Silvio è triste. Ha appena 75 anni, non ha ancora raggiunto quei 120 che ormai in molti definiscono la possibile meta alla quale arrivare. Il look rifatto, i capelli trapiantati, la cipria e la pompetta sotto l’ascella, non hanno fatto il miracolo nel quale sperava.
Sulle pagine dei giornali di tutto il mondo – notoriamente comunista -, la storia che lo vede protagonista di una squallida vicenda legata alla prostituzione minorile.
Ma quello che gli fa più male, è scoprire dalle pagine dei giornali che tutte quelle sante donne che se lo coccolavano, lo facevano solo per denaro e non per amore.
A cos’è servito allora fare il lifting, trapiantarsi i capelli, indossare le scarpe rialzate per sembrar più alto, montare quella pompetta sotto l’ascella, se poi quel che conta è solo quanto paghi?
“Non me ne fotte un c… se lui è il presidente del Consiglio o, cioé, è un vecchio e basta – pare abbia detto di lui la Minetti – A me non me ne frega niente, non mi faccio prendere per il culo. Si sta comportando da pezzo di me… pur di salvare il suo culo flaccido”.
Del ‘pezzo di me…’ non gl’importa, ma ’culo flaccido’ a lui non lo aveva mai detto nessuno. Ripensa alla sua pompetta sott’ascellare e un dubbio lo coglie: ‘…che oltre a quella per il davanti, avrei dovuto pensare a metterne una anche per gonfiare il didietro?”
Per distrarsi un po’ e cercar conforto negli astri, legge il segno zodiacale.
Bilancia: “La posizione difficile di Plutone vi trova meditabondi, o diffidenti, se la mettiamo da un altro punto di vista. L’ultima parte dell’anno sarà, per fortuna, più interessante. Con il vostro astro protettore, vale a dire Venere, in posizione favorevole, sia a Settembre, sia nella seconda parte di Dicembre, avrete più di qualche possibilità per venire incontro a certe occasioni che vi erano sfuggite precedentemente.”
Con quell’astro protettore (Venere), non vuol più avere a che fare, figurarsi poi sull’avere ‘più di qualche possibilità per venire’… Non è forse proprio da lì che partono i suoi guai?
Ruby Rubacuori, oltre che il cuore, gli ha toccato anche il portafogli – dicono per appena 5 milioni – altro che ‘culo’, come amava chiamarla lui. E se a questo si aggiunge quanto accaduto poi, ci si può ben rendere conto come neanche la pompetta idraulica riesca a fare il proprio dovere. Eh sì, ha proprio le ruote a terra Silvio…
È in quel momento che bussano alla porta.
– Avanti..
– Buongiorno Cavaliere…
Angelino fa capolino dalla porta. È giovane. A soli 41 anni è tra gli uomini più in vista del paese. Un prestigioso ruolo di Guardasigilli. Un fedelissimo del Cesare. Gli occhi del giovanotto si posano sulla scrivania del vecchio – proprio quello dal culo flaccido -, dove una bella lupa capitolina in bronzo fa bella mostra di sé.
Forse però non tutti sanno che “lupa” in latino significa “prostituta” ed è proprio da questo che prende il nome l’antico “lupanare” (bordello), ma questa, è un’altra storia. Voi dite che è la stessa? Ah sì, è vero, lo disse anche Dante nella Divina Commedia ‘Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta non donna di province, ma bordello!’. Avete proprio ragione, è la storia del nostro Paese…
Ma torniamo ai nostri due amici.
Silvio caccia indietro i suoi pensieri e torna a guardare il ragazzo che ha in mano alcuni quotidiani.
– Bunga bunga…?
– No Cavaliere… No grazie… è per…
– Ma cos’hai capito? Cosa credi, che sia così mal ridotto…? È vero che i giornali… ma da questo a pensar che volessi… E poi, caro Angelino, tu sei il Guardasigilli…
– Appunto Cavaliere, proprio di questo volevo parlarle. È da un po’ che qualche giornalaccio comunista mi definisce ‘Guardagingilli’… Lei capisce che… Insomma, non potrebbe mettere un sigillo… Un qualcosa che sia ben visibile a tutti? Se lei se lo sigillasse, nessuno più potrebbe fare illazioni di sorta e io in ogni caso potrei tornare ad essere un Guardasigilli…
– Angelino, non devi preoccuparti. In politica nulla è statico, tutto muta… Lo dice anche il mio oroscopo… “L’ultima parte dell’anno sarà, per fortuna, più interessante…”. vedrai che cambierà…
– Sarà anche come lei dice Cavaliere, ma io credo poco agli astri. Marte governa il mio segno (Scorpione), e l’elemento è l’acqua… Orbene, basta pensare che son nato ad Agrigento, notoriamente la città più assetata d’Italia, per rendersi conto di come a volte gli astri mentano…
Agrigento. Il solo aver nominato la più bella città dei mortali, così come la definiva Pindaro, gli riporta alla mente la crisi idrica, i crolli del centro storico. Due nell’ultimo mese. Entrambi in prossimità della via Gallo, la strada dove ad Agrigento si esercita il mestiere più antico del mondo.
Chissà perché al cospetto di Silvio la prima cosa che viene in mente è la parola sesso. Non rapporto sessuale, qual può esserci tra un uomo e una donna innamorati o comunque desiderosi l’uno dell’altra, bensì quel sesso a pagamento che si faceva negli antichi lupanari e che oggi pare aver trovato loco a villa Certosa o Arcore. Non in prossimità della Suburra, dove allora come oggi, accadeva spesso che nomi dell’alta società venissero coinvolti in storie di sesso anche nei più squallidi lupanari, ma direttamente in quelle che dovrebbero essere le dimore più nobili.
Ma di cosa meravigliarsi, se anche allora la moglie dell’imperatore Claudio, Messalina, aveva la sua cella riservata dove a buon prezzo si prostituiva con lo pseudonimo di Lycisca, finché «esausta per gli amplessi, ma mai soddisfatta, rincasava: con le guance orribilmente annerite e deturpata dalla fuliggine delle lampade, portava la puzza di bordello nel letto dell’imperatore»?.
Di cosa meravigliarsi se già allora, per evitare «il volgare e sudicio lupanare» i romani più ricchi si facevano venire le prostitute in casa e vi erano anche locali per gli uomini “migliori” come il lupanare costruito sul Palatino, di proprietà dell’imperatore Caligola, dove esercitavano donne di classe e fanciulli liberi le cui prestazioni venivano pubblicizzate al foro da un dipendente imperiale che «invitava giovani e vecchi a soddisfare le loro voglie»?.
Certo, allora non c’erano magistrati e giornalisti comunisti che andavano a curiosare…
Ma perché ci pare tanto strano ciò che accade? Perché accanirsi contro chi ha imparato che la vita è una sola e tanto vale godersela?
Perché per una volta non spezzare una lancia in favore di Silvio, che incarna in sé lo spirito italico, custodito integro dopo quasi 2000 anni, come se il tempo non avesse lasciato segno?
C’è un posto in Italia, dove il tempo si è fermato: Pompei.
All’alba di quel giorno del 79 apparve sul Vesuvio una grande nuvola a forma di pino. Alle dieci del mattino i gas che premevano dall’interno fecero esplodere la lava solidificata che ostruiva il cratere del vulcano, riducendola in innumerevoli frammenti, i lapilli, i quali furono scagliati su Pompei, insieme con una pioggia di cenere così fitta da oscurare il sole. La città cessò d’esistere quello stesso giorno, rimanendo per secoli sepolta sotto una coltre d’oltre sei metri di cenere e lapilli.
Oggi Pompei ci appare in quasi tutta la sua estensione e ci riporta al giorno in cui il destino fermò il corso della sua storia. Le scritte elettorali sui muri, le suppellettili domestiche, le botteghe, tutto sembra ancora vivo: la tragedia di Pompei non ha distrutto la città, vi ha solo fermato il tempo per restituircela con l’aspetto che essa aveva in quel preciso giorno del 79.
Lungo Via del Vesuvio, al n. 26, è la Casa di Lucio Cecilio Giocondo, nella quale furono rinvenuti alcuni aspetti della città (il Foro, il Castellum Aquae, la Porta Vesuvio) durante il terremoto del 62. Ma la fama di quest’abitazione è dovuta allo straordinario rinvenimento dell’archivio di cassa del proprietario, composto da ben centocinquantaquattro tavolette cerate (trovato in una stanza sopra l’esedra a sinistra del peristilio).
Ma chi era Lucio Cecilio Giocondo e perché è tanto importante per la nostra storia?
Lucio Cecilio Giocondo era un banchiere.
Sulle pareti della sua villa pompeiana, accanto ad affreschi erotici, campeggia una scritta: “maledetto colui che non è in grado di godere.
Nella sua casa, venne rinvenuta una cassetta, all’interno della quale si trovavano 153 tavolette cerate, costituenti l’archivio di cassa del banchiere, nelle quali appuntava meticolosamente quietanze, interessi e tutto ciò che riguardava l’amministrazione del denaro.
Qualcuno sostiene che dalla contabilità, si evincono delle falsificazioni.
Falso in bilancio dunque?
No. Se anche fosse vero, oggi la definiremmo “contabilità creativa”.
Cecilio Giocondo è morto, ma ci ha lasciato in eredità 253 tavolette contabili (creative?) e assieme ai suoi bellissimi affreschi erotici, anche un consiglio: “maledetto colui che non è in grado di godere.”
Proviamo per un attimo a immaginare questa scena della Pompei del 79 (o 69?): Lucio Cecilio Giocondo sul divano, attorno cantanti, ballerini e donne, belle donne. “Lupe” o non “lupe” ha poca importanza.
Berlusconi: cantanti, ballerini e donne. Minorenni o non minorenni ha poca importanza.
E che forse l’immagine che ritrae il primo ministro ceco Topolanek, nudo, e con la sua virilità “viagrosa” non sarebbe stata degna di essere affrescata nella sala d’attesa di un Lupanare o nella casa di Lucio Cecilio Giocondo, magari accanto a quella del Satiro con la mano sul seno di una Menade o accanto a quella delle due donne con un uomo sul divano?
Perché dunque apprezzare gli affreschi della casa di Cecilio Giocondo o dei lupanare e criticare quanto sappiamo delle dimore di Silvio?
A Pompei un Satiro sul divano e due ragazze nude sono arte, mentre in Sardegna due ragazze nude sdraiate e un Satiro in piedi, diventano motivo di critica.
È forse un problema di posizione? È il Satiro a dover stare sdraiato coprendo così quella “viagrosa” virilità che vanta?
Chi non vorrebbe vivere come Lucio Cecilio Giocondo o, avendo Fede, come Silvio?
Siamo certi che aspiriamo a una vista di fatica, di lavoro, di difficoltà per arrivare alla fine del mese?
Siamo convinti che il popolo cerchi la serietà, la moralità, l’onestà e non il benessere, l’allegria, il piacere?
E se a questo ci aggiungiamo la possibilità di farlo a spese degli altri, quale maggiore soddisfazione? Quale italiano rinuncerebbe a tanto e in nome di cosa?
È a questo che pensa Angelino, mentre nel lasciare la stanza cammina a ritroso. Paura ancora per quel ‘bunga bunga’ pronunciato dal premier al suo ingresso? Questo non lo sapremo mai. Quel che è certo, che il suo pensiero corre ad un altro suo predecessore agrigentino. Quel Nicolò Gallo, Ministro di Giustizia, che finiti i tempi dell’università, da giovane avvocato, si dedicò all’attività forense nella sua città natale, trovando anche il tempo di occuparsi di letteratura componendo liriche, tragedie e saggi critici. Quel Nicolò Gallo degli anni della politica, dell’impegno in difesa delle libertà politiche, del desiderio che si potesse un giorno arrivare al suffragio popolare.
Quel suo predecessore che comparsogli in sogno, ebbe a dirgli: “Angelino, per tant’anni mi son chiesto cosa avessi fatto a questa città ingrata. Mi hanno dedicato un Istituto scolastico e l’unica strada che si chiama “via Gallo” è quella dove esercitano le puttane. Ma tu ci pensi ntra cent’anni a tia soccu t’hannu a dedicari? (Ma tu ci pensi fra cento anni a te cosa dovranno dedicare?)”.
Eh sì Angelino, a te, tra cento anni, cosa dovranno dedicare?
Gian J. Morici