Toghe avvelenate – Palamara: E loro perché stanno a fa’ i patti per Lo Voi? Che faccio, mi metto a parlare di Lo Voi io?

Francesco Lo Voi

Francesco Lo Voi

È un secondo tsunami quello che si sta abbattendo sulla magistratura a distanza di un anno dallo scandalo delle nomine ai vertici delle procure, a seguito dell’indagine che ha visto coinvolto l’ex consigliere del Csm Luca Palamara. Giochi di correnti, veleni, illazioni che tirano in ballo magistrati che avrebbero fatto o ricevuto favori, o i cui nomi – più semplicemente – vengono fatti nel corso delle intercettazioni.

Quella che dava l’impressione di essere una battaglia con risvolti politici che il 3 maggio 2020, durante la trasmissione “Non è l’Arena” aveva portato a uno scontro tra il magistrato Nino Di Matteo e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, in merito alle nomine alla direzione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, è ben presto dilagata in una più ampia accusa nei riguardi di diversi magistrati rispetto i quali le intercettazioni effettuate lasciano ipotizzare una corsa alle poltrone giocata su favoritismi, accordi e raccomandazioni. Nulla di nuovo sotto il sole, visto che le candidature – che tali sono e così si chiamano – ai vertici delle procure, sono oggetto di voto da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, dove determinante può risultare l’appartenenza del candidato a una corrente anziché a un’altra. Del resto, come in tutte le elezioni, è normale che i candidati, o chi per loro, cerchino voti. È il sistema che non va. È il sistema delle correnti, è il sistema di un voto che pare non tenere conto dei titoli del candidato.

Giuseppe Pignatone

Giuseppe Pignatone

L’ultimo fulmine, in ordine di tempo, è quello pubblicato oggi dal quotidiano “La Verità”, che riporta dati già conosciuti ma che oggi assumono una diversa importanza visto ciò che accade nell’ambito della magistratura. Secondo il giornalista Fabio Amendolara, il pm Luca Palamara, nel corso delle intercettazioni alle quali era sottoposto,  avrebbe lasciato intendere che tra i segreti che custodiva c’era la nomina a procuratore di Palermo di Francesco Lo Voi. Un fulmine a ciel sereno visto che oltre il nome del Procuratore di Palermo viene fuori anche il nome di Giuseppe Pignatone, ex Procuratore della Repubblica di Roma, proprio nell’immediatezza della cui successione nacque lo scandalo Palamara. Infatti, le date casualmente coincidono con quelle di una guerra intestina alla magistratura, proprio in occasione di quella nomina.

Al 23 maggio 2019, in pole position per la nomina a capo della procura di Roma, era il Procuratore Generale di Firenze Marcello Viola, il candidato più votato dalla quinta commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, che aveva ricevuto 4 voti, contro il singolo voto che era andato agli altri due candidati, Francesco Lo Voi e Giuseppe Creazzo.

Il 29 maggio, si diffonde la notizia dell’indagine condotta dalla Procura di Perugia sul magistrato Luca Palamara, ex componente del Consiglio Superiore della Magistratura, che vedrà coinvolti, quantomeno mediaticamente, diversi magistrati, bloccando di fatto la corsa  alla poltrona dell’uscente Giuseppe Pignatone. Nonostante i contenuti delle intercettazioni non sembrassero penalmente rilevanti, la loro divulgazione ebbe diverse conseguenze dal punto di vista disciplinare all’interno del CSM e dal punto di vista politico.

Servirono altri dieci mesi prima  Michele Prestipino Giarritta, già incaricato come ‘facente funzioni’, raccogliesse il testimone di Pignatone, del quale era considerato l’erede, ponendosi alla guida dei della Procura di Roma. Una scelta di continuità che soltanto l’anno prima sarebbe potuta ricadere su Lo Voi, poi bruciato da quel quattro a uno che aveva visto prevalere Marcello Viola. Anche lo Voi, infatti, secondo quanto riportato oggi da La Verità, sarebbe stato uno dei pupilli di Pignatone o comunque lo era stato. Il quotidiano cita infatti  la conversazione del 18 maggio 2019, quando l’ex membro del Csm Luigi Spina chiede a Palamara se Pignatone fosse ricattabile (strani colloqui e domande tra magistrati che dovrebbero amministrare giustizia). “Andiamo avanti a un’altra storia – rispondeva Palamara – Lo Voi lo fa Pignatone… il ricorso di Lo Forte c’è pure Pignatone in mezzo… vabbè è meglio che non ti racconto…”.

GiustiziaCome ricorda il giornale, la nomina di Lo Voi a Procuratore di Palermo nel 2014, colse tutti di sorpresa,  visto che lo stesso non aveva mai avuto incarichi direttivi a differenza dei colleghi Sergio Lari e Guido Lo Forte, i quali avevano inoltre più titoli e più anzianità. Lo stesso Palamara, come affermato nel corso dell’interrogatorio a Perugia, avrebbe dichiarato  di aver confidato a Giuseppe Cascini (anche lui al Csm) di essere stato  impegnato a ‘sostenere la candidatura di Francesco Lo Voi fortemente voluto da Pignatone’. E se fin qui non v’è nulla di diverso dalle solite scelte correntizie, il vero nocciolo della questione sta nella conversazione del 28 maggio scorso, quando Palamara ‘parla con Cosimo Ferri (già sottosegretario renziano, poi con il Pd e ora con Italia viva)’: “E loro perché stanno a fa’ i patti per Lo Voi? Che faccio, mi metto a parlare di Lo Voi io? Io non mi posso mettere a parlare di Lo Voi eh  Cioè… Conviene? Cioè… Io non è che c’ho problemi… Eh… Mi metto a parlare di come Lo Voi ha vinto pure dopo… va bene! Ah…”

Lo Forte – continua La Verità – fece ricorso al Tar del Lazio, dal quale ebbe ragione, vincendo successivamente al Consiglio di Stato, dove presidente della sezione c’era  Riccardo Virgilio – amico di Pignatone –  finito coinvolto nell’inchiesta sulle sentenze pilotate, dalla quale emersero i rapporti professionali tra alcuni indagati e il fratello dello stesso Pignatone.

Giudice relatore ed estensore era Nicola Russo, arrestato due volte per corruzione in atti giudiziari, il quale, nel corso di un procedimento giudiziario, dichiarò al Pm di avere ricevuto diverse segnalazioni da  generali della Guardia di finanza e magistrati su procedimenti a lui assegnati.

Silvana Saguto

Silvana Saguto

Non è la prima volta che viene adombrata anche l’attività della magistratura palermitana. Già il Giudice Paolo Borsellino, preferendo incontrare in segreto gli ufficiali del Ros in caserma anziché al Palazzo di Giustizia, aveva mostrato una certa diffidenza nei confronti dei suoi stessi colleghi. A gettare di recente ombre su quanto accadesse alla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, era stato il programma Le Iene sul caso dell’ex giudice Silvana Saguto, radiata definitivamente dalla magistratura a seguito dell’inchiesta sui beni confiscati alla mafia e quelle che il giornalista Pino Maniaci – direttore di Telejato – ha ritenuto come conseguenze dell’aver affrontato per primo la questione delle consulenze degli amministratori giudiziari. Il servizio de Le Iene si chiudeva con l’ultima intercettazione della Saguto: “Loro ci stanno lavorando, me lo hanno assicurato. Lo Voi (il Capo della Procura, che stava indagando su Pino Maniaci) mi ha detto: Prenditi i calmanti e statti quieta, non c’è bisogno di fare niente con Maniaci, stai tranquilla”.

“Sia chiaro – affermava il giornalista de Le Iene – l’indagine su Pino (Maniaci – ndr) è partita nel 2014, e di certo la Procura di Palermo si sarà mossa in autonomia e con valide motivazioni, e dal canto suo la Saguto potrebbe aver detto quelle cose in maniera provocatoria, oppure così, per scherzare. Certo è però, insomma, sentirle col senno del poi, fa un po’ strano, no?”

ministero-della-giustiziaEppure, non su tutto si possono muovere critiche. È questo il caso di qualche querela per diffamazione a mezzo stampa (tutte?) presentata da un dirigente di polizia, approdata al tavolo di un Procuratore capo nella stessa giornata, e lo stesso giorno affidata alle cure di un Pubblico Ministero (con preciso sollecito a volerne informare l’affidante) il quale già l’indomani, provvedeva a iscrivere al registro degli indagati gli autori del crimine. Da non crederci? Eppure è così. Se ci sarà modo – e ce ne daranno il tempo – narreremo anche della solerzia e della diligenza con la quale si agisce in alcuni casi.

Ci vogliamo augurare che quanto riportato oggi dal quotidiano La Verità possa essere chiarito e che questa brutta pagina che riguarda la magistratura non debba far crollare la fiducia dei cittadini in chi amministra la giustizia. Siamo certi che anche quanto emerso oggi sulle “chiacchiere” che riguardano il Procuratore Lo Voi siano spiegabili e non ledano l’immagine del magistrato, ma anche il sol fatto di essere venuti a conoscenza che un magistrato del Csm possa porre a un altro appartenente la domanda se il Procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, fosse ricattabile, oltre ad allarmarci, genera un notevole disgusto…

Gian J. Morici

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