Chi non ricorda l’autista che dice a Dante, nei panni di Johnny Stecchino, che la più grave piaga che infama la Sicilia, e in particolare Palermo, agli occhi del mondo, è il traffico?
Dal traffico e dal furto delle banane di Johnny Stecchino, che tanto ci hanno fatto ridere, non è facile passare ad argomenti meno divertenti, quali quelli che hanno visto vittime, nel senso più reale e cruento del termine, persone che pur avendo denunciato situazioni di pericolo, a causa della lentezza con cui si avvia la macchina giudiziaria, pagano con la vita.
Fu così per Giordana, ventenne e mamma di una bambina di 4, uccisa a coltellate dall’ex convivente a Nicolosi, in provincia di Catania. La vittima aveva denunciato più volte il suo assassino ed era parte lesa al processo per stalking.
Fu così per Monica, che aveva presentato due denunce per stalking al commissariato di Lambrate pochi giorni prima di essere uccisa dal marito, arrivate in procura lo stesso giorno dell’omicidio.
Anche Rosi, uccisa a Villagrazia (Palermo) aveva denunciato due volte il suo ex convivente. La mamma di Rosi, dopo l’uccisione della figlia mosse un’accusa terribile a chi secondo lei avrebbe potuto e dovuto far qualcosa e non fece nulla: “Ora che mia figlia è morta – disse – siete venuti tutti. Ma per due anni no, per due anni di denunce no. E ora mia figlia è morta. L’avete tutti sulla coscienza. Questa non è giustizia”.
Diverso l’epilogo di una lite a San Nicola l’Arena, una frazione marinara di Trabia, sul litorale orientale di Palermo, dove a uccidere a coltellate il marito questa volta è stata la moglie. Ma anche in questo caso, le solite accuse. La donna, più volte pare avesse presentato denunce contro il marito per maltrattamenti e violenze. Malagiustizia? Giustizia lumaca? Forse, ma qualcosa adesso sembra stia cambiando. Forse non sempre, forse non per tutti i reati, forse… e la giustizia non è più solo un insieme di principi vacui. Finalmente diventa tutela dei diritti grazie anche alla magistratura cui è demandato il compito di decidere sui diritti delle persone.
L’Italia da troppo tempo è considerata tra gli ultimi Paesi europei come livello di efficienza della giustizia. Eppure, sarebbe sufficiente prendere esempio da qualche magistrato virtuoso, capace di supplire ai tanti deficit dell’amministrazione della giustizia, per evitare il ripetersi di eventi dolorosi e drammatici quali quelli succitati.
Basti pensare alla solerzia e alla diligenza con la quale si può agire dinanzi una querela di parte, seppur per un reato poco considerato, qual è la diffamazione. È il caso di una querela approdata al tavolo di un Procuratore capo nella stessa giornata, e lo stesso giorno affidata alle cure di un Pubblico Ministero che, già l’indomani, provvedeva a iscrivere al registro degli indagati gli autori del crimine. Da non crederci? Eppure è così! Quando la Giustizia vuole, conosce i tempi nei quali agire. E gli altri pubblici ministeri che impiegano mesi, se non anni, per avviare le indagini? Forse meriterebbero un calcio nel sedere dopo opportuna ispezione ministeriale. L’esempio del loro collega, ci insegna che se la giustizia non funziona è colpa a volte dei magistrati, pronti a ricorrere alla più classica delle scuse, ovvero quella di essere oberati dal troppo lavoro…
No caro Johnny Stecchino, il problema non è il traffico (automobilistico) per quello basta la polizia locale, invece, come vedi anche nel caso del più banale dei reati – qual è la diffamazione – serve la Magistratura, quella volenterosa e che agisce con la rapidità necessaria al fine da scongiurare l’esito infausto di un crimine…
Gian J Morici