È estremamente difficile riuscire ad esprimere con le parole il sentimento di profonda gratitudine nei riguardi del personale medico ed infermieristico del reparto nel quale per più di novanta giorni è stata ricoverata mia sorella.
Una lunga degenza scandita da continui alti e bassi a causa di una patologia così complicata.
Le speranze di vita di mia sorella erano poche, era in ventilazione assistita al 100% e in sepsi.
A me e ai miei cari non rimaneva altro che pregare. Ma da quel momento inizia quello che può essere definito un miracolo. Gli sforzi dei medici sono stati a dir poco encomiabili.
Tale miracolo è , sicuramente anche frutto della PROFESSIONALITA’ dell’intera equipe medica e sanitaria che ha assistito Loredana, persone che uniscono alle spiccate doti professionali quelle umane.
Una lunga degenza, dicevo, che non lascia certo un bel ricordo se non quello di avere conosciuto delle persone stupende (medici, infermieri e personale tutto).
Spendere qualche parola per questo reparto, è il minimo che si possa fare, perché molto spesso si parla di mala sanità dimenticando i molti casi in cui la grande professionalità, l’alto senso del dovere e l’amore per la propria professione consentono il conseguimento di risultati che sembrano impossibili.
Con Loredana è successo esattamente ciò.
È, quindi, doveroso che io mi accinga a scrivere queste poche righe sperando di riuscire a esternare tutta la mia gratitudine.
E’ un atto dovuto anche perché la Sanità spesso assurge agli onori della cronaca per fatti negativi, spesso ingigantiti e non sempre rispondenti all’esatto svolgersi dei fatti.
Il mio vuole essere un messaggio di speranza, di lode a tutti quei medici ed infermieri, che pur operando in realtà difficili onorano con il loro impegno e dedizione la professione che esercitano.
Il mio grazie di cuore va anche ai chirurghi che per ben quattro volte hanno operato Loredana contribuendo anch’essi al “miracolo”
Seppure con grossa apprensione, dopo i colloqui con il personale
Medico, all’uscita dall’ora di visita dei propri cari, ho avuto sempre la sensazione che tutti, ognuno per le proprie competenze avrebbe fatto, in un momento così drammatico, tutto ciò che è era necessario ed indispensabile per tentare di salvare la vita ai pazienti ricoverati.
Sia pure limitatamente al poco tempo concesso per le visite, ho avuto modo in questi interminabili giorni di respirare l’aria di un reparto che evoca sensazioni forti perché lì ogni giorno si lotta tra la vita e la morte e giustamente ognuno di noi cerca di dimenticare in fretta il periodo trascorso lì.
Un reparto, dove ti si gela il sangue ad entrare perché lì, dove non si vede mai
la luce del giorno diretta, le ore vengono scandite dal continuo suono dei macchinari
che tengono in vita i pazienti e dall’incessante lavoro del personale.
Le operazioni che precedono la possibilità per un paziente di respirare da solo sono
vissute con grande scrupolosità ed attenzione; ed i gesti usuali come chiedere ad un
paziente di stringere la mano o di tossire in maniera possente assumono un
significato ben preciso. Solo allora, se riesci per un attimo a distogliere i pensieri dal
dramma che stai vivendo, ti accorgi che dietro a quei camici si cela una grande
professionalità dalla maggior parte di noi sottovalutata o ignorata ma soprattutto un grande cuore.
Ognuno segue i malati a loro affidati, di giorno e di notte, svolgendo qualsiasi
operazione vitale, senza mai far trapelare stanchezza e momenti di nervosismo con
un unico obiettivo: quello di aiutare i pazienti così gravi a riprendere le proprie
funzioni vitali.
Questa lettera potrebbe sembrare solo un atto dovuto, invece l’intento è quello
di elogiare tanta professionalità e tanta umanità, in un tipo di reparto il cui lavoro comporta tanto stress, sacrificio e sopratutto amore per il prossimo.
L’esperienza vissuta con mia sorella, mi ha portato a scrivere questa lettera,
perché non ho potuto ringraziare personalmente e singolarmente tutto il personale infermieristico. Non ho potuto ringraziare personalmente le Capo Sala, sempre presenti e disponibili.
Non ho potuto stringere direttamente la mano al Primario, Dott. Arena, né dire grazie di cuore, anche a nome dei mie familiari al Dott. Marotta e a tutto il personale medico che non cito singolarmente per non correre il rischio di dimenticarne qualcuno. Tutti sensibili nel momento del colloquio con i familiari dei pazienti, nel soppesare le parole dette perché queste possono rappresentare un momento felice o molto doloroso e bisogna evitare di creare facili aspettative o allarmismi inutili.
Non voglio poi tralasciare di ringraziare tutti gli infermieri di cui ignoro il nome ed
il personale di supporto nel reparto, che a turno hanno assistito Loredana, cercando, in
quelle lunghe giornate di essere sempre attenti e premurosi, provvedendo
alle sue necessità primarie con molta umanità, e nel contempo cercando di dare a
me il massimo sollievo in quelle interminabili ore di silenzio trascorse in trepida attesa di notizie.
Grazie di cuore
Massimo Cordaro
Anche alla mia famiglia è capitato qualcosa di simile alcuni anni fa. Mio figlio ricoverato al reparto ortopedia di Agrigento per un grave incidente stradale. Paura e trepidazione, ma dopo circa nove mesi di ricoveri, dimissioni, cure tutto si è risolto per il meglio. Nel reparto ho trovato grande umanità, solidarietà e competenza. Da parte del personale medico, degli infermieri, i portantini ed anche gli addetti alle pulizie. Neanche credevo di essere all’ospedale di Agrigento!