È stato condannato, dal Tribunale di Marsala, a sei anni di carcere Antonio Vaccarino, l’ex sindaco di Castelvetrano che era stato arrestato il 16 aprile del 2019 insieme al colonnello della Dia di Caltanissetta Marco Alfio Zappalà e all’appuntato scelto dei carabinieri Giuseppe Barcellona, entrambi condannati oggi dal gup di Palermo Annalisa Tesoriere, il primo a quattro anni di carcere e il secondo a un anno.
Il processo era scaturito da un’indagine su una presunta fuga di notizie che riguardavano il boss latitante Matteo Messina Denaro. Secondo l’accusa l’ex sindaco avrebbe ricevuto da Zappalà un’intercettazione (che gli era stata trasmessa dall’appuntato che ben conosceva e con il quale aveva in passato lavorato insieme) della quale a sua volta avrebbe rivelato il contenuto a Vincenzo Santangelo, titolare di un’agenzia funebre già condannato per mafia.
Una conversazione che riguardava due soggetti (non indagati, a differenza di quanto riportato da alcuni giornali, così come non indagato era il Santangelo) i quali parlavano del funerale del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa.
Nel corso del processo sono stati escussi diversi testi della difesa, tra i quali l’attuale procuratore aggiunto di Caltanissetta, Gabriele Paci, che nel ricostruire le deleghe affidate a Zappalà per riscontrare alcuni elementi necessari per il processo in corso a Caltanissetta, che vede imputato Matteo Messina Denaro come mandante delle Stragi del ’92, ha testimoniato che fu lo stesso Vaccarino a offrirsi di collaborare, consegnando inoltre al colonnello documenti dei quali non erano in possesso.
Il generale Mario Mori, ex direttore del Sisde, ha confermato il ruolo che ebbe Vaccarino quando collaborando con i servizi segreti intrattenne, con lo pseudonimo di Svetonio, una corrispondenza con il boss latitante affinchè si potesse arrivare alla sua cattura.
Non meno importante la testimonianza del colonnello De Donno, che è anche entrato nel merito delle indagini sull’allora boss latitante Bernardo Provenzano, raccontando di come Vaccarino collaborò anche a quelle indagini, prendendo contatti con Carmelo Gariffo, nipote del boss al quale quest’ultimo affidava la propria corrispondenza (“pizzini”). Una testimonianza di non poco conto, visto che all’arresto di Provenzano si arrivò grazie alle indagini che si incentrarono sui “pizzini” e i pacchi che tramite Gariffo si scambiava con la famiglia e con gli altri componenti della consorteria mafiosa.
Anche lo stesso Giuseppe Cimarosa, figlio del defunto collaboratore di giustizia Lorenzo, al quale si deve il pentimento del padre, aveva testimoniato in favore dell’ex sindaco. “Fu un periodo un po’ particolare – aveva dichiarato in udienza Giuseppe Cimarosa – perché si seppe la notizia ed io e la mia famiglia diciamo abbiamo vissuto un periodo di grande isolamento da parte della società, e non solo… Io conoscevo il dottore Vaccarino soltanto di nome, non l’avevo mai incontrato, però lui venne a cercarmi, venne a trovare me, mia madre e mio fratello a casa, si presentò. Fu la prima volta che lo conobbi, e anche con grande imbarazzo, perché la nostra situazione era un po’ particolare. Ci diede la sua solidarietà, la sua vicinanza, dicendo comunque che il percorso che aveva intrapreso mio padre era quello giusto e noi dovevamo esserne orgogliosi… E da lì iniziò un rapporto di grande affetto devo dire, perché mi è stato sempre molto vicino, con parole, ma anche con fatti”.
La difesa di Vaccarino, rappresentata dagli avvocati Baldassare Lauria e Giovanna Angelo, oltre ad evidenziare come quanto ricevuto dall’ex sindaco da parte dello Zappalà non avrebbe permesso al loro assistito di avere contezza che si trattava di un’intercettazione – né tantomeno che fosse secretata, né che contenesse (se mai ne avesse contenute) informazioni utili a favorire la consorteria mafiosa – aveva fatto rilevare come si fosse fatta rientrare la vicenda in un’indagine del 2008 sulla latitanza di Matteo Messina Denaro, senza che al loro assistito fosse stata neppure mossa la contestazione di aver intralciato quell’indagine della quale si sarebbe appreso soltanto nel corso delle udienze di questo processo.
Prima di leggere il dispositivo di sentenza, il Tribunale di Marsala, collegio presieduto dal giudice Vito Marcello Saladino (giudici a latere Matteo Giacalone e Francesca Maniscalchi) ha acquisito una lettera di Vaccarino, ricevuta in questi giorni dai giudici. L’imputato ha assistito alla sentenza in video collegamento dal carcere di Catanzaro
Gian J. Morici
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Si dice che le sentenze non si commentano. Palamara docet ed è una vergogna.