Tanto tuonò che piovve. La Gran Bretagna ha scelto di uscire dall’UE, e nell’arco di qualche anno non farà più parte delle istituzioni europee.
Il paese amato da generazioni di italiani, il paese che ha inventato il calcio, il rugby, il tennis, i Beatles e i Rolling Stones, i Genesis e gli Who, Stanley Kubrick, Newton, Hawking e milioni di altri geni non è più in Europa, almeno politicamente. Non sono in grado di valutare le conseguenze economiche di questo passaggio, è materia complessa e le opinioni di grandi esperti sono discordanti.
Temo però che più che l’inizio della fine questo possa essere la fine dell’inizio. A livello istintivo, sentimentale, politico, sono sempre stato per un’Europa unita, così come la gran parte degli italiani. In fondo quello che raccontano centinaia di romanzi di fantascienza, a partire dalla “Fondazione” di Asimov, è che il processo di aggregazione dei popoli è lento ma inevitabile. E tutti “sappiamo” che prima o poi ci sarà una forma di governo mondiale, che terrà conto delle esigenze di tutti in funzione delle risorse che sapremo ricavare dal nostro pianeta e chissà, magari da altri mondi. Intendiamoci, non è solo un’idea romantica. Noi italiani abbiamo sperimentato forse per primi la difficoltà ma i benefici di un’unione. In fondo, un paese che conta città come Siena ad esempio in cui sole cinquantamila persone si dividono in una ventina di contrade che si prendono allegramente a botte tutto l’anno, non è un posto facile da governare.
La nostra cultura sociale e politica non si è certo formata durante l’impero romano, in realtà siamo una diretta emanazione delle città Stato, e l’unità d’Italia è quasi un miracolo. E anche se nessuno può negare che Sicilia e Piemonte siano mondi diversi, che Roma e Milano non si amino, che tra Bergamo e Brescia invece si odiano proprio, eppure eccoci qua, una nazione, o se vogliamo più nazioni, ed uno Stato. Qui cade l’utopia europea. Su questo punto si è scontrata l’incapacità dei nostri governanti degli ultimi quaranta anni di capire che l’Unione Europea andava costruita con fatica, pazienza, ma stringendo le nazioni in un unica forma rappresentativa. Si è scelta un’altra strada, che ora inevitabilmente mostra crepe che si allargheranno sempre di più. L’Unione Europea, un insieme di regolamenti economici per lo più imposti dalla Germania, non è uno Stato.
E’ un insieme di realtà disomogenee. Si è voluto incastrare dentro i vincoli dell’efficienza paesi grandi e determinati come la Germania, paesi grandi ma in affanno come Italia, Francia e Spagna, paesi piccoli che se ne fottono e continuano a prosperare grazie alle loro dimensioni ridotte, e si è arrivati ad incorporare grandi Paesi con forme di Governo molto ma molto blandamente democratiche. L’idea dell’Europa come insieme autodeterminato di popoli è completamente assente. Di più, i vincoli economici imposti dalla BCE e dalla Commissione, le regole assurde (tipo la misura delle vongole che tanto ha fatto ridere), l’intransigenza della Germania, non hanno creato quella ricchezza che ci si aspettava. Se guardiamo all’Italia, anche se la controprova non c’è e non ci sarà mai, il dissennato cambio 2000 a 1 ha creato forse stabilità finanziaria (forse), ma oggi abbiamo lo stesso tasso di disoccupazione di 25 anni fa, con la differenza che anche chi lavora non sa per quanto.
E senza affrontare le tematiche sul signoraggio e sulla garanzia della moneta, che ognuno può andarsi a guardare per conto suo, viviamo in un Paese ingessato economicamente e finanziariamente per colpa del debito pubblico, del deficit, delle leggi di stabilità, dell’impossibilità di spendere anche i soldi che abbiamo, figurarsi quelli che non abbiamo. Gli Inglesi (perché gli altri non erano d’accordo e chissà se a loro volta rimarranno nell’UK, a questo punto sarà difficile impedirgli di uscire) hanno fatto una scelta in parte di pancia e in parte di portafoglio. In un paese senza risorse naturali, senza più imprese che producono “cose”, ma concentrato quasi esclusivamente sullo sfruttamento dei servizi finanziari, la vecchia piratesca tentazione di affrontare il mare aperto e ritornare a casa con il bottino è stata troppo forte. Avranno fatto la cosa giusta? Temo che in un mercato globale mettersi da soli a competere contro UE, USA, Cina e altre potenze economiche sia velleitario. Immagino che quello che di succoso esiste in UK – la City – possa essere oggetto di assalti difficili da controbattere. Ma questo non è un problema di oggi.
Il nostro problema è decidere, ora e una volta per tutte, che Europa vogliamo. Perché questa, bisogna dirlo chiaramente, non piace a nessuno.