Sono trascorsi quasi due anni dall’inizio della cosiddetta Primavera araba. Un evento la cui incidenza sui futuri assetti geostrategici mondiali non è di chiara lettura, visto che si tratta di un processo che deve ancora confrontarsi con le incognite della storia. I paesi interessati dalla rivolta, hanno in comune le stesse difficili condizioni di vita dovute ad una crescente disoccupazione, a diseguaglianza socio-giuridica tra i due sessi, a conflittualità di carattere religioso.
In gioco, la democratizzazione di alcuni paesi, le cui nuove generazioni, grazie anche a mezzi di comunicazione come internet, hanno cambiato la loro relazione con il resto del mondo, trasformando un rapporto conflittuale in un confronto evolutivo.
Ma la Primavera araba, secondo alcuni, non sarebbe priva di rischi, visto che in molti paesi dopo le rivolte si è assistito alla vittoria elettorale di candidati islamici, che hanno sconfitto con ampio margine di vittoria le forze politiche di carattere laico.
Particolarmente importante il conflitto siriano, i cui sviluppi saranno determinanti per i futuri equilibri regionali.
Da una parte gli Ayatollah in appoggio agli alawiti di Assad, dall’altra l’Arabia Saudita (paese nel quale affonda le radici il credo wahabita), schierata contro l’attuale regime.
Nel mezzo, la popolazione laica o moderata, che crede in un processo di democratizzazione del paese.
A margine del conflitto, ma direttamente interessata, Israele, che ha da temere sia nel caso in cui la Siria cada sotto il controllo degli Ayatollah, sia nel caso in cui ad operare il controllo della nazione fossero le frange più estremiste dell’Islam legate ai wahabiti sauditi. Non si può parlare di Israele, senza parlare di Mossad. Ed è per questa ragione che abbiamo intervistato Antonella Colonna Vilasi, scrittrice, giornalista e docente italiana, prima autrice europea ad aver pubblicato una trilogia sui temi dell’intelligence, professore universitario in Svizzera, che sull’intelligence tiene conferenze e lezioni in varie agenzie ed università (Tirana, Parigi, Madrid, Londra, New York, Malta, Atene, Bucarest, Il Cairo, Beirut).
Iniziamo l’intervista, partendo dalla sua recente analisi sugli scenari futuri del Mossad, pubblicata da Panorama.
D: Ogni qualvolta si parla di Israele, il discorso cade inevitabilmente su quello che al mondo è uno dei più discussi e temuti servizi segreti: il Mossad!
R: Si tratta di uno dei più impenetrabili servizi segreti al mondo, dal quale dipendono le sorti dello Stato ebraico, fin da quando a partire dal 1948 lo stesso si trova in perenne conflitto con i paesi arabi confinanti…
D: Mossad. Per molti sinonimo di efficienza, ma, così come per i servizi di altri paesi – ad esempio la C.I.A. – sinonimo anche di tante malefatte… Ma è così efficiente il Mossad?
R: Non si può certo accusare il Mossad di “scarsa efficienza”, anche se negli anni ’90 il fallimento di alcune operazioni di intelligence ne aveva offuscato l’immagine… Di recente, il servizio segreto israeliano sta riconquistando la fama e l’efficienza che dall’immediato dopoguerra ha contraddistinto gli uomini che ne hanno fatto parte.
D: In che misura la Primavera araba inciderà sui futuri equilibri nell’area mediorientale?
R: Non c’è dubbio che quanto accaduto a seguito delle rivolte ha stravolto lo scacchiere mediorientale, mutando in prospettiva lo scenario di alleanze e storiche inimicizie. L’islamizzazione in atto in molti paesi della sponda sud del mediterraneo, con la vittoria di Ennadha in Tunisia e dei Fratelli Musulmani in Egitto, fa sì che i legami che c’erano fra OLP-ANP e questi paesi, venuto meno il carattere laico dei governi, sia destinato a mutare. In questo novo scenario, il ruolo di Hamas sarà sempre più decisivo.
D: Il passaggio attraverso il processo elettorale dei movimenti islamisti, dalla contestazione alle istituzioni, potrebbe far paventare l’avvento di una sorta di stati sharia?
R: Attualmente i fermenti in progress nei due paesi sono volti allo sviluppo di uno stato democratico in cui la voce del popolo abbia più ascolto. La cosiddetta primavera araba ha spazzato via i dittatori ed i governi sono in una fase di elaborazione su quello che sarà il futuro delle due democrazie.
D: Quanto peseranno in futuro le conseguenze della rivolta siriana?
R: Il governo alawita, attualmente al potere in Siria, è il frutto di un delicato accordo di potere tra le minoranze cristiano-copte e la maggioranza sunnita. Tuttavia le atrocità che si stanno susseguendo negli ultimi mesi sta coprendo l’attuale governo di ombre e inevitabili denunce. La caduta del governo di Assad in Siria, potrebbe comunque aprire scenari di instabilità regionale.
D: Il rischio di un allargamento del conflitto è davvero reale?
R: Dopo il fondamentalismo islamico, che nella regione si nutre potentemente di antisionismo, il nemico maggiore per la sicurezza e la sopravvivenza di Israele è rappresentato dal programma nucleare iraniano. Una escalation militare fra i due paesi, finirebbe con l’incendiare tutta la regione.
D: Quali saranno le future strategie del Mossad per fronteggiare eventuali attacchi terroristici o un allargamento del conflitto che vedrebbe coinvolti paesi come l’Iran?
R: Le nuove minacce terroristiche, non sono soltanto quelle di tipo classico, ma anche di tipo tecnologico. La cyber-war, è una realtà con la quale il Mossad è chiamato a confrontarsi. Questo vale per le nuove forme di terrorismo, come per la guerra contro l’Iran che viene combattuta anche con mezzi ipertecnologici come il virus informatico Stuxnet. Ovvio che il Mossad si è già adeguato alle sfide ed alle minacce della guerra informatica…
D: Nell’immaginario collettivo, gli agenti dei servizi segreti vengono visti come spietati killer pronti ad eliminare fisicamente i nemici del proprio paese. Sarà ancora così per il Mossad?
R: L’evoluzione delle guerre e delle azioni terroristiche, porta inevitabilmente a nuove strategie di difesa. Gli agenti del Mossad – così come riportato nella mia analisi pubblicata da Panorama – nel futuro saranno meno operativi nel liquidare nemici di Israele sul campo e molto più impegnati in altri tipi di spionaggio e difesa: meno pistole e più computer. Quello che è certo è che la storia del Mossad è inscindibile con quella di Israele: quali saranno le esigenze di sicurezza interna ed esterna dello stato ebraico, là si troveranno gli agenti del Mossad.
Quale sarà il futuro e il processo di democratizzazione dei paesi interessati dalle rivolte, potrà dircelo solo il tempo, quando avrà risolto le inevitabili incognite di un processo non ancora conclusosi.
Un processo di democratizzazione nel contesto islamico, che dovrà portare alla soluzione del conflitto fra maggioranza e minoranza, ma anche delle discriminazioni nei riguardi delle donne e quelle di carattere religioso.
Un processo già avviato in Tunisia, dove, quantomeno, è netta la scissione tra chi propende per una vera democrazia e chi invece la rifiuta. Sarà possibile arrivare ad un Islam politico che, prese le distanze dal fondamentalismo radicale, guardi al futuro di una società globale? Una risposta che soltanto il tempo, con l’aiuto delle nuove generazioni, potrà darci…
Gian J. Morici