Il neo Presidente della Camera del Senato Pietro Grasso intervenendo a “Servizio Pubblico”, la trasmissione condotta da Michele Santoro in onda il giovedì in prima serata su La7, redarguisce pesantemente il giornalista Marco Travaglio reo di avergli mosso delle critiche.
Grasso, che nella qualità di Presidente del Senato è la seconda più importante carica dello Stato Italiano, ha sfidato Travaglio ad un confronto televisivo, con carte alla mano, per dimostrare l’infondatezza delle accuse o meglio per dirla con le parole dell’ex procuratore: “su tutto quello che d’infamante è solito dire, scrivere nei miei confronti e, soprattutto, della mia nomina a procuratore nazionale antimafia. Certo si parla di libertà d’informazione ma è brutto sentirsi accusare senza la possibilità di potersi difendere”.
Un Presidente del Senato confuso che all’inizio del collegamento in diretta telefonica ha sottolineato di non aver visto tutta la trasmissione “e, soprattutto, tutto l’intervento del signor Travaglio, però, da quello che ho sentito sono state fatte nei miei confronti delle accuse infamanti”, salvo poi quando Santoro nelle inedite vesti di pacificatore, nonché lo stesso Travaglio, gli hanno chiesto quali fossero le accuse infamanti di cui si stava lamentando ha rinunciato ad indicarne almeno una, liquidando Santoro e Travaglio ma, soprattutto, i numerosi telespettatori “guardi io non accetto in questo momento il confronto anche perché sono stanco per una giornata di duro lavoro… Quindi se vuole (Travaglio – ndr) accetti il confronto con dati alla mano, con documenti”.
Travaglio dovrebbe dunque accettare un confronto televisivo con la Seconda Carica dello Stato, ex procuratore nazionale antimafia, su una rete televisiva che sceglierà Grasso e supponiamo con le regole che lo stesso vorrà scegliere.
Se da un lato può essere comprensibile la rabbia del sen. Grasso alle critiche mosse da Travaglio in un momento così delicato e in una giornata difficilissima per la formazione del futuro Governo, ove Grasso nei prossimi giorni potrebbe giocare un ruolo importante, dall’altro lato a molti italiani deve essere sembrato inopportuno l’intervento del Presidente del Senato che anziché replicare immediatamente alle accuse mosse dal giornalista e ritenute infamanti, si ritira dall’intervento giustificandosi di essere stanco per una giornata di duro lavoro.
“Non posso aspettare una settimana, devo mettere fine a queste accuse il più presto possibile – dall’alto della sua carica ha preteso il neo Presidente del Senato, che solo ieri, quando in diretta TV aveva annunciato di essersi decurtato del 30% il proprio stipendio, era piaciuto a tutti gli italiani”.
Quando nell’ottobre 2005 Pietro Grasso fu nominato procuratore nazionale antimafia, la sua nomina non fu esente da pungenti polemiche sia in ambito politico che giudiziario, poiché dall’allora Governo Berlusconi fu presentato un emendamento alla legge delega dell’ordinamento giudiziario che di fatto estromise dalla nomina a Procuratore Nazionale Antimafia, per sopraggiunti limiti di età e a tutto vantaggio di Grasso, Giancarlo Caselli allora Procuratore della Repubblica al Tribunale di Palermo. E solo dopo la nomina di Pietro Grasso a Procuratore Nazionale Antimafia, la Corte Costituzionale dichiarò illegittimo il provvedimento che nella prassi escluse Caselli dal concorso.
Senza mettere in dubbio i meriti Grasso nella lotta alla criminalità organizzata, alle orecchie degli italiani nel maggio 2012 devono essere arrivate come una stonatura le sue dichiarazioni dai microfoni de “La Zanzara”, la nota trasmissione radio in onda su Radio 24, quando disse: “Un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia” per l’approvazione di norme che hanno consentito di “sequestrare in tre anni moltissimi beni ai mafiosi“.
Non sembra superfluo ricordare che se da un lato alcune norme avranno permesso, come affermato da Grasso, di sequestrare in tre anni molti beni ai mafiosi, dall’altro lato norme berlusconiane quali il D.L. 194/2009 hanno consentito di fruire dello scudo fiscale permettendo in un battibaleno il rientro di capitali dall’estero, non sempre di trasparente e legale provenienza, pagando solamente il 5% quali imposte, interessi e sanzioni.
Chissà, in virtù degli apprezzamenti al Governo Berlusconi, se la candidatura di Pietro Grasso alla Presidenza del Senato della Repubblica non sia stata meditata, da parte della coalizione del centrosinistra, per mettere in difficoltà il PDL e lo stesso Berlusconi più che i Cinque Stelle come poi di fatto è accaduto.
Totò Castellana