Quasi trentamila poveretti sono arrivati in Italia dalle coste africane, fuggendo dalla guerra in Siria e dalle lotte armate africane. Un flusso migratorio imponente ed epocale che non accenna a diminuire, ignorato dall’Europa e gestito dall’Italia con un approccio umanitario che fa parte del DNA della nostra tradizione culturale e storica. Tanta generosità ma molta improvvisazione per carenza di informazione e di risorse.
Ormai è accertato e confermato dalle varie testimonianze raccolte dai media che una larga percentuale di questa povera gente, una volta a terra, fugge prima che sia censita e siano rilevate le impronte digitali in mancanza di documenti di riconoscimento. I più senza nemmeno essere stati oggetto di specifici controlli sanitari.
Fra costoro potrebbero esserci terroristi infiltrati, malavitosi, trafficanti di droga, portatori di malattie gravi che ormai erano state debellate in Occidente, in particolare TBC, Scabbia e Poliomelite.
Da queste pagine abbiamo denunciato, dopo l’allarme della OMS su casi di Ebola con morti in Africa centrale ed occidentale, che anche la febbre emorragica poteva essere veicolata fra la nostra popolazione. Un’analisi proposta il 4 aprile 2014 e ripresa poco dopo il 22 aprile dopo essere venuti a conoscenza che un migrante era morto per cause incerte in un centro di accoglienza in Sicilia.
Parole cadute nel nulla, anzi considerate da molti mero allarmismo sulla base di valutazioni probabilistiche piuttosto che oggettive, mentre in Francia, Spagna, Portogallo ed Olanda venivano attivati, invece, controlli specifici sui passeggeri di voli provenienti dall’Africa.
Ieri improvvisamente è circolata la notizia che con un messaggio del 14 maggio alle ore diramato alle ore 14:43 Z, lo Stato Maggiore della Difesa ha informato gli Stati Maggiori delle Forze Armate e l’Arma dei Carabinieri che il personale militare impegnato nelle operazioni fuori dai confini nazionali potrebbe essere esposto a rischio infezione da Coronavirus (MERS-CoV) e “raccomanda le definizioni di caso relative alla patologia”.
Il coronavirus provoca la nota influenza SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome),forma atipica di polmonite apparsa per la prima volta nel novembre 2002 nella provincia delGuangdong (Canton) in Cina. (fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/SARS).
I casi sospetti devono essere isolati, preferibilmente in stanze a pressione negativa, e deve essere garantita una completa protezione del personale medico che garantisca qualsiasi contatto diretto con il paziente.
Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie ha registrato, al 30 aprile 2014, 424 casi di infezione in tutto il mondo; 131 di questi hanno comportato la morte dei pazienti. Alcuni casi sono stati segnalati in Inghilterra e Francia, collegati direttamente o indirettamente con la penisola araba o con aree mediorientale limitrofe come la Giordania e probabilmente la Siria.
I flussi migratori continuano, abitanti del Mali, del Gana e della fascia subsariana dell’Africa, dove risulta essere ancora in corso l’emergenza sanitaria per l’ Ebola, arrivano imbarcati su battelli fatiscenti mescolati a mediorientali a stretto contatto fisico, in particolare siriani, molti provenienti dai campi profughi della Giordania. Entrano in contatto con le nostre Forze Armate, con i Corpi Armati dello Stato e con i volontari impegnati nell’operazione Mare Nostrum e trasportati nei centri raccolta da dove moltissimi fuggono immediatamente senza essere né visitati né identificati e sciamano in Italia proiettati verso l’Europa del nord, naturalmente entrando a contatto con la popolazione residente ed utilizzando mezzi pubblici.
L’Unione Europea sembra non accorgersi del fenomeno. L’Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri, Frontex, sembra più impegnata a contabilizzare le percentuali degli arrivi piuttosto che sviluppare analisi e piani di rischio, come invece rientrerebbe nel suo mandato istituzionale.
L’Italia che più degli altri Paesi è esposta ai possibili nuovi problemi sanitari è sola ed è inquietante che in piena emergenza immigrazione si sia potuto apprendere di questo preoccupante rischio casualmente, attraverso un messaggio di CINCNAV Comando in Capo della Squadra Navale, il braccio operativo dello Stato Maggiore della Marina.
Ci si augura che il Ministero della Salute si appropri immediatamente del problema seppure ancora allo stato ipotetico, non solo con circolari più o meno generalizzate come quella del 4 aprile u.s. sul problema dell’Ebola, ma emanando precisi protocolli medici e dotando gli operatori in prima linea di sistemi sanitari adeguati per fronteggiare eventuali casi; primi fra tutti camere e barelle stagne a pressione negativa e adeguati indumenti protettivi per gli operatori.
Si spera che anche in questo caso non venga invece innalzato un muro di riservatezza tagliando fuori i cittadini da ogni informazione e che i Ministri della Salute, della Difesa, degli Interni e degli Esteri forniscano immediate rassicurazioni sui dispositivi di prevenzione che certamente hanno già messo in atto.
Una prassi della “non informazione” che ormai si consolida giorno dopo giorno nel nostro Paese, come viene confermato dall’assoluta assenza di notizie sui carichi delle navi che trasportano armi chimiche siriane e dovrebbero approdare a breve in Italia nel porto di Gioia Tauro.
Diversamente sarebbe chiaro che ci troveremmo, ancora una volta, di fronte all’improvvisazione piuttosto che ad un’attenta pianificazione dei possibili rischi e saremmo destinati ad affidarci ancora una volta alla “buona sorte.”
Fernando Termentini
Mers CoV – L’Italia preoccupa l’Europa
Di come gli svizzeri fossero preoccupati dell’inefficienza italiana nell’affrontare i rischi di una possibile – seppur improbabile – epidemia di ebola, ne avevamo scritto il 20 aprile quando al Parlamento elvetico venne presentata un’interrogazione con la quale si chiedeva cosa stesse facendo il governo per evitare che un’eventuale epidemia potesse varcare i confini del Canton Ticino, chiedendo inoltre che si sollecitasse il governo italiano ad attivare tutti i controlli e le forme di prevenzione idonee ad evitare il dilagare di possibili malattie contagiose.
Nello stesso articolo, evidenziavamo come al pericolo rappresentato dall’ebola si fosse aggiunto il timore di un’epidemia da coronavirus (Mers CoV), un virus che dà luogo ad una patologia i cui sintomi possono essere scambiati con quelli di un comunissimo raffreddore, ma che è invece responsabile del 20% delle polmoniti virali. Il virus è considerato come appartenente alla famiglia del virus della SARS che nel 2003 infettò 8.273 persone, uccidendo il nove per cento delle persone che ne erano state contagiate.
Come per l’ebola, anche per questa patologia non esiste alcun vaccino. Dopo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva accertato 243 casi di contagio e 93 decessi, nella città saudita di Jeddah si diffuse il panico a seguito della diffusione della MERS tra il personale medico del locale ospedale, tanto da costringere le autorità sanitarie a far chiudere temporaneamente il pronto soccorso.
I dati più recenti, quelli dei primi di maggio, riferiscono di 572 casi accertati e 173 decessi. Se in tutto il mondo vale il detto “prevenire è meglio che curare” (specie laddove ci troviamo dinanzi patologie per le quali non esiste un vaccino e il cui tasso di mortalità è elevato, in Italia, forse in maniera scaramantica, sembra sia molto più efficace ignorare il problema.
Del resto l’Italia non brilla certo per prevenzione. Basti ricordare come grazie ad un ex ministro alla sanità le trasfusioni di sangue infetto erano prassi quotidiana nei nostri ospedali. Così mentre il signor ministro e consorte poggiavano le loro nobili chiappe su cuscini imbottiti di banconote di vecchie lire, per l’ammontare di miliardi, gli italiani si ammalavano e morivano.
Ad esprimere seria preoccupazione per la MERS, è il di emergenza dell’Organizzazione mondiale della sanità, che, nel sottolineare come il livello d’allerta non sia ancora tale da far scattare le procedure previste per un’emergenza di salute pubblica di rilievo internazionale, non nasconde i timori dovuti al “recente aumento dei casi”, alla “debolezza sistemica nella prevenzione e nel controllo delle infezioni”, sollecitando dunque i Paesi membri dell’OMS ad adottare tutte le misure precauzionali atte ad evitare che la Mers si trasformi in una minaccia seria per la salute pubblica.
Allo stato attuale i Paesi dove l’allerta dovuta alla presenza del virus è massima, sono: Arabia saudita, Egitto, Grecia, Qatar, Yemen, Libano, Malesia, Giordania, Kuwait, Oman, Filippine, Stati Uniti.
Negli Stati Uniti è scattato l’allarme in Florida e in Arizona a seguito di alcuni casi sospetti che hanno indotto i Centri statunitensi per il Controllo delle Malattie e la Prevenzione ed allertarsi per impedire la diffusione della MERS .
“Il modo migliore per controllare una malattia emergente è quello di stroncarla sul nascere “, ha affermato Bob England , direttore del Dipartimento Maricopa County of Public Health, dopo aver appreso che un residente della contea di Maricopa aveva viaggiato su uno degli stessi voli sul quale si trovava l’operatore sanitario che, proveniente dall’Arabia Saudita e diretto ad Orlando con tappe a Londra , Boston e Atlanta, è stato accertato essere positivo alla MERS.
Misure precauzionali e avvertimenti ai viaggiatori sono state adottate negli aeroporti americani di New York ( JFK ), Newark ( EWR ), LaGuardia ( LGA ), Los Angeles ( LAX ), Chicago ( ORD ), Washington ( IAD ), Houston ( IAH ), Dallas / Fort Worth ( DFW ), Atlanta ( ATL ), San Francisco ( SFO ), Seattle ( SEA ), Miami ( MIA ), Denver ( DEN ), Orlando ( MCO ), Boston ( BOS ), Minneapolis / St Paul ( MSP ), Detroit ( DTW ), San Diego ( SAN ), Philadelphia ( PHL ), Charlotte ( CLT ), Las Vegas ( LAS ), Baltimore ( BMI).
E in Italia? Mentre il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin dichiara che nel nostro Paese “abbiamo sempre un livello di guardia molto alto” (beata lei che ci crede), un messaggio informava gli stati maggiori delle Forze armate che il personale militare impegnato nelle operazioni fuori dai confini nazionali potrebbe essere esposto a rischio infezione da Coronavirus (MERS-CoV).
Inutile sottolineare come in Italia con la scusa di non generare inutili allarmismi le notizie vengano taciute per nascondere l’assoluta inefficienza in materia di prevenzione da parte di uno Stato che interessato da notevoli flussi migratori da aree colpite da epidemie, rappresenta per il resto del continente europeo notevole fonte di preoccupazione. Non si spiegherebbe infatti diversamente l’informazione data ai cittadini americani ed europei (Italia esclusa) ai fini della prevenzione, ne interrogazioni parlamentari, quale quella presentata in Svizzera, che indicano chiaramente il livello di inaffidabilità delle nostre istituzioni, senza che nessuno dei ministeri interessati (Sanità, Esteri, Difesa, Interno) abbia dato comunicazione delle misure adottate, respingendo le accuse formulate da forze parlamentari di altri Paesi.
Gian J. Morici