Ventiquattro anni, la gioia di vivere. I primi mandorli fioriti e i templi. Chiusi nel loro mutismo millenario, ammiccano a questa nuova primavera. La buca, l’auto e poi il nulla. Quel nulla buio e freddo come una notte d’inverno. Ad Agrigento si muore anche così. Non è diverso da quanto accade in altre città italiane. Le “strade trappola”, quelle che con le loro buche ingoiano vite umane, le abbiamo viste ovunque. Le abbiamo viste sulle pagine dei giornali locali, ma anche su testate nazionali. La buca attende. Se non è oggi, sarà domani che un’altra Chiara, come in un rito sacrificale, offrirà la sua giovane vita al dio dell’incapacità, dell’incuria, dell’interesse personale posto al di sopra di quello della collettività.
Ma la colpa è soltanto di chi amministra? Che sia una buca, un semaforo guasto o qualsiasi altra cosa, poco importa. Che il sindaco, il presidente della Provincia o il governo siano di destra o di sinistra, poco importa. L’incuria e l’incapacità non hanno colore.
Ad Agrigento i funerali si sono celebrati ieri. C’era il dolore e la rabbia di quanti conoscevano Chiara. La stessa rabbia di chi, pur non conoscendola, ha sentito il dovere di essere presente. C’erano i giornalisti. Quelli che in questi giorni, immediatamente dopo l’incidente, hanno usato parole forti contro chi amministra. C’erano anche i politici. Gli amministratori della città dei templi. C’erano tutti, ma proprio tutti, tranne Chiara. Chiara non c’è più.
È stato a causa della buca? Forse. Molto probabilmente. Quasi certamente. Saranno altri a stabilirlo. E la colpa, è di chi amministra? No. Sicuramente, no. La colpa è di ognuno di noi. Di chi chiede un favore personale in cambio di un voto; di chi vuole, pretende, un obolo per quel voto che ha dato; dei giornalisti che in cambio dei loro silenzi, lo stesso mutismo millenario dei templi, hanno ottenuto incarichi e pubblicità.
Incarichi e pubblicità che sanno tanto di tangente legalizzata. Quelle pubblicità istituzionali che molto pirandellianamente servono a promuovere Agrigento agli agrigentini, la Sicilia ai siciliani. Già, chi non ricorda i manifesti affissi in tutta la Sicilia per decantare le bellezze siciliane? E le arance siciliane promosse in Sicilia? Possiamo chiamarla pubblicità, o era altro? E la Sagra del mandorlo in fiore di Agrigento? E la pubblicità per un inesistente aeroporto che mai si farà? E i giornali pronti ad elogiare o denigrare gli organizzatori secondo l’importo di volta in volta assegnato per la pubblicità? Nulla di diverso di quanto accade a livello nazionale con politici che pagano per partecipare ai programmi televisivi, con imprese che sponsorizzano le testate, con viaggi, soggiorni e regalie elargite a piene mani a pennivendoli che decanteranno le virtù di quell’azienda, di quel progetto. La città crolla, l’asfalto è un enorme cratere. Il Paese, metaforicamente, crolla. Tanto silenzio prima, tanto inutile rumore adesso. Ci vuole coraggio…
Il 2013 ci ha lasciati. E con il vecchio anno, anche Chiara ci ha lasciati. Quello che non lascerà chi l’ha conosciuta, chi l’ha amata, chi l’ha stimata, è il dolore della perdita. Vorrei che anche dell’altro non lasciasse ognuno di noi. Il rimorso per i nostri silenzi prezzolati; per i voti dati in cambio di un favore, a volte solo di una speranza; per aver sperperato denaro pubblico e con lo stesso aver tacitato le coscienze. Smettiamola di cercare nella buca, in un amministratore, il capro espiatorio. La colpa è di ognuno di noi. Di chi non ha fatto il proprio dovere di cittadino. Di chi ha chiesto qualcosa di diverso da quello che avrebbe dovuto chiedere ad un amministratore.
Ci vuole coraggio a pensare alle tante Chiara morte per un incidente, per un crollo o per un caso di malasanità, e non sentircene responsabili. Ci vuole molto coraggio…
Ciao Chiara!
Gian J. Morici