Non eravamo d’accordo e – purtroppo -avevamo ragione, quando nel dicembre 2011 Stefano Dambruoso – già magistrato a Milano sulle indagini contro Al Qaeda e primo magistrato italiano antiterrorismo inviato all’Onu e Ue – presentò ad Agrigento il suo libro dal titolo “Un istante prima”. Rimasi molto perplesso quando rispondendo ad alcune mie domande in merito alla costituzione di mini stati sharia, il magistrato esperto in terrorismo affermò che vanno monitorate le aree più a rischio affinchè questo non avvenga, escludendo però il rischio che potessero ancora sussistere le condizioni che diedero luogo alla nascita di strutture come al-Qaeda.
Nella sala del Collegio dei Filippini di Agrigento, il magistrato cantava il de profundis per al-Qaeda e per qualsiasi altra organizzazione terroristica in grado di organizzarsi militarmente come la struttura di Osama bin Laden.
Se solo Dambruoso avesse letto la relazione su “Criminalità organizzata e terrorismo nei Balcani”, presentata da Antonio Evangelista a Pechino nel corso del “Forum internazionale sulla criminalità e diritto penale nell’era globale”, sarebbe stato certamente più cauto nel lasciarsi andare a simili affermazioni. Forse l’avere invece scritto un libro come “Un istante prima”, negando l’esistenza di organizzazioni terroristiche strutturate come la famigerata al-Qaeda, porta ancora una volta l’ex magistrato, attuale deputato di Scelta Civica, a ribadire ai microfoni di Zapping su Radio 1 che “oggi in Europa e in Italia c’è un fenomeno nuovo, con caratteristiche diverse, rappresentato da persone che agiscono senza una base strutturata, e che va monitorato. Quello che preoccupa sempre di più è l’ampia strutturazione dell’Is che può arrivare anche ad interessare una vera e propria attività di reclutamento”.
Quel “fenomeno nuovo” che Dambruoso vede senza una base strutturata, lo avrebbe potuto ben comprendere se solo avesse letto libri come “Madrasse” o il commento di Evangelista all’articolo sulla presentazione di “Un istante prima”, quando nello snocciolare dati, e non opinioni e teorie, puntava il dito contro le mancate verifiche sui background professionali di alcuni Imam in Italia e invitava l’ex magistrato ad essere “meno rilassato”.
I Guerrieri Balcanici
Che siano mercenari o terroristi ha ben poca importanza, ancora una volta a fornire materia prima, ovvero uomini addestrati alla guerra, è l’area dei Balcani. Uomini che hanno dimenticato cosa sia un lavoro senza impugnare un’arma e che oggi troviamo presenti in tutti quei luoghi dove si combatte una guerra, ma anche laddove la criminalità organizzata ha necessità di darsi una struttura militarizzata per contrastare bande rivali o forze dell’ordine (es. i cartelli della droga messicani).
Impegnati sui diversi fronti di guerra, dalla Siria all’Ucraina all’Iraq, i professionisti della guerra provenienti dalla Serbia, dalla Bosnia e dal Kosovo trovano immediata collocazione su un fronte o sull’altro delle parti in conflitto. L’agenzia di stampa russa RIA Novosti, forse per coprire il coinvolgimento diretto di governi terzi al conflitto, ha riferito dello scontro tra l’esercito ucraino e un gruppo di “volontari serbi”. “Volontari” che si troverebbero su entrambi i lati del conflitto in Ucraina e che per combattere in terra straniera percepirebbero compensi che variano – secondo il rischio dell’impresa – da un minimo di 1.200 dollari fino a raggiungere i 6.000 dollari al mese.
Ad offrire l’ingaggio per lavori in aree pericolose sono diversi siti internet. Dall’americano Danger Zone Job, che propone agli oltre 22.000 iscritti lavori in società di sicurezza private e di difesa degli affari militari in Ucraina, Iraq, Afghanistan e altri “luoghi pericolosi”, al russo Srpska.ru che si avvale della pagina Facebook “K-front” fondata da Alexander Kravchenko, grazie alla quale si può entrare in contatto ed ottenere l’ingaggio da parte di organizzazioni che forniscono mercenari sul fronte filo-russo dell’est ucraino.
Sul fronte opposto, a fornire mercenari a Kiev, oltre ai siti internet registrati in varie nazioni, ci sono anche i centri di reclutamento in Polonia e Ungheria.
Terrorismo
A differenza di quanto è di recente accaduto in Italia e Francia, che hanno sottovalutato il rischio della presenza di cellule terroristiche legate al fondamentalismo islamico ben strutturate sul territorio, gli spostamenti di tanti giovani che lasciano la regione di Sangiaccato per raggiungere i campi di battaglia vengono costantemente monitorati. Secondo i rapporti delle intelligence la strada seguita dai combattenti per raggiungere la Siria, che attualmente insieme all’Iraq rappresenta la meta più importante, passa attraverso la Turchia e i suoi campi di addestramento. La seconda via seguita è quella che passa attraverso la Bosnia e la Macedonia dove non è difficile entrare nei campi di addestramento, mentre la terza, meno seguita nella fase di partenza, è quella che passa attraverso i paesi europei.
Alcuni al soldo delle grandi potenze, altri, soprattutto i sostenitori del wahhabismo, pronti a combattere per l’Islam più radicale.
Solo nel corso della scorsa settimana la polizia kosovara ha arrestato 40 persone sospettate di aver preso parte ai combattimenti in Siria e in Iraq, sostenendo l’organizzazione terroristica ISIL e El Nusra.
L’operazione di polizia ha portato a scoprire il coinvolgimento di diversi leader religiosi locali nell’indottrinamento dei giovani e nel loro reclutamento e al sequestro di esplosivi, armi e munizioni che sarebbero dovute servire per portare a termine un attentato da effettuare in occasione di “un grande evento culturale.” Secondo fonti di polizia, l’obiettivo era il Documentary Film Festival a Prizren.
Se era difficile non sorridere amaramente ascoltando le dichiarazioni del ministro dell’Interno francese, Beranrd Cazeneuveil il quale sembrava aver scoperto soltanto qualche settimana fa l’esistenza di estremisti islamici in Francia (“Ci sono persone che reclutano degli jihadisti”, ha spiegato il ministro intervenendo ai microfoni di Europe 1), c’è soltanto da piangere nel vedere come vengano sottovalutati gli incoraggiamenti e gli inviti ad estremisti islamici a compiere attentati spiegando loro come realizzare esplosivi in casa e dando precise indicazioni sui bersagli da colpire, veicolati dai social network e tramite la rivista portavoce dell’organizzazione terroristica reperibile in rete in formato Pdf.
Italia
Non diversa da quella francese, se non in peggio, è la situazione italiana dove il rischio di intervenire “un istante dopo”, e non “un istante prima” come dal titolo del libro di Dambruoso, si manifesta in tutta la sua drammaticità con l’arrivo di terroristi con “regolare visto d’ingresso”. In Italia infatti, oltre al rischio di cellule già presenti sul territorio e a quello di jihadisti di ritorno dalle aree di guerra, abbiamo sommato quello di un paese – come riportato da Repubblica – che vede coinvolta in un’indagine della Polizia europea l’ambasciata italiana di Pristina che ha rilasciato a pericolosi islamisti di origine kosovara “regolare visto d’ingresso” nel nostro paese.
I “visti facili” sembra fossero “in vendita” all’ambasciata italiana alla modica cifra di 3.500 euro. Tre i terroristi individuati, dei quali uno si è già fatto saltare in aria in un attentato in Iraq, mentre due potrebbero ancora trovarsi su territorio italiano.
L’inchiesta, coperta dal massimo riserbo, oltre che alcuni contrattisti dipendenti dell’ambasciata, vede coinvolto lo stesso ex ambasciatore italiano a Pristina, il quale al momento non risulta indagato, ma che nei mesi scorsi è stato rimpatriato e congedato rapidamente dal Ministero degli Esteri.
Un istante prima? Forse, a seguito di questi fatti, l’ex magistrato Dambruoso dovrebbe cambiare il titolo del suo libro…
Gian J. Morici