Che l’antica locuzione latina “divide et impera” (dividi e domina) sia l’abbecedario dei politicanti (parlare di politici in Italia ci sembra non sia più il caso), transeat, ma che a dividersi per lasciarsi dominare siano quanti accomunati da una stessa sorte ricorda la definizione che Jean Baudrillard dà del suicidio: “Il solo crimine perfetto è il suicidio. Perché è unico e senza appello, al contrario dell’omicidio che deve ripetersi senza fine. Poiché realizza la confusione ideale tra il carnefice e la vittima”.
Il suicidio di quelle vittime dello Stato che non vedendosi riconosciuti i propri diritti tendono a colpire coloro i quali, dopo aver subito le stesse immani tragedie, aver vissuto gli stessi drammi e aver subito le stesse ingiustizie da parte di uno Stato-carnefice, dovrebbero vedersi isolati da chi, secondo il principio del “Mors tua vita mea”, mira a raggiungere un proprio traguardo senza rendersi neppure conto di come la divisione si trasformi in realtà in una sorta di suicidio di massa che vedrà sopravvivere soltanto i carnefici. Ovvero, quella classe politica tanto biasimata che poco o nulla ha fatto affinchè venga resa giustizia alle vittime del terrorismo e della mafia e affinchè vengano riconosciuti ai familiari delle stesse i propri diritti.
A riproporre una divisione all’interno del mondo delle vittime, la Presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, Giovanna Maggiani Chelli, che a mezzo stampa (Antimafiaduemila) ricorda a Graziano Del Rio, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, “che mancherebbero quelle coperture (finanziarie -ndr) atte a sopperire alle inadempienze della legge 206 del 2014, relativa alle vittime del terrorismo e le stragi di tale matrice, legge che prevede la copertura per le pensioni di chi all’80% della capacità lavorativa, a lavorare non può più andare e un posto in Parlamento di padre in figlio non lo hanno ancora trovato”.
Un richiamo forse giusto e sacrosanto se non fosse che la soluzione al problema la Maggiani Chelli la cerca in un ulteriore distinguo tra “vittime innocenti di mafia” e “vittime del terrorismo e le stragi di tale matrice”. Una differenza già sostanziale, visto che il diverso status concede garanzie diverse a vittime che a volte, paradossalmente, sono tali ad opera della stessa mano e dello stesso tritolo.
“Per questioni esclusivamente politiche di gestione delle vittime – afferma la Maggiani Chelli -, si è voluto a suo tempo equiparare le vittime di mafia alla stato puro, alle vittime del terrorismo eversivo e delle stragi di tale matrice, facendo venire meno il principio per il quale ci siamo battuti per anni, avere una Legge che ponesse fine alla aberrante situazione delle vittime delle stragi terroristiche eversive avvenute in Italia dal 1961 al 1994 […] Le vittime di puro stampo mafioso non hanno trovato in Parlamento referenti politici che li aiutassero ad ottenere una legge idonea alle loro di esigenze che sono giustamente le più disparate, infatti lo sfruttamento politico delle vittime consono ad un certo tipo di politica non risarcitoria, ma di mantenimento di uno stato “di diritto” di costate lamento per sempre, le ha incanalate attraverso slogan inneggianti a “vittime di serie A e vittime di serie B”, ad introdursi nella norma 206 del 2004 legge costa lacrime e sangue alle vittime del terrorismo e le stragi di tale matrice, che fin dall’inizio portava con se un elenco di poco più di vittime ben precise e uguali a nessuna in questo Paese”.
Sorvolando sul principo secondo il quale in uno stato di diritto un Parlamento dovrebbe occuparsi di diritti collettivi perchè promossi da “referenti politici” – come afferma la presidente dell’Associazione -, pensiero questo che mi porterebbe a fare un lunghissimo discorso in merito al concetto di politica clientelare, aprendo ulteriori polemiche, val la pena di ricordare come la strage di via dei Georgofili, avvenuta nel maggio 1993 a causa dell’esplosione di un’autobomba in via dei Georgofili a Firenze che provocò l’uccisione di cinque persone e numerosi feriti, venne inquadrata nel contesto di quella guerra allo Stato voluta da Totò Riina durante il cosiddetto “periodo stragista” di Cosa Nostra che portò anche alla morte dei giudici Falcone e Borsellino e di tante altre persone.
Voler fare un distinguo tra il tritolo usato dalla stessa mano assassina nelle diverse circostanze – quando non nel corso dello stesso evento – concedendo un diverso status alle vittime, oltre che ad essere aberrante, pone seri interrogativi ed aprirebbe a nuovi scenari a discapito delle tante vittime innocenti di mafia e terrorismo.
Sulla vicenda è intervenuto Giuseppe Ciminnisi, figlio di una vittima innocente di mafia: “La signora Maggiani Chelli, dovrebbe sapere benissimo che i familiari delle vittime di mafia più volte hanno protestato per l’enorme differenza legislativa che divide, quasi fossero antagonisti, le vittime di mafia dalle vittime del terrorismo mafioso. Divisioni che in un paese civile e democratico non dovrebbero esistere, poichè difronte allo Stato siamo tutti cittadini italiani. Purtroppo la Sicilia ha pagato un tributo di sangue altissimo e non ho mai capito il motivo che spinge la signora in questione a cercare, con le sue esternazioni, di creare ulteriori divisioni cercando la soluzione al problema in nuove leggi discriminatorie nei confronti delle vittime di mafia. Vorrebbe forse che per sanare il vulnus della questione chiedessimo ai noti mafiosi Riina e Provenzano, autori anche, ma non solo, delle strage di Firenze, di dichiararsi terroristi? Le responsabilità di queste differenze normative qualcuno dovrebbe sapere benissimo di chi sono. Noi familiari di vittime di mafia, per vedere riconosciuti i nostri diritti, abbiamo dovuto inscenare delle proteste e non sederci al fianco dei componenti dei vari governi succedutisi affinchè gli emendamenti passassero in finanziaria o nei vari disegni di leggi selvagge presentati da alcuni politici che la signora Maggiani Chelli conosce benissimo assieme al deputato Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione della vittime del terrorismo della strage di Bologna. Vorrei anche ricordare come Legge 22 Dicembre 1999, n. 512, della quale beneficiano le “vittime del terrorismo eversivo e delle stragi di tale matrice”, riguarda la “Istituzione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso. A parte le incongruenze di chi vorrebbe venissero adottati due diversi pesi e misure sull’applicazione delle leggi, a parte le discrasie riscontrabili già nell’attuale applicazione delle stesse, mi chiedo quale sia il senso di questa lotta intestina che conduce chi come noi è vittima dello stesso tritolo, delle stesse lupare, delle stesse ingiustizie”
E se tritolo e lupare non li uccisero tutti, applicando rigorosamente il principio del “mors tua vita mea” si suicidarono in massa – in termini di diritto – rendendo un grosso favore ai politici, che continuarono a vivere felici e contenti….
Gian J. Morici