Cinzia Ficco intervista Ettore Zanca (Fonte: “Tipi Tosti”)
Un omaggio a Palermo, e, soprattutto, ad alcuni dei suoi eroi: i magistrati Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e i componenti – uomini e donne – delle scorte, che morirono nelle stragi del ’92.
E’ il libro “Vent’anni”, curato da Daniela Gambino ed Ettore Zanca, edito da Coppola www.coppolaeditore.com, in uscita il 18 maggio prossimo. Racconti, interviste, testimonianze, impressioni, monologhi teatrali e testi di canzone, per non dimenticare. Sembra il diario di una partecipazione emotiva, un ritratto di Palermo e del Paese. Emozioni intime che diventano condivise.
Ne parla uno degli autori, Ettore Zanca, nato a Palermo, nel ‘71, consulente legale, oggi residente a Colleferro.
Come è nata e, soprattutto, quando, l’idea di scrivere un libro come Vent’anni?
Cominciamo col dire che l’idea di scrivere un libro è nata da un amore per la Sicilia e per Palermo in particolare, che si è fuso col mio. L’idea è venuta a Daniela Gambino, il cui curriculum corposo e onorevole la classifica a buon diritto scrittrice, contrariamente a me che sono poco più che esordiente. Daniela ha parlato con un altro cervello in ebollizione, che è l’editore Salvatore Coppola, il quale, se un progetto si contorna di semplicità non gli piace. La semplicità non appartiene ai sognatori e vola bassa. Siccome l’idea era abbastanza audace allora lo ha preso. Hanno concepito un libro che aveva una domanda semplice: dov’eri e che facevi al momento delle stragi? da porgere ad alcune persone famose, ma vicine alla gente. Nel momento in cui il libro è stato messo in cantiere, l’editore mi ha incluso con un racconto sui magistrati: il mio modo di testimoniare, scrivendo.
Poi?
Ho chiesto se anche io potevo intervistare altre persone, che sarebbero state onorate di portare il loro contributo. Salvatore e Daniela hanno acconsentito. Da quel momento la magia è iniziata e mi sono trovato incluso in un sogno di cui non li ringrazierò mai a sufficienza.
Sulla quarta di copertina si legge: “Abbiamo provato a riportare e riportarci alla memoria due stragi del 1992 nel modo più dolce possibile. Come riaprire una ferita per curarla meglio, con più amore. Sono venuti fuori ricordi con la sete di giustizia, la voglia di consegnare un mondo più onesto, l’eredità morale, la consapevolezza che non c’è ancora un colpevole certo e non ha pagato del tutto chi dovrebbe pagare.” Chi avrebbe dovuto pagare e non ha pagato? Cosa vuole dire?
Che manca un passaggio finale, quello di chi davvero ha pensato tutto questo. Manca il punto esatto, in cui, chi ha eseguito le stragi si incrocia e si fonde con chi quelle stragi le ha volute, perché sapeva che peso politico e che planimetria devastante avesse eliminare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Per usare una metafora calcistica sappiamo chi erano le squadre che materialmente hanno agito, ma non sappiamo chi allenava, chi si metteva a guardare dall’alto l’accaduto con posti in prima fila e con responsabilità precise per avere commissionato e pianificato.
E quale il messaggio più ampio che lanciate con questo libro?
Il messaggio più ampio è che a metà tra lacrime e tenacia, chi ha portato la sua testimonianza non dimentica, ma nemmeno archivia. Che abbiamo la memoria lucida e netta. Che non c’è alcuna intenzione di prendere Giovanni, Paolo e chi è morto con loro e per loro, farne dei ritratti con una bella cornice e rimirarli solo nel momento delle commemorazioni, che ogni giorno sono esempi di educazione, legalità e dedizione al dovere. Non solo.
Vada avanti!
Vogliamo dire che a volte fa male rivedere i filmati d’epoca sempre più lontana. Ma di quel dolore siamo felici, perché la loro ferita ci appartiene e non la vogliamo chiudere, forse curare meglio. Mi aspetto e spero che sia un libro inviso agli ambienti ingessati della letteratura e della società, ma amato da chi ama Palermo e ha amato chi ha dato la vita per lei. Anche con tutto il male unito alla bellezza devastante, che questa città contraddittoria può portare.
Chi vorrebbe che lo leggesse?
Chi vuole ricordare, chi vuole conoscere, perché non era nato. Vorrei anche che lo leggesse chi ancora crede ai luoghi comuni. Perché è un libro in cui la Sicilia è presa a esempio di civiltà, reazione e educazione alla legalità, in ricordi che provengono da tutta Italia: da Trento con Carlo Palermo e Denise Fasanelli, alla Sicilia con numerose e importanti testimonianze
Che idea ha delle stragi del ’92?
Prendo spunto da una affermazione che mio padre diceva, definendo quei giorni terribili. Ci sono state braccia locali, che hanno eseguito disegni altrui, geograficamente lontani da Palermo. E quei disegni sono ancora in gran parte inediti. A questo proposito una idea chiara all’ interno del libro la dà Ferdinando Imposimato con la sua testimonianza. Ma non voglio svelarvi niente.
A Radiobici.it, qualche giorno fa, Il procuratore aggiunto della procura distrettuale antimafia di Palermo, Antonio Ingroia, ha detto che le trattative Stato mafia non sono finite. Cosa dice?
Sì, ho sentito. Penso che Ingroia abbia una visione chiarissima e felicemente sintetica della situazione italiana, abbia il polso della lotta alla mafia. Colpisce molto il passaggio sui pezzi deviati di Stato, che continuano a trattare con le mafie. Il problema è che per troppa gente in Italia ciò che non viene detto in tv non esiste. Così si produce il maggior nutrimento, di cui la criminalità si pasce. Il silenzio.
La notizia è di cinque giorni fa: l’europarlamentare Sonia Alfano è il Presidente della CRIM, la prima Commissione Antimafia dell’Unione Europea. Si occuperà di rafforzare la cooperazione tra tutti gli organi che, a livello nazionale, europeo e internazionale, sono impegnati nella lotta al crimine organizzato. Sarà sufficiente?
Qualsiasi progetto antimafia ha bisogno di condivisione, di non lasciare soli coloro che stanno sul campo. Se veramente l’opera di supervisione e monitoraggio dei territori avverrà con impegno e la collaborazione delle polizie, è un passo importante. Ma credo che Giovanni Falcone avesse visto lungo quando ipotizzava una maggiore rapidità delle azioni di coordinamento delle polizie, dell’attenzione ai movimenti finanziari internazionali e dello snellimento delle procedure di rogatoria internazionale.
Secondo lei quanto nell’agenda di Governo degli ultimi venti anni è entrata la parola mafia?
Anche troppe, ma con l’intenzione di derubricarla e facendola apparire quasi un retaggio del passato. Ci sono state iniziative che hanno materialmente fatto entrare in Italia senza starci troppo a pensare, capitali di dubbia provenienza, quasi una lavanderia istituzionale. Mi viene in mente Francesco De Gregori, che nella canzone Bambini venite parvulos, dice: ‘Legalizzare la mafia sarà la regola del duemila, sarà il carisma di Mastro Lindo a organizzare la fila”.
Cosa è cambiato dal ’92 a Palermo? Ci indichi un personaggio che è rimasto tosto in questi venti anni.
In questi anni a Palermo ci siamo comportati in maniera simbolicamente gattopardesca, siamo cambiati per non cambiare. Per quanto mi riguarda posso dire sulla mia pelle che la città si stia comportando da madre snaturata.
In che senso?
Lascia andare via i figli che la amano di più e la porterebbero in palmo di mano, oppure li fa restare a condizioni inique. Io, che vivo a Colleferro, tornerei a lavorare nella mia città anche domani. Ma se è difficile trovare lavoro dovunque, nella mia amata città è un privilegio ancora più complicato. In più da buon palermitano non sono per nulla contento del silenzio di questi anni, mai foriero di buone notizie. Come persone di esempio viene facile indicare Ingroia. Lui e alcuni colleghi della magistratura come Scarpinato e Del Bene, che fanno un lavoro oscuro e a volte ostacolato. Ma sicuramente tosti sono tutti coloro che restano e si sbattono per una città più onesta, anche se non famosi
Un messaggio a quello che sarà il nuovo sindaco di Palermo
Speravo che la campagna elettorale fosse già un simbolo di cambiamento. Palermo poteva diventare davvero la capitale della rivolta del voto. Invece, si è assistito a contrasti e beghe poco edificanti. Al nuovo sindaco posso solo dire di essere cosciente di ciò che si può fare a Palermo non accettando compromessi e clientelismi. È una città capace di essere bella a volte pure da trascurata. Spero non finisca come con la favola del Tiranno Dionisio I.
E cioè?
A Siracusa nel 403 a.c. Dionisio I era talmente odiato, che tutti lo volevano morto. Poi quando morì ne venne uno peggiore. E si pregava per farlo ritornare in vita.
Nel libro ci sono le testimonianze di Rita Borsellino e Maria Falcone: una frase, un’espressione di queste due donne che le è rimasta impressa?
Entrambe le testimonianze sono state ascoltate da Daniela, che le ha riferite con le lacrime agli occhi per la commozione. Di Maria Falcone conserverò un ricordo.
Ci dica!
Porterò nel cuore una frase in particolare. Quando ha raccontato che sua madre è da considerarsi una vittima di mafia a tutti gli effetti, perché è morta dopo l’uccisione di Chinnici. Allora aveva tanta paura di perdere il figlio. Poco tempo prima aveva detto a un’amica: “Giovanni l’ha salvato Chinnici, ma adesso che non c’è più chi lo protegge?”
Di Rita Borsellino?
Ci ha raccontato che Paolo e Giovanni arrivavano alla soluzione delle iniziative da prendere come pool antimafia, litigando come matti. Rita racconta anche che Caponnetto, invece di mediare, li lasciava soli, sapeva che dal loro urlare sarebbe scaturito qualcosa di positivo. Ma rimando al libro.
Secondo lei col tempo scopriremo altro di quelle stragi?
Forse come successe con Mani pulite nel ‘92, quando qualcuno della classe politica attuale sarà un dinosauro stagionato e passato di moda, forse ribadisco, si ipotizzerà l’ovvio e si comincerà a parlare di sillogismi, di motivi veri per cui due rappresentanti delle istituzioni, dello Stato, da quello Stato sono stati uccisi. Allora forse saranno mandate in tv in modo integrale le interviste fatte da Borsellino, prima di morire. Di sicuro non solo non è stato detto tutto, non è stato detto ancora troppo di quello che si dovrebbe sapere.
I nomi di Borsellino e Falcone fanno ancora paura?
Luca Tescaroli ha detto nel libro che, paradossalmente, hanno fatto ancora più danni per la criminalità da quando non ci sono più. Hanno lasciato in eredità un teorema, per cui nulla è invincibile. Fanno paura perché se e spero quando si farà luce sulla loro morte in modo definitivo, si chiuderà un cerchio che comprende fin troppa attualità politica e istituzionale.
Considera utile la nuova Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni confiscati e sequestrati alle organizzazioni criminali?
Se sveltisce le assegnazioni e agevola la loro gestione, sì. L’Italia è il Paese in cui le cose cambiano a volte solo creando qualcosa che ha un nome nuovo o chiamando una cosa vecchia in un’altra maniera. Serve a prendere tempo e far finta di snellire.
Concludiamo con Rita Borsellino, battuta alle primarie.
Credo che Rita Borsellino sia stata vittima di persone che non so quanto inconsapevolmente l’hanno fatta cadere in un equivoco politico.
Che significa?
O si sceglieva un candidato col nome pesante o si facevano le primarie. Accettare questo ibrido ha significato suicidio politico e smembramento. Mi auguro che non se ne patiscano le conseguenze.
Cinzia Ficco
Hanno partecipato alla stesura del libro:
Salvatore Coppola, Maria Falcone, Rita Borsellino, Ignazio Arcoleo e Roberto Gueli, Letizia Battaglia, Rachid Berradi, Augusto Cavadi, Luigi Ciotti e Raffaele Sardo, Amelia Crisantino, Gaetano Curreri, Giuseppe Di Piazza, Daniela Gambino, Alfonso Giordano, Maurilio Grasso, Stefano Grasso e Corrado Fortuna, Enzo Guidotto, Sebastiano Gulisano, Ferdinando Imposimato, Pina Maisano Grassi e Chiara Caprì, Antonio Mazzeo, Natya Migliori, Marilena Monti, Carlo Palermo e Denise Fasanelli, Aldo Penna, Pippo Pollina, Enrico Ruggeri, Luca Tescaroli, Ettore Zanca.
Ettore Zanca nato a Palermo nel 1971. Vive a Colleferro (Roma), laureato in giurisprudenza, scrittore, blogger, giornalista online. Cura un editoriale dal titolo Fango e Stelle per la testata di informazione web Informare per Resistere, è autore per il quotidiano online “La Valle dei Templi”. I suoi articoli sono tradotti in inglese dalla testata web Times of Sicily e recensito in Spagna dal blog A Madrid si muove un’altra Italia. I suoi racconti di narrativa sono sfociati nella raccolta attualmente in visione ad alcune case editrici, intitolata E vissero tutti feriti e contenti. Co-fondatore di una testata indipendente contro le criminalità organizzate, denominata Rete di giornalisti antimafie. Intorno a maggio 2010 la testata online nazionale “Giornalettismo.com” ha cominciato a pubblicare una sua collana narrativa di racconti brevi, intitolata Antieroi antimafia. ha scritto per La Provincia di Frosinone il racconto il promontorio più bello del mondo, dedicato a Paolo Borsellino. Tra le sue passioni, c’è l’amore sconfinato per la sua città natale, Palermo, a cui ha dedicato un racconto pubblicato su “Giornalettismo”, intitolato Troppu scrusciu; la lettura di Alajmo, Carofiglio, Cavina, Perrone, in testa come narratori, Palazzolo e Bolzoni come autori di libri-inchiesta, il calcio, in ogni sua forma visibile e giocabile. Ha pubblicato sul Guerin sportivo l’inchiesta Calcio e Mafie, intervista a Daniele Poto. Infine la musica, Ruggeri, Fabi, Stadio, Liga, Vasco, Alessandro Mancuso, Tinturia, Van Des Sfroos, tra i preferiti. Vincitore del premio letterario Il convivio, Giardini Naxos 2010 con il racconto “Il colore che non esiste” e del concorso Fame di parole 2012 per racconti sui disturbi alimentari, della Società Italiana di Psicologia, con “Meglio essere Peter Parker”. Con Coppola Editore ha pubblicato nella collana Il pizzino della legalità, Zupì, gli infedeli e la favola di don Pino Puglisi e insieme a Daniela Gambino Vent’anni, libro che raccoglie testimonianze sulla strage di Capaci e di Via D’amelio in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e le scorte nel 1992. Il suo blog di racconti è beneficiodinventario.blogspot.it