Un colpo grosso quello messo a segno il 15 aprile, in danno della gioielleria Rocca 1794 di Corso Umberto a Taormina, quando i rapinatori riuscirono a portar via oltre 450mila euro di bottino tra contanti e gioielli.
Nel corso della rapina, i banditi avevano anche strattonato una dipendente della gioielleria, alla quale avevano legato i polsi prima di portarla in una toilette del negozio.
Le indagini, coordinate dal Vice Questore Enzo Coccoli, si sono rivelate ben presto non prive di difficoltà, visto che – come riporta il quotidiano “Tempostretto”, le telecamere della gioielleria non erano funzionanti e nessuna telecamera di video sorveglianza era installata nella zona.
Il colpo era stato studiato nei minimi dettagli, non lasciando nulla al caso. Dai sopralluoghi effettuati giorni prima, all’uso di schede telefoniche nuove e cellulari per poter comunicare tra loro.
Nonostante le precauzioni prese dai banditi, a tradirli, è stato proprio l’uso dei telefonini, ai quali, grazie alla tenacia e alle minuziose indagini condotte dagli agenti del locale Commissariato – come ha spiegato il Vice Questore Enzo Coccoli – si è riusciti a risalire tramite l’analisi dei dati delle celle telefoniche.
A distanza di mesi e a seguito di minuziose indagini, tre dei quattro presunti rapinatori sono stati arrestati, mentre il quarto, resosi irreperibile, è allo stato ricercato. I tre arrestati sono Giuseppe Scordo, 35 anni, Ivan Piacente, 26 anni, e Giuseppe Tasco, 25 anni, tutti di Catania e con precedenti specifici.
In particolare, Giuseppe Scordo, arrestato stamattina, si era reso protagonista di una precedente rapina, avvenuta nel 2014, in danno della stessa gioielleria.
Circoscrivendo l’arco temporale nel quale è avvenuta la rapina che aveva fruttato un così ricco bottino nel mese di aprile, grazie al fatto che dalle indagini era emerso come uno dei rapinatori, Giuseppe Scordo, avesse ricevuto due chiamate al cellulare, le indagini coordinate dal Vice Questore Coccoli hanno puntato subito ad individuare le sim usate dai malfattori.
Un’indagine complessa visto che i banditi avevano usato schede vergini non intestate a loro. Trovati gli intestatari delle tre schede, a mettere gli investigatori sulle tracce dei rapinatori è stata la telefonata intercorsa tra uno di loro e la propria moglie, poco prima di mettere a segno la rapina.
Nel corso delle perquisizioni, i poliziotti hanno rinvenuto le matrici delle sim utilizzate durante la rapina, parte dei gioielli e diverse armi.
Oggi l’esecuzione dell’ordinanza a carico dei tre, emessa dal gip di Messina, Monica Marino, su richiesta del sostituto procuratore Annalisa Arena.