L’Italia e Roma, simbolo della cristianità, possibili obiettivi dell’Isis, organizzazione che rappresenta una minaccia “senza precedenti” per l’Occidente. Non ci sono, al momento, indicazioni specifiche di progetti d’attentati diretti contro il Paese: c’è comunque “massima vigilanza”.
Con queste parole il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha illustrato alle Camere la minaccia che lo Stato Islamico (IS) rappresenta per l’Occidente. Alfano ha definito l’IS come “un’organizzazione che ha ambizioni, soldi, uomini pronti a combattere che nessun’altra aveva mai avuto; un’organizzazione spietata, che infligge torture e commette crimini brutali contrari ad ogni principio di umanità” e rappresenta, rispetto ad al Qaida, “una forma più aggressiva del pericolo fondamentalista”.
E pensare che secondo Stefano Dambruoso, magistrato antiterrorismo che nel 2008 fu nominato da Alfano Capo dell’Ufficio per il Coordinamento dell’attività internazionale, al-Qaeda era stata sconfitta e non era ipotizzabile la nascita di un’organizzazione terroristica con le stesse capacità di quella che fu l’organizzazione del “re del terrore” bin Laden. Parole sante! Infatti l’IS, come ammesso da Alfano, non ha le stesse capacità di al-Qaeda: è un’organizzazione che ha ambizioni, soldi, uomini pronti a combattere che nessun’altra aveva mai avuto!
Forse era qualcosa di diverso quella che ci saremmo aspettati dalle parole di Dambruoso, ma tant’è, dobbiamo prendere atto di come a volte anche gli “esperti” commettano errori di valutazione tanto madornali da indurre noi poveri cittadini a chiederci chi e secondo quali criteri rilascia pagelle di “esperto”.
Alfano nel suo discorso alle Camere ha anche sottolineato come l’Italia non occupa un posto secondario tra gli obiettivi del terrorismo internazionale, e lo stesso può dirsi di Roma, “culla della cristianità”, rilevando inoltre che il terrorismo internazionale di matrice religiosa “veste anche abiti europei, insospettabile tra gli insospettabili”. Sembra quasi che il ministro dell’Interno abbia accettato il suggerimento che da tempo offriamo agli “esperti” invitandoli alla lettura del libro “Madrasse. Piccoli martiri crescono tra Balcani ed Europa” di Antonio Evangelista, ex capo del contingente di polizia italiana nell’ambito della missione Onu, in cui si occupava di criminalità organizzata e terrorismo, i cui scritti, appena qualche giorno fa, sono stati definiti “profetici” dal “L’Espresso”.
“Profetici”, come definiti da L’Espresso, perché Evangelista nel suo libro nello spiegare l’uso strumentale e distorto dell’insegnamento del Corano, finalizzato all’incitamento alla jihad, utilizzava come protagonista “Gjorgje Kastrati” per spiegare in chiave narrativa cosa rappresenti il fondamentalismo islamico per i Balcani, raccontando la storia del “Musulmano bianco”
Seppur con qualche anno di ritardo, dalle parole di Alfano sembra che il ministro abbia fatto tesoro degli insegnamenti di chi per anni ha operato sul campo, lasciando ad altri il compito di scrivere divertenti compendi di castronerie, purtroppo, molto lontane dalla realtà.
“Al momento non ci sono segnali di rischio per l’Italia – ha sostenuto Alfano -, ma la guardia resta alta”.
Senza la pretesa di poter dare un contributo profetico alla lotta al terrorismo, oggi vorrei spiegare al ministro dell’Interno come i segnali di rischio per l’Italia siano più reali di quanto lui non creda. Una spiegazione semplice che chiunque può comprendere, come quella indirizzata all’omologo francese del ministro italiano nell’articolo “Il terrorismo spiegato dal canarino…”, che se solo l’avesse letto gli avrebbe risparmiato la magra figura di negare la possibilità di un attentato a Parigi in occasione della parata del 14 luglio sugli Champs-Elysées. Un pericolo del quale avevo scritto già nel mese di marzo in considerazione del fatto che la rivista portavoce di al-Qaeda aveva invitato gli jihadisti a colpire la Francia proprio in quella circostanza.
Quanto sia importante Roma per lo Stato Islamico lo si può dedurre dalle parole pronunciate dal portavoce dell’ISIS, Abu Muhammad Al-Adnaani, nel luglio 2013:
“Non ci fermeremo fino a quando ogni singolo musulmano non sarà liberato e noi conquisteremo Roma”.
Sbruffoneria? No! Gli estremisti islamici dell’ISIS credono realmente che Allah li abbia favoriti aprendo la porta della Jihad in Iraq a quella che da una piccola forza iniziale di Muhajirin e Ansar (sostenitori) si è trasformata nella forza più potente conosciuta dalla storia alla quale è affidato il compito di stabilire a livello mondiale la legge di Allah.
Un progetto dettato da quella che il profeta Maometto descriveva come l’ultima battaglia e che sarebbe stata vinta da un grande esercito musulmano proveniente da tre diversi paesi.
“I loro corpi in Iraq, le loro anime imprigionate nella città della Mecca, i loro cuori a Gerusalemme e i loro occhi su Roma” – secondo Jazakallahu Khayr.
Israele
Punto cruciale del progetto è lo Stato di Israele. Nonostante l’ISIS abbia cellule a Gaza – non impegnate militarmente contro Israele a causa di problemi con Hamas – che lavorano nei campi profughi palestinesi per formare mujahidin e nonostante a Tel Aviv esistano cellule dell’ISIS, i fondamentalisti islamici non sono ancora pronti ad affrontare le forze armate israeliane.
I vertici dell’ISIS sanno bene che è necessario prima consolidare le loro posizioni in Siria e in Iraq per poi muovere verso Giordania e Libano. Un passaggio obbligato, considerato il fatto che uno scontro con Israele richiede un esercito ben armato e che l’ISIS ha necessità di poter attraversare quei territori per trasportare armi pesanti e soldati. Inoltre, Giordania e Libano potrebbero attaccare l’ISIS alle spalle qualora le forze islamiche muovessero contro Israele senza aver prima conquistato i loro territori. Secondo i fondamentalisti islamici infatti è nella città israeliana di Lod che sconfiggeranno il Dajjal ed ecco perché Israele è per loro così importante. Una guerra che non possono perdere e che richiede una lunga attività preparatoria che prevede il controllo di Siria, Iraq, Yemen, Giordania e Libano.
Roma, Parigi e Londra
In attesa della “grande battaglia finale” come si muoveranno i combattenti dello Stato Islamico?
Per rafforzare la propria credibilità di “esercito invincibile” l’ISIS ha necessità di colpire gli Stati alleati dell’America e quelli simbolo di una cristianità che rappresenta il loro nemico giurato.
Non potendo affrontare sul campo gli eserciti di questi paesi, anche perché contribuirebbero alla coalizione voluta da Obama con mezzi e denaro ma non con truppe di terra o, nella migliore delle ipotesi, con l’appoggio aereo ai bombardamenti in Iraq, all’ISIS non resta altra possibilità che ricorrere ad attentati terroristici compiuti da jihadisti ben addestrati e pronti ad operare all’interno di queste nazioni.
Balcani
Ancora una volta il cuore pulsante del fondamentalismo islamico sono i Balcani. Allo jihadismo salafita della Bosnia, si aggiungono le preoccupazioni per la regione di Sangiaccato che ospita la maggior parte dei musulmani del Paese. Sangiaccato rappresenta lo snodo di collegamento tra la maggioranza musulmana della Bosnia e quella del Kosovo.
Quanti siano i fondamentalisti islamici presenti oggi a Sangiaccato e quante e quali siano le organizzazioni a loro riconducibili è difficile dirlo.
Quello che sappiamo con certezza è il fatto che molti jihadisti che hanno portato a termine attentati o che sono partiti per le zone di guerra provengono dalla regione di Sangiaccato.
E sempre legata a Sangiaccato è la figura di Muamer Zukorlic, capo imam della regione nel 2007, che fondò la propria campagna elettorale alle presidenziali della Serbia nel 2012 puntando sull’autonomia di Sangiaccato, suscitando così le ire e l’indignazione dei nazionalisti serbi.
Il 5 settembre Zukorlic si è reso protagonista di un’altra provocazione mettendosi alla testa di un corteo che ha attraversato Novi Pazar indossando uniformi verdi e fez rossi, partecipando ad una riunione per onorare la memoria di un musulmano locale che nella qualità di sindaco di Novi Pazar, sotto l’occupazione nazista, si macchiò dell’uccisione di migliaia di civili serbi e della deportazione verso i campi di sterminio degli ebrei della regione.
Caro signor ministro (Alfano) le rispondo con una frammento del commento che Evangelista lasciò al mio articolo sulla presentazione del libro del suo ex collaboratore (Stefano Dambruoso) al Ministero Giustizia: “io (al suo posto – ndr) sarei meno rilassato”…
La strada che dovrebbe portare l’IS a sconfiggere il Dajjal nella città israeliana di Lod, passa per Roma, così come molti terroristi passano dai Balcani…
Gian J. Morici