Agrigento – La notizia che una donna ventenne di origine rumena – scrive Calogero Miccichè coordinatore di Sinistra e Libertà – residente nella nostra provincia, dopo aver partorito un bambino decide di affidarlo ai medici dell’ospedale San Giacomo d’Altopasso di Licata, è senz’altro un segnale di grave di assoluta povertà sociale che sta attraversando la nostra provincia. Questo avvenimento, a prescindere dalla storia personale di questa giovane donna, che tra l’altro non conosciamo e non sarebbe giusto esprimere giudizi morali, ci deve soprattutto far riflettere sul perché si possa arrivare a questo estremo gesto di rifiuto del proprio figlio, di accudirlo in prima persona.
C’è stato il tempo in cui ciò era più difficile che accadesse – continua Miccichè -, per via del fatto che interventi interfamiliari o istituzionali garantivano una dignitosa soluzione, soprattutto umana. L’eventuale affidamento non deve farci sentire più tranquilli dato che i tempi dell’affido saranno molto lunghi, privando lo sfortunato neonato di un indispensabile ed urgente bisogno di calore e cure materne o paterne. La ruota o il “baliato” di vecchia memoria non esistono più, e il nostro sfortunato figlio “d’anima” (come un tempo si usava dire) dovrà attendere nelle asettiche culle ospedaliere il necessario iter burocratico prima di essere accudito e cullato nelle calde braccia di una mamma.
E credo che a questo punto dobbiamo dirla tutta: questa vicenda di reale e cruda povertà non è altro che la punta dell’icerberg di un malessere sociale molto più grave ed esteso di quello che appare in superficie. Ed anzi, bisogna dire che questa giovane donna ha assunto una decisione, sicuramente molto sofferta, ma umana sul piano della riduzione del danno, rispetto a tanti altri casi di inenarrabili infanticidi di indifese creature che hanno riempito le cronache.
La federazione provinciale di Sinistra ecologia e libertà di Agrigento e il circolo di Licata ha sentito il dovere di sollevare questa triste storia per avviare una riflessione sul piano del costume sociale, umano ed economico della nostra provincia, classificata tra le più povere d’Italia, ma soprattutto vuole ribadire che questa storia è anche frutto dei tagli dei finanziamenti allo stato sociale portati avanti dai governi berlusconiani a livello nazionale, quelli lombardiani a livello regionale, a scapito delle classi più povere della regione.
Lo stato sociale che si rispetta in un paese democratico – conclude Miccichè – dovrebbe essere in primo piano nell’azione politica di tutela verso i minori che, assieme ai cittadini bisognosi, dovrebbero essere aiutati e non abbandonati a loro stessi; a causa di questa scellerata politica berlusconiana dei tagli ai comuni, specie nel campo dei servizi sociali, si sono smantellati i presidi di servizi sociali che bene o male garantivano il minimo sostegno alimentare. Infatti non ci sono più soldi per il sostegno alle famiglie, ne per le ragazze madri, ne per vedove ed orfani, ne per portatori di handicap, ne per i disoccupati cronici, ne per gli immigrati, che senza favorirne l’integrazione vengono spinti alla ghettizzazione. Quindi, a prescindere questo singolo e triste caso della giovane donna che abbandona il proprio figlio perché non è in grado economicamente di sostenerlo, un intervento dei servizi sociali del comune attraverso un sostegno economico alle cosiddette “ragazze madri” potrebbe evitare il trauma dell’abbandono materno.