Vincenzo Calcara difende Matteo Messina Denaro e attacca il pm Gabriele Paci

Vincenzo Calcara

Vincenzo Calcara

Con un post su diversi dei profili Facebook dell’ex pentito Vincenzo Calcara, si è consumato il più vile attacco a un magistrato impegnato in un processo che vede imputato Matteo Messina Denaro.

Si tratta del Procuratore aggiunto di Caltanissetta, Dott. Gabriele Paci, che è pm nel processo che vede imputato il latitante Matteo Messina Denaro per le stragi del ’92.

Calcara, nel suo lungo sproloquio muove accuse al pm in merito all’escussione dei testi citati dalla procura, non risparmiando al magistrato pesanti illazioni relative a una testimonianza resa dallo stesso nel corso di un altro processo.

“Durante la sua requisitoria – scrive Calcara – il P.M Gabriele Paci dà pieno credito a Collaboratori di Giustizia che, anche durante il Processo che vede imputato Matteo Messina Denaro, fanno dichiarazioni prive di senso, che spesso sono senza riscontri, in quanto si basano su deduzioni personali di questi Collaboratori di Giustizia.”

In particolare, obiettivo dell’ex pentito, pare essere quello di screditare i collaboratori di giustizia che nel corso del processo hanno fornito testimonianze utili a dimostrare come le stragi nelle quali morirono i giudici Falcone e Borsellino furono organizzate nel 1991 a Castelvetrano, dove Matteo Messina Denaro incontrò i vertici di ‘cosa nostra’ per pianificare gli attentati.

Calcara si sofferma sulla figura di Vincenzo Sinacori, collaboratore ritenuto attendibile, che sul ruolo di Francesco Messina Denaro e del figlio Matteo all’interno di ‘cosa nostra’ in quegli anni, ha dato un importante contributo alla giustizia, permettendo di ricostruire quale fosse la struttura dell’organizzazione nel territorio e di fare luce su gravi fatti di sangue.

Se è pur vero che Sinacori, così come tanti altri collaboratori di giustizia hanno da sempre sostenuto che Vincenzo Calcara non facesse parte di ‘cosa nostra’, mettendone in discussione l’attendibilità, è altrettanto vero che in passato l’ex pentito non aveva mai attaccato con tanta veemenza quei magistrati che avevano raccolto le testimonianze di questi collaboratori e che avevano giudicato Calcara inattendibile.

Matteo Messina Denaro e Vincenzo Calcara

Matteo Messina Denaro e Vincenzo Calcara

Non lo fece quando il giudice Alessandra Camassa disse che di Matteo Messina Denaro non ne aveva mai parlato. E neppure quando il pm Massimo Russo dichiarò che “Calcara è stato ritenuto da altri collaboratori di giustizia assolutamente non credibile, e preliminarmente non appartenente alla organizzazione mafiosa”, avendolo inoltre rinviato a giudizio per auto calunnia “per essersi accusato di far parte di cosa nostra”.

Perché dunque tanta acrimonia nei riguardi del Dott. Gabriele Paci che lo ha definito un collaboratore di giustizia eterodiretto e un inquinatore di pozzi?

“Il P.M Gabriele Paci mi definisce un inquinatore di pozzi, poichè ho affermato che Mariano Agate era il capo provincia di Trapani […] Si riferisce solo alla mia persona dimenticandosi che non sono stato solo io a indicare Agate Mariano come capo della provincia di Trapani, ma lo hanno indicato importanti Collaboratori di Giustizia”- scrive Calcara, aggiungendo in un successivo passaggio “Perchè tutto questo interesse da parte del Dott. Paci a screditare e diffamare la mia persona?”

Calcara, indicò in Mariano Agate il capo di ‘cosa nostra’ trapanese, quando invece tale ruolo da anni era stato assunto da Francesco Messina Denaro, che già ai tempi della collaborazione dell’ex pentito con la giustizia veniva rappresentato in molte riunioni con i vertici anche regionali dell’organizzazione mafiosa dal figlio Matteo.

giustiziaMa non è solo Vincenzo Sinacori che Calcara prova a screditare, la sua azione si spinge ben oltre, mettendo in discussione i tanti testi escussi nel corso del processo a Caltanissetta.

“Da tantissimi anni riferisco che Brusca, Geraci, Sinacori, Siino e altri sono dei falsi pentiti . Nonostante lo abbia sempre dichiarato sia a Magistrati, sia mediaticamente sulla mia pagina e sul mio profilo faacebook, come mai questi Collaboratori di Giustizia non mi hanno mai denunciato? Sicuramente hanno il timore che le mie verità e le prove che porterei demoliscano in toto le loro false dichiarazioni che cercano di unire ad altre loro dichiarazioni attendibili. Ho sempre insistito  per avere un confronto diretto con tutti questi Collaboratori di Giustizia che cercano di smentirmi senza alcuna prova e alcun riscontro,  dalle dichiarazioni dei quali  il P.M Paci si è basato costruendo le fondamenta di una lunga requisitoria al Processo che attualmente si sta svolgendo a Caltanissetta e che vede Matteo Messina Denaro imputato per essere il mandante della strage di Via d’Amelio.”

E qui sembra venir fuori il vero punctum dolens. Matteo Messina Denaro, così come sostiene la difesa del boss latitante, non deve essere condannato per quelle stragi, poiché all’epoca dei fatti non era lui, ma il padre, il capo della consorteria mafiosa.

Una difesa del boss latitante che diventa ancora più chiara nei successivi passaggi del post:

“Sinacori, in una delle sue dichiarazioni rese al Processo che si sta svolgendo a Caltanissetta che vede imputato Matteo Messina Denaro, fa riferimento ad una riunione che il P.M Paci ha voluto datare ad ottobre 1991, in cui, secondo il Sinacori, erano presenti i fratelli Graviano, Riina, Agate Mariano e Matteo Messina Denaro. Di questa riunione,  ne parla solo Sinacori , il quale riferisce di esserci andato perchè glielo ha detto Agate Mariano. Questa riunione però non ha nessun riscontro, in quanto non la ricordano nemmeno i Collaboratori di Giustizia Tranchina e Geraci. Tranchina era l’autista dei fratelli Graviano, mentre Geraci era l’ autista di Matteo Messina Denaro. Entrambi i Collaboratori si sono sempre ricordati di tutti i posti, ma di questa riunione non ne hanno memoria . Anche di questo fatto il PM Paci non chiede un approfondimento […]

Totò Riina

Totò Riina

Inoltre, in riferimento alla riunione del dicembre 1991 in cui Riina decide di fare la guerra allo Stato in cui si devono colpire Falcone, Borsellino, Lima, Ando, Grasso ecc, il primo a  parlare di questa riunione fu il Collaboratore di Giustizia Giuffrè, il quale, oltre ad indicare il luogo, dichiara che a quella riunione, oltre a Riina, parteciparono anche Brusca e Cancemi. Sia Brusca, sia Cancemi, fino al 2004 non parlano di questa riunione, dicono di non ricordarsela. Iniziano a ricordarsela a partire dal 2004. Però, sia Brusca, sia Cancemi indicano un luogo diverso da quello indicato da Giuffrè. Inoltre, Brusca dice di non sapere se era presente Giuffrè alla riunione perche’ Brusca alle riunioni aveva l’abitudine di limarsi le unghie, mentre Cancemi non si ricorda se c’era Giuffrè. Anche qui è evidente quanta confusione e inesattezze ci siano nelle dichiarazioni di Brusca. Anche su questo – rimarca Calcara – il Dott. Paci non fa nessuna contestazione a Brusca e non ne parla nella sua requisitoria […] Il Collaboratore di Giustizia Bono Pietro dichiara che quando si trovava in carcere con Geraci, quest’ ultimo gli dice che Francesco Messina Denaro sta male da dieci – quindici anni e lo stesso Geraci riferisce di averlo saputo dal figlio Matteo Messina Denaro, il quale si era messo a piangere. Però nessun Collaboratore di Giustizia conferma questa lunga malattia di Francesco Messina Denaro […] Un dato importante lo si può riscontrare anche nell’autopsia, poichè risulta che Francesco Messina Denaro è morto di infarto e non aveva altre malattie. L’ autopsia è riportata nell’ ordinanza di custodia cautelare a pagina 107 e fa riferimento ad una disfunzione cardiaca e non viene riscontra nessuna malattia . È evidente che le  dichiarazioni del Collaboratore di Giustizia Geraci non hanno nessun riscontro. Anche di questo – conclude Calcara – il P.M Paci non ne parla nella sua requisitoria.”

Fin qui l’ex pentito Vincenzo Calcara. Questa invece la strategia difensiva dei legali del boss latitante:

“CALTANISSETTA – “Alla fase preparatoria degli attentati di Capaci e via D’Amelio a Palermo c’era il padre Francesco e non Matteo Messina Denaro. Anche perché il padre è morto nel 1998 a seguito di un infarto. E quindi questo smentisce la tesi accusatoria secondo cui il padre si sarebbe ritirato in quanto soffriva di una grave malattia. Matteo Messina Denaro non era presente alle riunioni e quindi non diede il suo assenso per le stragi. Essendo vivo il padre, lui non aveva titolo né per parteciparvi e neanche per esprimere un eventuale consenso”. È quanto hanno affermato gli avvocati Giovanni Pace e Salvatore Baglio, difensori di Matteo Messina Denaro, nella loro arringa difensiva nel processo che si celebra a Caltanissetta che vede il boss di Castelvetrano (Tp) accusato come mandante di entrambe le stragi. Il pm Gabriele Paci ha chiesto l’ergastolo.

(ANSA)”

 

Chissà perché nel leggere il post di Calcara e nell’ascoltare l’arringa della difesa, viene alla mente Giulio Andreotti…

 

 

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