Mentre arrivano le prime conferme alle testimonianze che avevamo raccolto in merito a droni che avrebbero sorvolato ieri la Libia alla ricerca di siti “jihadisti” collegabili all’attentato al consolato USA di Bengasi, nel corso del quale hanno perso la vita l’ambasciatore americano Christopher Stevens e altre tre persone, il mondo arabo s’infiamma indignato dal film anti-Islam, il cui autore sarebbe Nakoula Basseley.
Un alto ufficiale degli Stati Uniti avrebbe affermato che le informazioni raccolte dai droni non saranno utilizzate per attacchi da parte degli americani, ma verranno consegnate ai funzionari del governo libico lasciando che siano le truppe libiche ad attaccare quei siti.
Intanto, si moltiplicano gli attacchi e le minacce alle ambasciate U.S.A. in diversi Paesi del mondo arabo.
Ma cosa sta accadendo realmente in Libia e nelle altre nazioni, e soprattutto, era prevedibile tutto questo?
La verità, come spesso accade, non è netta. I futuri assetti geostrategici mondiali devono ancora fare i conti con la storia, visto che i processi che hanno dato luogo alle rivolte non si sono ancora conclusi.
Sotto il profilo culturale forse il termine “ Primavera araba” non risponde alla realtà, dato che i processi di democratizzazione di un Paese rischiano di cancellare il ricordo e l’identità storica di un popolo. Ma “Primavera” può anche significare la nascita di un qualcosa che oggi non siamo in grado di giudicare.
Mentre gli opinionisti, più o meno qualificati, si dividono tra quanti favorevoli ai vecchi regimi e quanti favorevoli al popolo dei ribelli, si finisce spesso con l’ignorare, più o meno consapevolmente, che alla base di ogni rivolta c’è un popolo che soffre e che viene poi strumentalizzato.
Ma non potrebbe esserci strumentalizzazione alcuna se non ci fosse il malessere sociale.
Governi trentennali o più, in paesi laddove la democrazia è inesistente, finiscono con il dar luogo alla nascita di sacche di resistenza. Se poi il malumore dilaga e le manifestazioni vengono represse in un bagno di sangue, non è difficile comprendere come la miccia della rivolta sia già accesa e pronta ad essere fomentata da chi ne ha interesse.
Diversamente da quanto accadeva in passato, i movimenti di protesta non mirano alla sostituzione di alcuni leader politici o al rovesciamento di un intero governo, ma guardano ad un processo di trasformazione sociale il cui traguardo è quello di una democrazia.
Tant’è, che gli stessi rivoluzionari che si ribellano al proprio dittatore, si ribellano anche al dominio che gli Stati Uniti e di Israele hanno esercitato in passato – o vorrebbero esercitare in futuro – tramite una classe politica serva. Un sentimento panarabo, contrario alle forme di governo dittatoriali, ma contrario anche all’imperialismo, al sionismo, alla dipendenza dalla Russia.
Un processo politico e sociale che non si concluderà nell’arco di pochi anni, e che sembra più una chimera che una possibile realtà. È infatti impensabile che nel breve termine si possa arrivare alla conclusione di un processo nato da decenni di malessere, in paesi laddove differenze sociali, credo religioso e persino differenze linguistiche, creano non poche difficoltà alla nascita di un governo sovrano.
La nascita di un sentimento panarabo, è quanto di più preoccupante possa esistere per paesi come gli Stati Uniti, Israele, ma anche per la stessa Russia. Un timore a fronte del quale la scelta non può che essere una: il controllo del territorio.
Fallito il tentativo di deviare questi movimenti dal loro obiettivo centrale, persa la possibilità di controllo politico del territorio, gli Stati Uniti si sono giocati l’unica carta possibile: la manipolazione dei media occidentali per nascondere il fallimento politico e l’alibi che può portare al controllo militare dell’area.
Non è diversa la perdita d’influenza da parte della Russia, alleata dei vecchi regimi, e che oggi non può contare sul fatto che i rivoluzionari vadano a formarsi lì, così come accadeva quando c’era ancora l’Unione Sovietica.
Fin quando penseremo di poter esportare “democrazia” con l’uso delle armi, non esisterà la pace. Inutile dividersi sul fatto che dietro l’una o l’altra fazione possano esserci gli interessi d’Israele, degli Stati Uniti o della Russia. Inutile agitare lo spauracchio degli Ayatollah o dell’Arabia Saudita e delle formazioni terroristiche dei due paesi.
Si poteva evitare l’attentato al consolato americano? A nostro avviso sì. Appena qualche giorno prima, avevamo pubblicato un articolo che riguardava la Libia, il nuovo premier, gli interessi economici di una classe politica inadeguata ancor prima di nascere, e soprattutto, di un attentato tramite un’autobomba parcheggiata nelle vicinanze della sede della sicurezza nazionale.
Una Peugeot carica di esplosivo che avrebbe dovuto essere controllata, ma così non è stato…
E così, come avevamo previsto, la stampa occidentale sarebbe tornata ad interessarsi della Libia, dell’Egitto e degli altri Stati, solo quando la “notiziabilità emotiva” degli eventi lo avrebbe richiesto. Sarà un caso? Era così difficile prevedere quello che è poi si è verificato?
Non sarebbe stato compito dell’informazione seguire gli avvenimenti del dopo Gheddafi? Non sarebbe stato compito della stampa informare il resto del mondo durante le dittature nei vari paesi africani? Abbiamo taciuto. E continuiamo a tacere lasciando alle armi e alle occupazioni militari dei territori l’ultima parola.
Mentre noi ci dividiamo in tifoserie facendoci distrarre da chi a questo mira, migliaia di civili, donne, vecchi e bambini, muoiono sotto le bombe dei dittatori e dei presunti liberatori.
Tirannia e democrazia pare che non conoscano altra voce se non quella degli spari e delle urla di dolore…
Gian J. Morici
Il mondo e’ indignato per quello che questi animali hanno fatto , e’ assurdo che si cerchi una giustificazione.
chi semina vento raccoglie tempesta……
stanno cercando di fare in siria quello che hanno fatto in libia, in iraq, in afganistan,ecc..ecc.. in siria i terroristi vengono aiutati dagli stati uniti finanziariamente e con ingenti forniture di armi, che si aspettevano dal popolo libico i confetti? guardate come li hanno ridotti!
E di mezzo come sempre ci andrà la povera gente.