È la più pericolosa partita dai tempi della Guerra Fredda quella che Russia e Occidente stanno giocando in Ucraina. Putin ha dato il via all’operazione militare d’invasione della Crimea per garantire e difendere i diritti dei cittadini di lingua russa. Solo per questo? E solo in Crimea, o l’intervento si estenderà anche nelle altre regioni dell’Ucraina?
Dopo la lunghissima telefonata di ieri tra Obama e Putin, gli americani, seppur tardivamente, cominciano a pianificare le contromosse all’ingerenza del Cremlino su Kiev.
John Brennan a capo della Cia, James Clapper a capo della NSA e il generale Dempsey sono già al lavoro dopo un incontro tenutosi alla Casa Bianca.
Mentre il segretario generale Onu, Ban Ki-Moon si dice molto preoccupato per la situazione in Ucraina e invita tutti alla calma, gli ucraini fanno sapere di esser pronti a rispondere militarmente ai russi in caso d’intervento da parte del loro esercito e Putin passa all’azione dispiegando migliaia di uomini e mezzi in Crimea e prendendo il controllo delle basi strategiche della regione.
Il timore degli ucraini è che Mosca possa tentare il colpo di mano come avvenne nel 2008 con la Georgia quando, con gli stessi metodi ed in analoghe circostanze venne occupato il Paese.
Ma l’Ucraina non è la Georgia e la situazione qui è molto più complessa. Mentre l’opinione pubblica si divide tra filo-russi e filo-americani, il popolo ucraino, a prescindere se di lingua russa o meno, rischia di pagare le conseguenze dell’ingerenza da parte di altre nazioni che hanno tutte interesse ad avere il controllo su un’area strategica.
Non ci sono buoni e cattivi. Ci sono soltanto grandi interessi da difendere. Interessi che hanno portato ad alimentare uno scontro interno tra le fila di chi si sente legato alla Russia – come è il caso dei cittadini della Crimea che sono passati dall’appartenenza all’ex Unione Sovietica allo status di territorio a statuto speciale dello Stato indipendente dell’Ucraina – a quelle di chi vorrebbe sganciarsi dalla Russia ed essere libero di poter eleggere in maniera democratica e senza ingerenze un proprio presidente che non sia legato a Mosca.
Purtroppo in questo contesto si sono inserite frange estremiste che offrono facile sponda a chi vuole denigrare la rivolta di Euromaidan.
La Crimea è russa. La lingua parlata è russa. La maggioranza etnica è russa. Ma neppure i cittadini della Crimea, neanche quelli russi, vogliono la guerra. Kiev ha forse commesso l’errore di pensare che si possa cancellare la lingua e la storia di quella regione e del suo popolo, suscitando così le reazioni da una parte della popolazione russa della Crimea che si sente oggi minacciata dagli ucraini ed è pronta ad accogliere le forze armate del Cremlino. Ma questo può giustificare l’intervento russo che minaccia altre aree che non riconoscono Mosca quale capitale occulta?
La popolazione ucraina è dunque parzialmente divisa sulla questione dell’appartenenza etnica e sull’eventuale ingresso in Europa. Il silenzio dei mass media occidentali durante i primi giorni delle proteste, così come quello dei governi, ha di fatto favorito le relazioni conflittuali che stanno venendo fuori nel Paese, permettendo l’ingerenza interna da parte della Russia, degli Stati Uniti, della NATO e dell’Unione europea negli affari sovrani interni dell’Ucraina.
È una revisione di quella che fu la Conferenza di Yalta che diede luogo alla nascita dei due blocchi che videro da una parte gli Stati Uniti e dall’altra l’ex Unione Sovietica. Nel mezzo, purtroppo, le vere vittime degli interessi delle superpotenze: i popoli!
Una politica spregiudicata che impedisce la pace e il diritto dei popoli all’autodeterminazione. Se il popolo dell’Ucraina vuole o non vuole l’integrazione nell’Unione europea, se vuole o non vuole la presenza della NATO sul territorio, che sia il popolo ucraino a deciderlo liberamente ed in piena democrazia.
Gli ucraini non vogliono vedere Kiev occupata da frange estremiste quali quelle che sono apparse nel corso di alcune manifestazioni, così come non vogliono assistere all’occupazione da parte di quello che resta di ciò che fu l’Armata Rossa.
Gli ucraini vogliono la loro indipendenza per poter determinare il proprio destino senza pressioni da parte di altri Stati. Senza l’imposizione di marionette al servizio dell’Occidente o della Russia.
Se non fosse possibile rendere l’Ucraina una nazione unificata e indipendente, sarà allora necessario valutare l’ipotesi dell’indipendenza di alcune regioni – come la Crimea – lasciando alle popolazioni il diritto di decidere autonomamente l’integrazione del paese alle istituzioni euro-atlantiche o a quelle russe. Soltanto così si può scongiurare una grave crisi che rischia di sconvolgere gli equilibri dell’intero continente e forse dell’intero pianeta.
Ma questo, ovviamente, collide con gli interessi di Washington e di Mosca. Interessi dettati da posizioni militari ed economiche strategiche che mirano a porre l’Ucraina sotto il controllo del blocco Occidentale o sotto quello della Russia. Anche la stessa Italia non può essere esclusa dalle nazioni che guardano alle vicende ucraine con un occhio agli accordi economici raggiunti con la Russia di Putin e con l’altro all’appartenenza ai Paesi Nato. Una posizione equivoca dettata dagli interessi nel settore dell’energia che hanno visto le principali aziende italiane allearsi con i russi a discapito delle nazioni con le quali abbiamo accordi economici, politici e militari.
In questo contesto, mentre le forze militari di entrambi i blocchi sono già in allarme rosso, non è difficile prevedere a breve sviluppi in altri Paesi che possano arginare l’espansione russa, come nel caso della Polonia.
Gian J. Morici