L’importante indagine svolta dalla Commissione Regionale Antimafia, la cui relazione finale sarà presentata oggi, rappresenterà, certamente, l’ambito traguardo di tutte le attività investigative e giudiziarie volte a far chiarezza su gli oltre 25 anni di depistaggi relativi alla strage di via D’Amelio.
Sarà il punto di partenza per tracciare anche l’intero organigramma di “cosa nostra” in Sicilia e forse in tutta Italia. A dare un importante contributo all’attività della Commissione, un magistrato che ha declinato l’invito ad essere sentito e uno dei tanti simboli della politica antimafiosa siciliana, che trovandosi all’estero (pare fosse al ristorante dell’Assemblea regionale siciliana) è stato impossibilitato a comparire dinanzi la Commissione. Ma come disse Carlo Levi, le parole sono pietre e partendo da questo spunto, suggerito dal mutismo dei due, che la Commissione si è trasferita ad Agrigento, dove grazie al suggerimento di Pasquale Cacchio, secondo il quale “con le loro impronte di fossili le pietre sono più vive di noi”, sono state interrogate le colonne dei templi dorici.
L’unica difficoltà a rispondere alle domande l’ha manifestata il Tempio della Concordia che, nel rispetto del suo nome, non voleva essere causa di discordia. Solo dinanzi la minaccia di un arresto per favoreggiamento, uno dei capitelli ha deciso di parlare: “Rivolgetevi a Scarantino!”
La Commissione parlamentare, dopo aver festeggiato il buon esito dell’operazione, ha deciso di organizzare una processione con Sant’Alfio, protettore dei muti.
Nel corso delle indagini non sono mancate le difficoltà. In particolare, l’editore di un giornale on-line di Agrigento, che già nella tarda primavera aveva fatto richiesta di essere sentito in Commissione Antimafia, per narrare quanto appreso in merito agli incontri tenutisi a Castelvetrano nel ’91, ai quali avrebbe partecipato Matteo Messina Denaro insieme al gota regionale di “cosa nostra” per organizzare le stragi, ha messo a repentaglio la riuscita dell’intera operazione.
L’allarme è rientrato solo quando un deputato regionale, del Movimento 5 Stelle, componente della Commissione Antimafia, con non pochi sforzi è riuscito a rinviare per mesi l’incontro, evitando così che si dovesse affrontare una situazione molto delicata che, partendo dalle propalazioni di Vincenzo Calcara volte ad allontanare i sospetti da Matteo Messina Denaro, portasse a ricostruire la rete delle protezioni, politiche, imprenditoriali e istituzionali delle quali fino ad oggi ha goduto il boss e che gli hanno permesso una lunghissima latitanza.
Per fortuna si è subito smesso di parlare di mafia e di possibili audizioni nel corso delle quali l’editore avrebbe documentato le proprie dichiarazioni. La svolta decisiva, che porterà alla cattura di Matteo Messina Denaro, la si avrà dopo che ad Agrigento saranno ascoltate le colonne del Tempio di Giunone e quelle del Tempio di Ercole, le cui dichiarazioni saranno trasmesse in diretta su “Chi l’ha visto?”
Gian J. Morici