Mio caro rappresentante della odierna classe politica. Mi rivolgo a te che sei stato simbolo di un cambiamento storico in Italia. A te che hai contribuito a smontare la vecchia classe politica. Hai fatto come chiunque sia stufo di avere sotto la grondaia un barile pieno di vermi. Hai dato un sacrosanto calcio mandandolo in frantumi. I vermi sono scappati ma non sono andati molto lontano. Da bravi animali stanziali hanno trovato altri buchi disposti a ospitarli per amore o per forza, per il ricatto di quello che sapevano e avrebbero spifferato. Quel fenomeno storico-mediatico processualpopolare si chiamò opportunamente “mani pulite”.
Di quell’epoca restano nomi cancellati dalla scena politica, alcuni però solo apparentemente gente che ha confessato un giro di tangenti che faceva impallidire. Corruzione che pensavamo giunta al massimo, dalle mie parti si dice che la Democrazia Cristiana la votavano tutti perchè mangiava ma faceva mangiare, ma pensavamo tutti ci fosse un limite alla decenza. Non sapevamo che quel limite non lo avremmo percepito navigando ancora in mezzo alla nebbia e non riuscendo a trovare il cartello con la scritta “ora basta”.
In questa sarabanda di storia è successo quello che il cittadino medio ormai teme e auspica. La classe politica quando si sente minacciata provvede a sé stessa. Come quegli organismi che si auto generano. Chi stava al potere ha provveduto a una serie di condoni e interventi legislativi di prescrizione. Insomma tutte quelle leggi che ancora non venivano chiamate ad personam. Non erano su misura forse, ma erano confezionate benissimo per consentire che i brontosauri di partiti politici al timone non facessero nemmeno un giorno di galera, o per prescrizione o per allontanamento dal suolo patrio, un ministro li aiutò più che concretamente . Hanno pagato in pochi, pochissimi. In mezzo una strana messe di suicidi quantomeno da guardare con formula dubitativa, che credo sia ormai speculata nei fascicoli dei tribunali penali. Di sicuro faceva uno strano effetto vedere futuri padroni del paese testimoniare già allora sul finanziamento illecito ai partiti, come testimoni e nulla più. ma la colpa del fatto di avere scontato in pochi non è vostra, è della politica che si è appunto automedicata. Questo è sacrosanto.
Indubbiamente è stata una stagione di aria fresca. Vedere alla sbarra politici con le fauci secche e la bava, in difficoltà, che ammettevano che c’erano stati magheggi nei finanziamenti e pagamenti di pizzo (al nord lo chiamano con più stile..) dava una passata di balsamo a parecchi cuori. In tanti pensavano che la primavera palermitana antimafia stava esplodendo in un fiorire di procure agguerrite.
A Palermo però nel frattempo la primavera si spegneva, mentre voi cominciavate a compiere arresti e avvisi di garanzia. Falcone emigrava a Roma. Diventando Direttore degli affari penali, dopo che per ben due volte gli fu negata la poltrona più importante del Tribunale di Palermo con scuse risibili. Tra le più ilari “non può stare a capo di un Tribunale in quanto capace magistrato che verrebbe sottratto alla lotta operativa alla mafia”, oppure “bisogna sempre privilegiare l’esperienza e l’anzianità in ruoli così delicati”. Quando si ipotizzava la possibilità di creare un “superprocuratore antimafia”, figura fortemente voluta da Falcone e per la quale lo stesso Falcone fu ritenuto inadatto.
Vorrei farvi una domanda. Qualcosa che non mi torna a distanza di anni. A volte i passaggi epocali si fermano davanti a un nonnulla. Un errore umano. Una fotocopia non fatta. Nel periodo in cui Falcone era Direttore agli affari penali con Ministro della Giustizia, Claudio Martelli, chiese epressamente alla vostra procura alcuni fascicoli di indagine.
I poteri che Falcone stava ottenendo ma di fatto già esercitava gli consentivano di relazionarsi liberamente con tutti i Tribunali, per avere una visione organica. In più aveva una convinzione che adesso tutti si autoattribuiscono quando parlano di mafia e politica. Solo che lui ci arrivò prima degli altri, diceva che la mafia non uccideva a caso, anzi l’omicidio era la misura estrema, alla mafia interessava fare affari in silenzio.
Pertanto bisognava puntare a individuare i movimenti economici, le canalizzazioni di denaro che si muovevano da sud a nord, per investire in edilizia e alta finanza e industria. Verso Milano come meta preferita. Lui fu il primo che dimostrò che la mafia è un teorema non una accozzaglia di gente presente solo in Sicilia, lui insieme a Chinnici e Cassarà, cercò di trovare i collegamenti economici, perché convinto che dietro quelli ci fosse la politica. Infatti andarono anche in galera o vennero inseguite fino allo sfinimento le rappresentanze politiche più colluse con Cosa Nostra.
Su Milano, da Direttore dipendente dal Ministero di Grazia e Giustizia, Falcone aveva posato gli occhi, la convinzione era che c’erano alcuni imprenditori collusi che di fatto si relazionavano direttamente con la mafia. Erano partite molte inchieste penali fruttuose che arrivavano a Parma e sotto la Madonnina. Per lui era lì che bisognava concentrarsi per il nuovo lavoro di uncinetto processuale. Insomma mancava qualche tassello. Che si otteneva tramite una parola che adesso conosciamo per abuso individuale e smodato della rete. Connessione.
Falcone si rivolse a voi della Procura chiedendo alcuni fascicoli, per collegarli a alcune inchieste che lui coordinava, riguardavano alcune posizioni di latitanti da far combaciare con eminenti finanzieri.
Questi fascicoli arrivarono al suo ufficio, stando a quanto dichiarano anche due scrittori e giornalisti che si occupano di mafia tutt’ora.
Ma arrivarono vuoti. Solo la cartellina. Una beffa.
Più volte Falcone sollecitò, più volte non gli fu data risposta. Una volta si poteva pensare a un sabotaggio esterno, ma le successive mancate risposte?
A poco serve l’alibi che viene fornito ufficiosamente quando questa storia rara a palesarsi vien fuori. Non si fidavano del Ministero di Grazia e Giustizia, ovvero del datore di lavoro di Falcone, vista la posizione poco chiara di Martelli all’epoca.
Durante il lavoro di Falcone a Palazzo di Giustizia di Palermo, tranne Chinnici e Caponnetto, nessuno dei superiori diretti, dopo l’andata via di quest’ultimo avevano la sua fiducia, lui percepiva ostacoli e ostruzionismo. I superiori per il lavoro integerrimo di Falcone non erano mai un problema se non entravano scorrettamente e due dirigenti lo fecero spesso e volentieri dopo che Caponnetto era andato via. Martelli invece sembrava perfino appoggiarlo.
Di Falcone ci si poteva fidare, a prescindere da chi comandava sopra di lui, perchè ci metteva faccia e dignità, se tutti i collaboratori di giustizia volevano parlare con lui un motivo c’era. Era una persona seria. Cosa nostra anche quando si pente è molto attenta agli interlocutori. Perfino quando era a Roma alcuni “pentiti” lo chiamavano per confidenze non verbalizzabili.
L’invio dei fascicoli vuoti e il suo inutile sollecito a rimandarli furono commentati con amarezza da Falcone che disse a più persone a lui vicine “non si fidano nemmeno del loro diretto superiore”.
Qualcuno, alla sua morte, a microfoni semi-spenti contestò la presenza di alcuni membri del pool al funerale del giudice e della sua scorta e la loro vicinanza fisica al feretro. Dicendo che anche loro lo avevano isolato. Sempre reperibili da giornali e libri queste informazioni. Nessuna invenzione.
La mia domanda è questa, è stata una bella epopea, un monumento alla pulizia politica. ma quel mancato invio di fascicoli magari meriterebbe una piccola spiegazione, magari qualcuno non ha fotocopiato, magari.
Si potrebbe spiegare la presenza di questa piccola macchia sul monumento? Una volta per tutte. Affinchè si rimuova.
(Gli scritti di Zanca, sono pubblicati dai siti “Informare per Resistere (clicca qui) e Beneficio D’Inventario (clicca qui)