Se almeno uno sprazzo di ragione dovesse infine brillare nella gravissima e grottesca vicenda dell’elenco degli “impresentabili”, esplosa proprio (e non a caso) alla vigilia del voto regionale ed amministrativo, dovremmo essere grati alla Pulzella dell’Antimafia per averci “messo del suo”, caricando di inconcepibili baggianate il già assurdo caso.
Credo che oggi anche i meno dotati di acume politico e di cognizioni di diritto dovrebbero essere in grado di rendersi conto che non solo questa storia del vaglio delle candidature, non solo la pubblicazione “ad sputtanandum” al termine della campagna elettorale, non solo le iniziative personali della ineffabile presidente, ma tutto il “sistema” dell’antimafia, le sue concezioni della lotta alla criminalità organizzata e della “purificazione” della vita politica macchiata dalle “contiguità”, connivenze e collusioni con il crimine, rispondono a concezioni contrapposte ed incompatibili con le libere Istituzioni, la democrazia, lo Stato liberale.
Rosy Bindi non ha fatto altro che applicare concetti e metodi propri del Komeinismo (ergendosi a capo dei “guardiani delle rivoluzioni” e dei “custodi delle virtù all’italiana” che del Komeinismo sono la più chiara espressione) mettendoci del suo per quel tanto che, però permette anche alle menti più rozze ed ai caratteri più proni avanti agli andazzi di prevaricazione, di comprendere che tra questa Antimafia e la democrazia non può esservi possibilità alcuna di convivenza.
Potrebbe scriversi una enciclopedia su questa pretesa di “superamenti” della “mera formalità delle leggi”, per combatterne “l’abuso” ed imporne “il buon uso”. Tutto ciò è l’antitesi del liberalismo, della democrazia e delle libere Istituzioni. Un episodio in sé più grottesco che rilevante, come le baggianate della Pulzella dell’Antimafia, ha così fornito la possibilità di scoprirne lo spirito ed i meccanismi meglio di quanto autorevoli studiosi (che, peraltro, pare non ce ne siano o non se ne diano per intesi) avrebbero potuto fare.
Il Komeinismo incombe anche in Italia e non solo in Italia.
Da noi è divenuto istituzione dello Stato ed ideologia all’ingrosso come Antimafia. E non solo.
Nello sfascio del sistema giuridico-processuale italiano e, quindi, di quello istituzionale e del relativo (e sempre precario) equilibrio dei poteri, l’Antimafia come mentalità e corrente di pensiero, può ben definirsi l’entità leader, se non proprio “l’azienda leader” della demolizione e non solo e non tanto per l’ultima, clamorosa cantonata.
La Legge Severino, prodotta sullo spirito di un Antimafia komeinista estesa alla corruzione, ha dato già i suoi frutti velenosi. Ma assai più, e più velenosi sono quelli che stanno maturando. Basti pensare all’aumento esponenziale del potere del Partito dei Magistrati.
Ed allora: ci decideremo, noi che pretendiamo di essere liberali e riconosciuti come tali, a proclamare ad alta voce che dobbiamo finirla con l’Antimafia e non solo con i riti ridicoli dei Borsellino (Fratello etc.) del guru Bongiovanni, delle Agende Rosse e degli Affaristi Siciliani associati, ma anche con la pretesa di sottoporre la Costituzione al potere dei “guardiani delle virtù”?
E di qui una prima constatazione fondamentale: senza un nuovo liberalismo, capace di porsi, sia pure come minoranza combattiva, portatrice di idee chiare e ferme, le libere Istituzioni hanno i giorni contati.
Perché l’altra faccia del Komeinismo pasticcione delle Istituzioni è l’antipolitica becera di chi, riconoscendone l’ipocrisia e la falsità, ne nega i valori, la storia, le speranze.
E’ inutile interrogarsi come battere Renzi, come debellare il Grillismo, come rintuzzare la tendenza alla monocrazia del cosiddetto Partito Democratico se ci manca la luce di una fede ferma e testarda in una libertà vera e senza pretese taumaturgiche.
Non si può pretendere degnamente di fare politica se non si è disposti a battersi anche in estrema minoranza, armati della fede nei propri ideali. Un nuovo autentico liberalismo non potrà essere ricerca dell’immediato successo presso una ipotetica maggioranza di “moderati” che vogliono “salvare il salvabile”.
Certamente far politica in quasi solitudine, nel culto delle proprie idee ha dei rischi. E non parlo solo di quelli di una repressione più o meno manifesta, di barriere di silenzio, di probabilità elevate di soccombere. Parlo anche dei rischi della perdita del senso delle proprie dimensioni e dei propri limiti. Ma è un rischio anch’esso da correre.
Ed intanto non perdiamo l’occasione di dire chiaro e forte che è ora di finirla con questa ipocrita, balorda, parassitaria Antimafia. Non è solo Rosy Bindi e la sua farsesca Commissione da “rottamare”. E’ un metodo ed un’ideologia prevaricatrice e pericolosa da respingere.
E che qualcuno venga a contestarci che questo è “concorso esterno”.
Sarebbe segno che stiamo facendo centro.
Mauro Mellini – www.giustiziagiusta.info