Ancora una volta Ostia torna alla ribalta. Dopo l’operazione “Mondo di Mezzo”, che visto coinvolti personaggi dei salotti romani, esponenti politici, estremisti come Massimo Carminati, il ras delle cooperative Salvatore Buzzi e criminali, su “Mafia Capitale” – nonostante le condanne di Carminati e Buzzi, per i quali i giudici della corte d’appello hanno ritenuto provato il metodo mafioso – sembrava dover calare il silenzio.
Un silenzio identico a quello che aveva coperto le indagini sepolte, che avevano avviato Piero Fierro, agente pluridecorato della polizia di frontiera, e Gaetano Pascale, ottimo investigatore della Narcotici alla Mobile, che insieme ad altri colleghi già nel 2003, avevano svolto attività investigative riportando nell’informativa redatta molti nomi che sarebbero poi comparsi nelle indagini “Alba Nuova” e successivamente in “Mafia Capitale”.
A riaprire il capitolo delle “sepolture eccellenti” romane – riferite a indagini e relazioni antimafia – è oggi un post di Davide Barillari, del MoVimento 5 Stelle alla Regione Lazio e storico attivista del partito
“Dopo 4 anni – scrive Barillari – ecco tutta la verità sulla scomodissima relazione antimafia M5S su Ostia: la fuga di Libera e gli arresti di ieri di Virtus”
Un lungo post quello di Barillari, nel quale fa riferimento alla “RELAZIONE MAFIA E LITORALE ROMANO: IL CASO OSTIA” del MoVimento 5 Stelle, presentata il 7 settembre 2015 nel corso di una conferenza stampa in Campidoglio.
<Federica Angeli – prosegue Barillari – diceva che bisogna attendere con molta pazienza la verità, che prima o poi viene sempre a galla. E infatti, dopo 4 anni, la verità dimostra che aveva ragione proprio il M5S. Non eravamo noi i mafiosi.>
“Una lunga e articolata ricerca – si legge sul profilo di Barillari – documentata sul livello di infiltrazione dei clan criminali del litorale romano, un’analisi mai fatta prima di allora e davvero molto “fastidiosa” per tante persone. Proprio perché faceva, senza paura, nomi e cognomi, raccontando tutte le collusioni, le vicinanze, le zone d’ombra, i favoritismi tessuti dalle forze politiche con la collaborazione di associazioni, commercianti, giornalisti, imprenditori privati e la lobby dei balneari.
Un humus che ha permesso di coltivare per decenni una cultura di criminalità, omertà e impunità ad Ostia, garantita e tutelata da chi amministrava il Municipio.
Tutto infarcito dalla puzza degli interessi mafiosi e criminali dei clan autoctoni ed importati, che nella relazione erano dettagliatamente descritti. La pax mafiosa e la spartizione delle zone di potere, i loro interessi sullo spaccio, sulla prostituzione, sul pizzo ai commercianti, ma anche la loro “faccia pulita” nella gestione indiretta delle sale bingo, delle sale slot, delle scommesse sportive, dei ricchi ristoranti e dei bar abusivi sul mare romano.”
Ancora una volta, come era accaduto in quella prima indagine sulla criminalità a Ostia, molti anni prima che nascessero le inchieste che portarono a “Mafia Capitale”, vengono nuovamente fuori i nomi di Piero Fiero e Gaetano Pascale. Infatti, sono proprio i due ex poliziotti che, insieme ad altri, hanno redatto la relazione “RELAZIONE MAFIA E LITORALE ROMANO: IL CASO OSTIA”, i quali hanno fatto una cronostoria dei fatti, fino ad arrivare alle indagini bloccate e all’omicidio Frau.
“Quella relazione faceva molta molta paura – scrive oggi Barillari – proprio perchè non parlava solo dei ‘mafiosi cattivi’ ma si allargava ai loro ‘complici in giacca e cravatta’.
La relazione citava il torbido sottobosco di interessi di giornalisti intoccabili, di potenti associazioni di commercianti e balneari, nonchè di associazioni pure come Libera.
E quindi doveva essere delegittimata, ridicolizzata, sminuita e dimenticata dalla stampa.
“Solo bugie per screditarci!” tuonava Repubblica, giornale del PD, che difendeva Libera e attaccava a testa bassa il M5S.
Ma quello che faceva più paura, in quella relazione, era SPQR, la “Spiaggia della Legalità”, simbolo d’oro, simbolo di lotta alla mafia, gestita da Libera e sponsorizzata strumentalmente da tutti i vertici del PD (Orfini, Esposito, Marino/Sabella, ma soprattutto Nicola Zingaretti).
“Non si deve parlar male di Libera!”
Di Maio in persona era intervenuto dopo l’incazzatura di Don Ciotti” – prosegue Barillari che non esita a fare i nomi di chi all’interno del M5S, come Roberta Lombardi, prendeva le distanze da quella relazione e degli esponenti del PD che avevano attaccato il M5S di Ostia. Dopo mesi di lavoro, quella relazione antimafia, elaborata, integrata e alla fine sottoscritta, veniva tagliata per arrivare a una versione ufficiale che non scontentasse tutti. Tutti, tranne coloro che in realtà l’avevano estesa.
“Nessuno poteva permettersi di dire che la ‘spiaggia della legalità’ del PD di Zingaretti (inaugurata nel 2015) era una truffa, e che noi avevamo proprio in quella relazione avuto il coraggio di denunciare – sostiene Barillari.
Ma poi che succede quando si spengono i riflettori ?
Dopo un po’ di tempo, la stessa Libera molla la spiaggia e se ne va. Senza fare troppo clamore, con la coda fra le gambe. Don Ciotti si era reso conto che davvero c’era puzza di bruciato, e ha levato le tende.
Questo accadeva sempre nel 2015, mesi dopo la nostra relazione (tanto ‘offensiva e infamante’).
Libera se ne va proprio per le irregolarità che avevamo denunciato, grazie al lavoro di analisi e ricerca in collaborazione con le tanto vituperate ‘finte associazioni antimafia’ che tanto spaventavano Repubblica, e che invece avevano scoperto per primi la verità scomoda che coinvolgeva direttamente i vertici del PD.”
A dare un nuovo input a quanti quattro anni prima avevano lavorato a quella relazione, successivamente tagliata in modo che non facesse più paura, gli arresti di ieri che hanno portato in carcere anche il presidente dell’Associazione “Virtus Italia Onlus – Consorzio di solidarietà sociale” che in passato, secondo quanto scrive Barillari, ha gestito la Spiaggia della Legalità ad Ostia.
“Questa è l’ultima prova che aspettavamo per chiudere definitivamente tutte le polemiche.
Su quella spiaggia di Ostia, quella spiaggia del PD, si facevano affari, grazie ad un turbinio di interessi ed irregolarità che avevamo contestato proprio nella nostra relazione 4 anni fa…”
Durissima la critica nel post alla giornalista Angeli, che aveva definito quella relazione antimafia come falsa e infamante, mentre Barillari si chiede invece se non raccontasse raccontava una verità scomoda per la Repubblica, per Libera, per il PD, per i clan mafiosi di Ostia e per gli stessi interessi di imprenditori, sindacati e politicanti di allora che si fregiavano della medaglia dell’onestà e della lotta alla mafia.
Se da un canto Barillari dà per certo che la giornalista non chiederà scusa, né è sua intenzione chiedere un’assunzione di responsabilità a chi ha preso le distanze da quella relazione o a chi per quattro anni ha gettato fango sul M5S, ora che la verità sarebbe emersa, si chiede:
“Ma chi sono davvero i mafiosi?
Prima Esposito, del PD, con il suo compare Orfini mi definisce ‘colluso inconsapevole’ e l’ho portato in tribunale per questo.
Lo stesso PD che mi accusava di essere mafioso, era lo stesso PD del presidente Tassone arrestato per mafiacapitale e il suo municipio, a guida PD, sciolto per mafia. Lo stesso Tassone che Federica Angeli lodava (‘la miglior amministrazione mai vista’), dal quale aveva preso un premio e che affermava ‘Perché Tassone è uno che la mafia la combatte davvero… e siccome io le carte le ho lette e la giudiziaria la faccio da venti anni so di cosa parlo. Andrea Tassone è pulito’.
Ora abbiamo capito chi era davvero mafioso e chi lo difendeva.”
Un post, quello di Barillari, che farà molto discutere e che leggiamo come il preludio a una resa dei conti tra chi prese le distanze da quella relazione antimafia, chi la censurò e chi – certamente inconsapevolmente – fece da megafono a soggetti tutt’altro che al di sopra di ogni sospetto…
E Piero Fierro e Gaetano Pascale?
Piero Fierro, raggiunto telefonicamente, dichiara di essere stato deferito all’antimafia dall’ex senatore Stefano Esposito, precisando che ad oggi non lo ha chiamato nessuno. “Sono un mafioso a piede libero” – conclude ironicamente.
Una vicenda tutt’altro che conclusa quella della “RELAZIONE MAFIA E LITORALE ROMANO: IL CASO OSTIA”, che ancora una volta vede molto attivi quegli stessi piddini pronti a denunciare associazioni e soggetti che denunciavano le malefatte. Sempre pronti a inoltrare “una relazioncina alla commissione parlamentare antimafia – aveva dichiarato già tempo fa Antonio Turri, Presidente nazionale dell’associazione “I cittadini contro le mafie e la corruzione – dove accusa chi denunzia da anni i rapporti dei suoi colleghi di partito, arrestati o coinvolti perché in affari con i boss di mafia capitale ed elogia gli estimatori dell’ex presidente del municipio di Ostia Andrea Tassone, arrestato dai magistrati della Procura di Roma.”
Ancora una volta, l’antimafia, una certa antimafia, forse soffriva di strabismo e non si accorgeva di come stessero le cose. Sulle Commissioni antimafia, ci sarebbe poi tanto altro da dire. Nazionali o regionali che siano, a volte preferiscono dialogare con ruderi e montagne e non sentire chi avrebbe potuto narrar loro di stragi, depistaggi e testimoni…
Gian J. Morici