dimenticando che non stanno girando un film – trascurando i compiti istituzionali e lasciandosi andare a confidenze con sconosciuti, forse è meglio che Obama ammetta il fallimento, quantomeno quello militare, del suo governo e rinunci ad ulteriori azioni nell’est europeo che rischiano di coprire di ridicolo gli Stati Uniti d’America e di consegnare al Cremlino le nazioni che una volta facevano parte dell’Unione Sovietica, per separarsi dalla quale tanto sangue è stato versato.
Se quelli succitati sono gli esempi dei vertici dell’intelligence americana, val la pena di ricordare la frase di Albert Einstein: “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi.”
Gian J. Morici