Quello che viviamo è un tempo di immensa confusione.
A guardar bene, però, tutta la storia dell’umanità è intessuta di grande caos.
Forse perché dal caos dell’universo proveniamo e da quello è impossibile separarci.
La legge che regola l’universo, tuttavia, prevede che dalla confusione nasca l’ordine e dall’ordine nuova vita.
Provare ad applicare il principio a ciò che accade in questi giorni – ammetto – è davvero difficile.
Ma dobbiamo tentarci lo stesso, se non altro a ragione del fatto che non abbiamo alternativa.
Avrete compreso che sto parlando di Giustizia o, meglio, di ciò che resta nelle menti dei cittadini dopo la distruzione del Trojan.
Che strano affare questo; molto simile a quello che accadde – circa duemilacinquecento anni fa – nel paese degli Atrìdi.
La sintesi, mirabile, la diede Ovidio in un suo verso: “Iam seges est ubi Troia fuit“.
Un modo per dire che adesso sono solo campi inariditi là dove, un tempo, si ergeva una grande civiltà.
Lo sguardo di coloro che credono nella Giustizia è disorientato e annichilito, come doveva esserlo quello dei troiani nel vedere la loro città distrutta dal fuoco.
In quello scenario di distruzione restano solo i silenzi di chi non ha più voce e le grida confuse dei sopravvissuti i quali, l’un contro l’altro, si addebitano le cause della disfatta.
Tra questi silenzi e queste grida proviamo a trovare una ragione di Verità (che, comunque, non potrà servire a ridarci ciò che si è perduto).
La metafora rende la storia degli accadimenti e così può dirsi che la città della Giustizia fece entrare tra le sue mura il cavallo di Troia della politica che la distrusse.
Non è più utile adesso chiedersi quale cecità ha permesso che tutto ciò accadesse.
La cosa più importante ed urgente – adesso – è ricostruire la città ancor più forte di prima e realizzarla a prova di ogni possibile attacco dalla politica.
Tuttavia, una parola dovrà essere pur proferita nei confronti di coloro che, tradendo il sacrificio di tanti, permisero l’ingresso dell’equino politico dentro le mura.
Quella parola che avete pensato, ebbene, io l’ho pensata insieme a voi…
Lorenzo Matassa