Si presenterà a Palermo, mercoledì 24 novembre alle ore 18:00 alla Feltrinelli in via Cavour 133, il libro del giornalista d’inchiesta Marco Bova, dal titolo “Matteo Messina Denaro latitante di Stato”.
Una lucida analisi sui lunghi anni di latitanza di Matteo Messina Denaro, l’ultimo dei “corleonesi”, che per ferocia non ha nulla da invidiare ai peggiori criminali che a tutte le latitudini del mondo hanno seminato morte.
La lettura di questo volume non può che suscitare riflessioni e costernazione per i tanti errori e collusioni, che hanno permesso a Matteo Messina Denaro di rimanere uccel di bosco in un territorio nel quale si sono combattute guerre di ogni genere: guerre di mafia, politiche, affaristiche, ma anche guerre istituzionali dettate da smanie di protagonismo – quando non da ben più gravi motivi – che hanno permesso una lunga storia di depistaggi costellata da un’infinita serie di fallimenti investigativi.
Brillanti carriere nate da macerie giudiziarie, e fiumi di denaro sperperato alla ricerca di un fantasma che non si riesce – o non si vuole – catturare.
Il tema centrale è proprio quello del perché Matteo Messina Denaro ad oggi è latitante; perché le numerose sovrapposizioni tra strutture investigative, procure e forze dell’ordine, che hanno finito con il favorirne la latitanza, anche al netto dell’operato di qualche magistrato compiacente, come emerge dalla riproduzione inedita di una intercettazione che crea sgomento nel lettore che finisce con il chiedersi quale sia la linea di demarcazione tra “buoni” e “cattivi” nella storia di un fenomeno devastante quale la mafia, ma anche in quelle istituzioni o quell’antimafia
che dovrebbe combatterla.
Non si tratta del solito libro avente per oggetto il boss, ricco di folklore, di elogi ai “buoni” che da anni enfatizzano le operazioni antimafia portate a termine, sostenendo che “il cerchio si stringe” e che presto sarà catturato il latitante.
Presto, quando? Quanto era largo questo cerchio che pur stringendosi giorno dopo giorno, mese dopo mese e anno dopo anno, ad oggi non ha ancora portato al risultato sperato (e promesso centinaia di volte)?
Una storia di mafia, ma principalmente la storia di interventi inutili, talvolta troppo lassisti e deboli, e talaltra repressivi e colpevolizzanti nei confronti di chi con onestà e coraggio si è dedicato alla caccia a “Diabolik” (Matteo Messina Denaro).
Quello che è mancato – e lo si evince bene dal libro di Bova – è stato il coraggio di affrontare i problemi nella loro realtà.
Quella realtà che come in un labirinto di specchi vede riflessa l’immagine di mafiosi, politici, imprenditori, massoni, magistrati e investigatori, che sembrano appartenere a uno stesso sistema socioculturale dentro il quale riesce a nascondersi il latitante fantasma.
Latitante di Stato? Sicuramente sì. Una latitanza della quale – colpevolmente o dolosamente – sono responsabili la classe politica, i mass media e il sistema della giustizia.
Chi legge questo volume, non può fare a meno di confrontare i fatti narrati con i riscontri documentali delle note, che hanno portato al caos, a quel regno dell’assurdo che finisce con il confondere di volta in volta vittime e carnefici e viceversa, in un tragico gioco di complicità, gelosie e affari che non permettono di intravedere i contorni di una soluzione che spezzi il cerchio di potere istituzionale-politico-mafioso che domina all’interno di uno Stato nello Stato. Uno Stato criminale!
La capacità investigativa dell’autore, il coraggio nel pubblicare nomi e fatti – il tutto documentato – sono soltanto due degli innegabili meriti del suo lavoro, che offrono al lettore una diversa prospettiva da quella narrata fino a questo momento in merito alla vita, agli affari, alle collusioni e alla latitanza di Diabolik.
La narrazione, documentata, di un compendio di errori madornali e complicità delle quali si stanno ancora scontando le conseguenze.
Gian J. Morici