Il diritto del lavoro nasce e trova la propria ragion d’essere, sulla base di una constatazione: il contratto di lavoro è un contratto asimmetrico, cioè i due contraenti non sono uguali, non hanno pari forza. Da una parte, infatti, vi è il datore di lavoro, colui cioè che necessita della prestazione lavorativa per realizzare l’obiettivo della propria impresa e, dall’altra, vi è il lavoratore, che ha bisogno di vendere la propria prestazione lavorativa, magari in concorrenza con migliaia di altri lavoratori, per poter garantire la sua stessa riproduzione materiale e quella della propria famiglia.
Cento-cinquant’anni di sudore, lacrime e sangue hanno imposto che nell’ordinamento giuridico del paese, questa specificità del contratto di lavoro fosse assunta a fondamento di una branca particolare del diritto, il diritto del lavoro, e della legislazione sociale, ovvero di quel complesso di norme volte ad assicurare il godimento da parte dei lavoratori dei diritti che sono loro riconosciuti. Il diritto del lavoro, in considerazione dell’asimmetria del contratto di lavoro, è arrivato a definire i cosiddetti “diritti indisponibili”, cioè quei diritti, tipo la retribuzione, le ferie, la tredicesima, il riposo settimanale, ecc. , cui il lavoratore non può comunque rinunciare quando sottoscrive un contratto di lavoro; eventuali clausole introdotte in tal senso, estorte semmai a chi è disperato, sono comunque nulle.
E’ dal 1980 che il complesso del diritto del lavoro e della legislazione sociale è sotto attacco, i suoi principi e le sue tutele sono state sistematicamente erosi e con il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti se ne manomettono in maniera radicale le fondamenta. Infatti, con il decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 23, il contratto di lavoro a tempo indeterminato full time, ovvero il contratto di lavoro “tipico”, ora si fonda sul fatto che lo Stato, la legge, interviene ad esclusiva tutela del contraente più forte del contratto di lavoro, il datore di lavoro; ed in danno del contraente più debole, il lavoratore.
Nel contratto di lavoro, unico caso tra tutte le fattispecie di contratti regolati dall’ordinamento giuridico italiano, dal 7 marzo 2015 la legge interviene per impedire al giudice di condannare all’integrale risarcimento del danno chi, violando gli obblighi che ha assunto col contratto, procura quel danno all’altra parte. E, ribadiamo, lo fa a difesa del più forte – il datore di lavoro – e contro il più debole – il lavoratore. Si aprono le porte delle “Tutele Morenti”.
Aldo Mucci