“Apprendiamo dalla stampa dell’udienza tenutasi giovedì scorso a Catania per la revisione del processo che portò l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, ad essere condannato per traffico di droga, a seguito delle accuse formulate a suo carico dall’ex pentito Vincenzo Calcara – scrive Giuseppe Ciminnisi, Coordinatore Nazionale Familiari Vittime Innocenti di mafia dell’Associazione “I Cittadini contro le mafie e la corruzione” – Calcara aveva accusato l’ex sindaco di essere a capo della famiglia mafiosa di Castelvetrano e di aver chiesto all’ex pentito di prepararsi ad uccidere il giudice Paolo Borsellino utilizzando un fucile di precisione. Fatti per i quali Vaccarino venne arrestato nel 1992 a seguito della cosiddetta ‘Operazione Palma’ e successivamente assolto.
Nel corso dell’udienza di giovedì, la Procura Generale, oltre a chiedere l’annullamento di quella sentenza ritenendo Vincenzo Calcara assolutamente inattendibile – così come sostenuto da altri magistrati in diverse sedi – avrebbe fatto riferimento a un vero e proprio depistaggio messo in atto dal pentito.
Un’affermazione – prosegue Ciminnisi – che prospetta inquietanti scenari in merito alle ragioni che nell’autunno del 1991 portarono Calcara a collaborare con la giustizia. Infatti, mentre Calcara durante quel periodo muoveva accuse nei confronti di soggetti rivelatisi poi estranei alla consorteria mafiosa, l’attuale boss latitante Matteo Messina Denaro, a Castelvetrano incontrava i vertici di “Cosa Nostra” per organizzare le stragi del 1992, nel corso delle quali vennero uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e le rispettive scorte.
Val la pena di ricordare come Calcara, iniziando la sua collaborazione con la giustizia, si guardò bene dal fare il nome di Matteo Messina Denaro – come dichiarato dai giudici Massimo Russo e Alessandra Camassa nel corso del processo Borsellino Quater – del quale non poteva non conoscere la caratura criminale, essendo Calcara ‘uomo d’onore riservato’ di Francesco Messina Denaro, al quale venivano affidati importanti incarichi come il traffico di armi, il traffico di droga, il trasporto di esplosivi da utilizzare per le stragi, nonché il commettere delitti eccellenti, quali quello del giudice Borsellino.
Se il depistaggio a cui ha fatto riferimento la Procura Generale venisse collegato con le stragi – così come appare assai probabile – ci troveremmo dinanzi a un fatto ben più grave di quello di Vincenzo Scarantino e delle sue dichiarazioni in merito alla strage di Via D’Amelio.
Mentre infatti le false dichiarazioni di Scarantino servirono a indirizzare le indagini in direzione diversa da quelli che erano i veri responsabili dell’attentato, quelle di Calcara – se dimostrato quanto sostenuto dalla procura – distogliendo l’attenzione da Matteo Messina Denaro, permettendogli di agire indisturbato, sarebbero state funzionali al compimento della strage.
Noi familiari di vittime innocenti di mafia – anche a nome dei tanti hanno a cuore che venga fatta giustizia – dopo quanto appreso in merito alle affermazioni da parte della Procura Generale di Catania, chiediamo se l’Autorità Giudiziaria competente non intenda avviare un’indagine rispetto i fatti accaduti a Castelvetrano tra il 1991 e il 1992, perché dopo 27 anni venga fatta chiarezza riguardo le responsabilità di quanti ordirono e misero in atto quelle stragi, di quanti operarono i depistaggi dei quali è oggi a conoscenza anche l’opinione pubblica e di quanti ancora oggi potrebbero avere interesse ad occultare le prove del coinvolgimento di pezzi dello Stato negli attentati di Capaci e di Via D’Amelio.”