Aveva ragione Falcone quando affermava “Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che cercano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi”?

Probabilmente sì, e la storia che leggerete, degna di “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” sembrerebbe dimostrarlo, a meno che non si voglia ritenere che gli uomini delle nostre Istituzioni siano una massa di incompetenti o di egocentrici a caccia di trofei.
“Er pasticciaccio” è iniziato infatti con un “banale” terremoto in Procura, ma le ombre nascoste sembrano offuscare trame ben più sottili, che conferiscono a questa storia ingarbugliata e ricca di colpi di scena, le connotazioni di uno spy movie.
In questa sede, oltre alla storia, vogliamo spingere al ragionamento, nella speranza di fare luce e chiarezza.
Ci riusciremo? Ai posteri l’ardua sentenza.
Il fatto
Il 16 aprile i Ros hanno tratto in arresto il colonnello Marco Zappalà (in servizio alla Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta), che negli ultimi tempi stava svolgendo indagini riservate sulla riapertura a Caltanissetta dei processi per le stragi di Capaci e via D’Amelio.
Con lui è stato arrestato anche Giuseppe Barcellona, appuntato dell’Arma in forza alla Compagnia di Castelvetrano. Quest’ultimo aveva ricevuto l’incarico di trascrivere alcune intercettazioni, che, come vedremo, diventeranno il punto cruciale dell’indagine.
Le intercettazioni svelate
L’ appuntato Barcellona era incaricato di seguire alcune delicate intercettazioni disposte dalla procura di Palermo. Nel corso di una di queste intercettazioni, due fiancheggiatori parlavano del funerale di Lorenzo Cimarosa (cugino del super latitante Messina Denaro), divenuto collaboratore di giustizia.
Nelle intercettazioni i due accennavano al possibile nascondiglio di Messina Denaro.
Barcellona, dopo aver fotografato quattro pagine delle trascrizioni, le girò al colonnello Zappalà il quale, dalla sede della Dia di Caltanissetta, le inoltrò via email ad Antonino Vaccarino (anch’egli arrestato il 16 aprile).
Il pc di quest’ultimo era tuttavia soggetto a intercettazioni da parte dei carabinieri del Ros, pronti ad estrapolare le pagine.
Dai documenti si evinceva che il funerale di Cimarosa era stato organizzato da Vincenzo Santangelo, titolare di un’agenzia di pompe funebri, arrestato nel 1992 per mafia e droga insieme con Vaccarino.
Durante la conversazione, i fiancheggiatori criticavano Santangelo per non aver fatto pagare le spese della cerimonia funebre ai familiari di Cimarosa (visto che era ormai diventato un pentito).
Vaccarino – secondo l’accusa – veniva intercettato a sua volta mentre consegnava le trascrizioni ricevute dal colonnello a Santangelo, bisbigliando la frase “Con l’uso che sai di dovere fare e con la motivazione che la tua intelligenza sa che mi spinge”.
Vaccarino/Svetonio

Il terzo uomo arrestato è Antonio Vaccarino, ex Sindaco di Castelvetrano (arruolato dal Sisde come informatore dal generale Mario Mori).
L’ex sindaco, prima condannato (1995) e poi assolto (’98) dall’accusa di associazione mafiosa, era riuscito ad agganciare Matteo Messina Denaro e l’operazione (Golem 2) avrebbe dovuto portare all’arresto del super latitante.
I suoi rapporti con Messina Denaro iniziarono nel 2004 quando il boss gli scriveva affibbiandogli il soprannome di “Svetonio” e chiedendogli di chiamarlo “Alessio”.
Tale collaborazione con il Sisde venne comunicata a Pietro Grasso, all’epoca dei fatti capo della Direzione nazionale antimafia.
Nei giorni successivi alla comunicazione alla Direzione nazionale antimafia, a causa di una inspiegabile fuga di notizie, la collaborazione di Vaccarino finì su tutti i giornali, compromettendo l’esito dell’operazione stessa.
Vaccarino, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, a seguito di alcune intercettazioni, si difese davanti ai magistrati di Palermo, sostenendo di essere un informatore, con l’avallo del generale Mori (poi condannato nella c.d Trattativa Stato Mafia).
I servizi segreti confermarono. “E’ un nostro infiltrato”.
L’inchiesta venne archiviata, ma riguardo alla fuga di notizie nessuno indagò…
Ombre e dubbi rimangono…

Utile ricordare che Vaccarino venne arrestato in regime di 41/bis per associazione mafiosa, a seguito delle rivelazioni del pentito Vincenzo Calcara, e non solo sue, accuse ritenute successivamente infondate, riportando una condanna per traffico di droga.
Perché Calcara, che si dichiarò “uomo d’onore riservato” di Francesco Messina Denaro, accusò Vaccarino di essere ai vertici di “cosa nostra” nel trapanese, omettendo di fare il nome di Matteo Messina Denaro che all’epoca, come appurato successivamente, aveva un ruolo di primo piano nella consorteria mafiosa, a tal punto da sostituire il padre in più circostanze? Calcara venne forse strumentalizzato? Da chi?
Inoltre, perché Calcara è stato ritenuto attendibile per certe informazioni e non attendibile per altre?
Si può essere “pentiti a metà”?
A quanto pare sì, anche se questa sembra una cosa assurda!
Vaccarino distrutto
Sta di fatto che Vaccarino bruciò la sua carriera politica (venne definito “l’astro nascente della Dc”) e la sua credibilità a causa di accuse di pentiti che poi si sono rivelate infondate. Accuse che favorirono così il primo depistaggio sociopolitico, che consentì alla mafia il compimento delle stragi e l’abbattimento del sistema politico Italiano con il massacro di tutti i Partiti tradizionali?
Tanto per ricordare
Scontri interni alle procure, li troviamo in ogni tempo, tanto per citare qualche esempio, anche ai tempi delle indagini sulla Gas spa, società che ha operato in Sicilia nel campo della metanizzazione dal 1980 fino ai primi anni del 2000. Affari con cifre da capogiro, che vedevano Ezio Brancato e Gianni Lapis (soci fondatori della Gas spa) partecipare ai protocolli di legalità, insieme a magistrati e prefetti, appaltando poi i lavori alle imprese locali, a seguito di accordi raggiunti dai titolari di queste imprese e gli amministratori della Gas spa (Ezio Brancato) che tra i soci occulti annoverava Vito Ciancimino, coinvolto alla fine degli anni ’70 da Salvo Lima.

Appalti su appalti, spesso affidati ad imprese legate a “cosa nostra”, fino a quando la società Gas spa viene venduta a un colosso spagnolo e, nel 2002, nel corso dell’inchiesta sul “tesoro” di Vito Ciancimino, i magistrati di Palermo non indagano sul gruppo. Un’indagine che nel 2005 porterà al sequestro di circa 60 milioni di euro, ovvero il ricavato in denaro della vendita delle quote del gruppo Lapis, ritenendo che solo queste siano riconducibili a Vito Ciancimino, ignorando dunque la parte relativa al gruppo Brancato, che, secondo quanto dichiarato da Massimo Ciancimino, era il prestanome del padre.
Una vicenda che fece enorme clamore, visto che le eredi di Ezio Brancato (morto nel 2000) entrarono in contrasto con Lapis che ricordò alla moglie del Brancato, Maria D’Anna, le obbligazioni nei confronti di Vito Ciancimino. Tra querele, accuse e indagini, la procura di Palermo, diretta da Pietro Grasso, sequestrò solo i proventi del gruppo Lapis e non quelli delle eredi di Ezio Brancato, la cui figlia, Monia, sposa il figlio di Giustino Sciacchitano, dal 1997 sostituto procuratore alla Direzione Nazionale Antimafia, nel 2012 Procuratore nazionale antimafia aggiunto e dal 27 dicembre a luglio 2013 a capo della Procura nazionale antimafia.
Una vicenda complessa, quella della Gas spa, che approdò ai tavoli di diverse procure (Palermo, Caltanissetta, Catania) creando non poche spaccature interne.
Come recita sentenza, la società gas di Ciancimino “è cresciuta grazie all’apporto di Bernardo Provenzano”
Eppure Grasso ordinò il sequestro di metà società, lasciando libera l’altra.
I recenti arresti – Ipotesi
Secondo i magistrati, Zappalà avrebbe potuto consegnare a Vaccarino notizie segrete attinenti alle indagini in corso sul territorio di Castelvetrano con lo scopo di consentire allo stesso di accreditarsi con esponenti mafiosi quale soggetto dotato di canali privilegiati in grado di fornire loro in tempo reale notizie segrete sulle attività investigative, in modo che il Vaccarino potesse ottenere a sua volta indicazioni confidenziali inerenti alla latitanza di Matteo Messina Denaro. In attesa di ulteriori sviluppi e di conoscere meglio gli aspetti inerenti le indagini, una domanda nasce spontanea: Perché la stessa ipotesi non viene accreditata per il Vaccarino?
Matteo Messina Denaro è ancora latitante. Cosa e chi ha coperto la sua lunghissima latitanza?
Magari perché verrebbe fuori quel pericoloso connubio tra appalti/ mafia/ politica/imprenditoria sul quale stavano lavorando prima Falcone, poi Borsellino, che ne ereditò (a sua richiesta) le indagini?
Forse non tutti sanno che Borsellino ebbe l’ok a procedere il giorno in cui venne ucciso, motivo per cui si potrebbe ipotizzare che stesse seguendo la pista giusta…
Simona Mazza