“«Tra macerie e scazzottate» titolava così in prima pagina l’edizione provinciale del giornale «La Sicilia» e poi all’interno altro titolo «Quanto degrado ai piedi del Santo». I redattori, facendo la sintesi dei festeggiamenti della prima domenica di San Calogero, mettevano in risalto, “l’inciviltà” diffusa, nei comportamenti, gesti e parole di pochi “devoti” (?) che rovinano la festa e la devozione vera dei molti, così come gli stessi portatori tengono a precisare.”
Inizia così l’editoriale del “L’Amico del Popolo”, a firma del suo Direttore, Carmelo Petrone.
“Ma non è su questo che vorrei soffermarmi, quanto piuttosto sulle parole del sindaco, Marzo Zambuto alla vigilia della festa. Ha sorpreso non pochi, la dichiarazione spontanea, in apertura del telegiornale delle ore 14.00 sull’emittente televisiva Teleacras sabato 2 luglio.
Una fredda grandinata, nella calura estiva, sulla gioia dei fedeli cristiani che si accingevano ad onorare il Santo, amato da tutti gli agrigentini, il cui culto è da sempre promosso nelle sue forme più genuine e consone con la fede cristiana dai pastori della Chiesa.
Sabato, invece, questi fedeli si sono sentiti dire dal sindaco – seduto in studio con alle spalle le immagini della festa del Santo, leggendo dal gobbo il “testo-sceneggiatura” (sul sito di Teleacras è possibile visionare anche il testo scritto del discorso), con pause e ampi gesti – che San Calogero è il Santo di alcuni e che, anzi, una parte di questi ha il diritto di escludere gli altri dal promuovere i festeggiamenti e dalla festa.
Lascia sgomenti questa dichiarazione del sindaco che, pur di aggraziasi il favore di pochi (tutto fa brodo per la campagna elettorale ormai imminente), è in contraddizione con quanto, giorni primi della festa, alla presenza dell’Arcivescovo, dei rappresentanti dei portatori, della confraternita, del clero, e dello stesso sindaco, accompagnato dal suo vice, si era stabilito per celebrare la festa del Santo in piena armonia e nel rispetto degli impegni che ogni componente assumeva in nome e per conto delle proprie rappresentanze.”
Parole forti quelle del direttore del giornale, che rimprovera a Zambuto – oltre ad alcune inesattezze teologiche – “lo “ius escludendi” del popolo che “esercita una proprietà esclusiva ed illimitata anche nei confronti dell’ufficialità ecclesiastica”. É il discorso dell’autorità (intesa naturalmente come servizio e non come esercizio di potere) che viene minato e attaccato dal sindaco, che è autorità.
In altri termini è come se avesse detto: cari devoti portatori, fregatevene dell’autorità ecclesiastica (leggasi Arcivescovo e don Angelo Chillura, quest’anno guida spirituale della festa), fregatevene, di chi vi rappresenta (presidente dell’Associazione dei portatori), fregatevene di quanto stabilito, fatevi trasportare solo dal vostro sentire religioso, dal vostro «trasporto mistico».”
Per essere ancora più chiaro, Petrone pone anche alcune domande, alle quali sarebbe veramente difficile dare una risposta diversa da quella attesa:
“Domanda: che cosa pensereste, ad esempio, del Comandante della Polizia Locale che, parlando ad un gruppo di ragazzi, dicesse “fregatevene del codice della strada?” O che cosa pensereste di un sindaco che disattende le indicazioni del Questore in materia d’ordine pubblico? Cosa pensereste di un prete che dal pulpito invitasse i suoi giovani a disattendere l’ordinanza del sindaco, di consumare superalcolici dopo una certa ora?”
“Caro signor sindaco – continua il Direttore del settimanale cattolico -, le feste sono fatte per unire e non per dividere ed escludere. Ci sono già tante cose che dividono i cittadini: la politica, le differenze economiche e sociali e francamente, quelle sue parole mi sono sembrate (e non solo a me), fuori luogo e fuori bersaglio, oltre che un pericoloso boomerang per i risvolti che possono innescare contro ogni autorità costituita.
In una congiuntura civile e sociale, che richiede l’apporto di tutti, non si sente proprio nessun bisogno di introdurre elementi di divisione tra i cittadini e tanto meno tra i fedeli nel momento in cui si vuole onorare un santo amato da tutti, invadendo per altro un ambito che non le compete.
“San Calogero – ricorda Petrone – non si è limitato ad evangelizzare, ma a tradurre il Vangelo in opere di amore e carità. Essendo intervenuta ai suoi tempi una pestilenza che faceva tante vittime, si diede da fare per alleviare le sofferenze degli appestati. Aiutato dai suoi fratelli, organizzò un lazzaretto per raccogliere e curare gli appestati e per sfamarli girava per la città a raccogliere la carità della gente. Tutti davano qualche pezzo di pane al santo, ma per paura del contagio glielo porgevano (non “gettato”) dai balconi. Quello che conta dunque non è “la tradizione del lancio del pane” ma l’attenzione alle “nuove povertà” che ancora oggi affliggono tante famiglie della nostra città. San Calogero dunque ci deve educare ad essere caritatevoli, accoglienti, solidali con i “nuovi poveri”, a trovare “nuove forme” di aiuto a livello personale, familiare, comunitario e sociale per venire incontro ai bisogni di tanti. Come sarebbe belle che nei bilanci delle pubbliche amministrazioni ci fosse più attenzione ai “nuovi poveri”! O che si consolidasse ancora di più il gesto di mutare il “lancio del pane”, che sovente viene sprecato, con gesti di solidarietà verso qualche famiglia offrendo un buono pane, per qualche settimana, o in qualche altra opera di carità.
É il santo dell’unità. Quel vangelo che porta tra le mani ci dice che siamo tutti figli di uno stesso Padre, tutti uguali nella dignità di figli di Dio, tutti facenti parte dell’unica Chiesa di Dio, fondata dal suo Figlio nella varietà dei doni.
Nessuno pertanto, caro signor sindaco, può servirsi della festa del santo per esercitare – come lei dice nel suo intervento – lo “jus escludendi” della ufficialità ecclesiastica perché altrimenti non potrebbe essere la festa di un santo della Chiesa.
La festa del santo non può fare “escludere” nessuno perché San Calogero è servo di un Padre che accoglie tutti e non emargina nessuno. Non esclude i piccoli né i grandi, non esclude i giusti né i peccatori, non esclude i dotti né gli ignoranti, non esclude i ricchi né i poveri, non esclude i laici né i religiosi.”
A volte, il far confusione nei ruoli, invadendo campi che non competono, rischia di farci commettere errori. Zambuto, faccia il sindaco, lasciando alla chiesa i compiti che le competono. Così come riteniamo sia giusto avere uno Stato laico, altrettanto giusto riteniamo debba essere la non invadenza della politica negli aspetti religiosi.
Sarà veramente difficile per il sindaco replicare al Direttore del “L’Amico del Popolo”, senza esporsi al rischio di ripetere qualche figuraccia.
Meglio per lui, se aspetterà in silenzio i festeggiamenti di domenica, per poter gridare insieme a tutti gli altri “Evviva Diu e San Calò”…
gjm