Alberto Di Pisa magistrato in pensione dal 2016, ad oggi commissario straordinario della provincia di Agrigento parla dei tanti “segreti e non misteri” che attanagliano la nostra Isola.
Il magistrato nel ’71 è stato pretore a Castelvetrano, nel 1982 prese parte del pool antimafia, fu magistrato delle procure di Termini Imerese e di Marsala. Ha ascoltato numerosi pentiti tra cui il più famoso: Tommaso Buscetta. E’ stato a stretto contatto con Falcone e Borsellino ed è stato uno dei protagonisti della vicenda del “corvo di Palermo”. Proprio il giudice fu condannato nel 1992 in primo grado a un anno e sei mesi perché nel 1989 l’Alto commissario per la lotta alla mafia Domenico Sica indicò che fosse sua l’impronta digitale lasciata su uno dei messaggi anonimi di accuse inviati ai magistrati e forze dell’ordine. Nel dicembre 1993 fu assolto per non aver commesso il fatto. Anni dopo dichiarò che le sue impronte furono falsificate per coprire il pentito Totuccio Contorno.
Poche domande all’ex magistrato Di Pisa
Dov’è finita Cosa Nostra?
Cosa Nostra è ancora presente anche se oggi la organizzazione criminale più importante è la ndrangheta per il suo potere finanziario e i suoi collegamenti con la finanza internazionale. Per quanto riguarda Cosa Nostra se è pur vero che non è la organizzazione criminale di un tempo è anche vero che dopo la morte di Riina e Provenzano non sappiamo chi siano i capi di Cosa Nostra se si esclude Matteo Messina Denaro.
Cosa ne pensa ad oggi del ruolo dei pentiti? Mesi fa c’è stato un grosso dibattito in merito alle dichiarazioni di Avola. Ricordiamo che Scarantino ha fornito uno dei più grandi depistaggi di Italia.
I pentiti hanno avuto un ruolo importante che ha consentito di conoscere dall’interno le regole e la organizzazione di Cosa Nostra e di fare luce su tanti crimini che fino ad ora erano rimasti insoluti. Devo tuttavia dire che all’epoca in cui facevo parte del pool antimafia la ricerca dei riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori era direi quasi spasmodica. Oggi a mio avviso vi è una gestione forse più superficiale dei collaboratori di giustizia il che spiega la frequenza dei depistaggi non ultimo quello di Scarantino.
Ad oggi è ancora irrisolta la strage di Via D’Amelio. Quali sono per lei i punti deboli di questa storia?
Nella strage di via D’Amelio le sentenze hanno accertato la responsabilità della mafia militare. Io ritengo però che la strage nasca da interventi convergenti della organizzazione mafiosa con elementi esterni che avrebbero dato l’imput e che fino ad oggi non sono stati identificati. Non bisogna dimenticare che Spatuzza, ritenuto un collaboratore estremamente attendibile ha riferito che allorquando venne imbottita di tritolo la fiat 500 utilizzata per l’attentato di di via D’Amelio, era presente un soggetto che non era un appartenente a Cosa Nostra, verosimilmente un appartenente ai Servizi segreti.
Cosa ne pensa del dossier “Mafia Appalti”. Se riesumato potrebbe dare una chiave di lettura diversa delle cose?
Ho sempre sostenuto che nella strage di via D’Amelio la causale vada ricercata non nella trattativa Stato mafia ma nell’ntenzione di Borsellino di riprendere il dossier mafia appalti. Poco prima di morire – come ha riferito il generale Mori – Borsellino ebbe un incontro, da lui sollecitato, alla Legione dei Carabinieri con Mori e De Donno per riprendere ed approfondire le indagini sugli interessi della mafia nel settore degli appalti in collegamento con gruppi imprenditoriali anche nazionali ed esponenti della politica. Non bisogna dimenticare che intorno agli appalti ruotano enormi interessi economici che quasi sempre sono stati alla base dei cosiddetti delitti eccellenti non ultimo quello di Piersanti Mattarella che aveva deciso di fare pulizia nel sistema degli appalti ponendosi in contrasto con gli interessi mafiosi che fino ad allora avevano gestito questo settore.
Fonte: Bernini_52