«C’è l’intento del Pentagono di colpire la Russia prima del collasso planetario del dollaro» – riporta il sito Libre in un articolo dal titolo “Piano Usa: guerra in Europa, prima che crolli il dollaro” – “In questa chiave – continua l’articolo – Carlo Tia inquadra i drammatici sviluppi che oppongono Mosca e Washington in Ucraina. «Gli scambi tra la Cina e la Russia sono ormai in yuan, fra la Cina e l’Iran in oro», scrive Tia su “Megachip”. «La stessa Cina si sta liberando di circa 50 miliardi di dollari al mese – trasformati in obbligazioni “ricomprate” forzosamente dal Belgio, non si sa esattamente da chi – per sostenere il dollaro (più esattamente, i petrodollari). Lo stesso George Soros sta pesantemente speculando al ribasso a Wall Street. Sono tutti segni di una prossima depressione mondiale, da cui forse gli Stati Uniti potrebbero uscire solo con una prolungata guerra in Europa». A conferma del “pilotaggio” della crisi esplosa a Kiev, lo scoop del “Giornale”: in una telefonata alla “ambasciatrice” dell’Ue, Catherine Ashton, il ministro degli esteri dell’Estonia, Urmas Paet, dice che i cecchini che hanno sparato sulla folla di piazza Maidan non erano uomini di Yanukovich ma probabilmente «della coalizione appoggiata dall’Occidente»”.
Interessante come il “Giornale” abbia fatto lo “scoop” di cui si parla da tempo in rete riportando in maniera più precisa le frasi della conversazione tra Catherine Ashton e Urmas Paet. Mentre Libre si chiede “perché gli europei non si sono resi conto della trappola mortale tesa a loro dagli Usa”,, fornendo un’accurata analisi di quanto sta accadendo e degli interessi economici che si celano – si fa per dire – dietro una vicenda che rischia di portare il mondo verso una nuova guerra, mi chiedo come mai la testata giornalistica tanto cara a Silvio Berlusconi si accorge soltanto adesso della “notizia bomba” della telefonata, degli interessi che Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Cina hanno in merito alla produzione e commercializzazione del gas.
Lo stesso Carlo Tia analizza un piano bellico nel quale fa rientrare “anche le dotazioni del Muos in Sicilia, l’installazione di scudi antimissile in Polonia, l’apertura di basi americane in Romania e Bulgaria, senza contare la Turchia, membro della Nato, che controlla gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Il governo di Ankara ha appena concesso a una grande nave da guerra Usa di entrare nel Mar Nero, in violazione della Convenzione di Montreaux, mentre ad Atene c’è una presenza navale ancora più pesante, la portaerei “George Bush”. Secondo la Russia, la convenzione che vieta l’ingresso nel Mar Nero di navi da guerra non appartenenti a paesi affacciati su quel mare, è già avvenuta in questi giorni con la comparsa della fregata statunitense “Taylor” e della “Mount Whitney”, nave-comando della Sesta Flotta»”.
Un aspetto per molti inedito ma del quale già da tempo avevamo scritto su questo giornale. Finalmente, anche se con un notevole ritardo, c’è chi si accorge di quali siano gli interessi dei potenti del mondo in materia di economia, energia e strategie militari. Ci si accorge persino come “la Francia di François Hollande «è stata pesantemente minacciata a partire dal dossier iraniano nel corso del recente viaggio del presidente francese a Washington». Bocciata, di fatto, la missione a Teheran condotta da 140 grandi industriali francesi, «che avevano creduto al clima (fasullo) di buoni nuovi rapporti con l’Iran» e «Obama ha detto senza peli sulla lingua che tutte le relazioni della Francia (e dell’Europa) devono rispettare non solo le sanzioni che non sono ancora state tolte, ma anche quelle, soprattutto commerciali e finanziarie, che gli Usa dettano unilateralmente»”.
Un altro “grande scoop” del quale non è mai stato fatto mistero, tanto che già l’11 marzo ne avevamo scritto!
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Al termine delle analisi sono nati dei timori di una possibile “Terza Guerra Mondiale, se gli Usa faranno precipitare la situazione con l’adesione dell’Ucraina all’Ue, spingendo i missili della Nato fino ai confini con la Russia”. Considerazioni non dissimili da quelle del giornalista Giulietto Chiesa, secondo il quale “dobbiamo aspettarci «una guerra fredda intensificata», perché «saremo sul fronte del combattimento» tra Washington e Mosca e «saremo costretti a pagarne il prezzo». Una sfida pericolosa, perché «l’intera sicurezza europea sarà completamente rivoluzionata, coi missili americani piazzati in Ucraina a 400 chilometri da Mosca»”.
I popoli non contano per nessuno…
Finalmente, anche se in maniera molto “partigiana”, qualcuno si accorge di come dietro la crisi Ucraina ci sia l’interesse del gas. Interessi che hanno gli americani, l’Unione Europea e lo stesso Putin. I popoli, in termini di sofferenze e di vite umane, dinanzi questi interessi contano poco o nulla. Non contano per Obama, non contano per l’Unione Europea, non contano per Putin. Se questa guerra dovesse realmente scoppiare, questo avverrà senza che nessuna delle parti in causa possa dire di non esserne responsabile. Ovviamente non possiamo aspettarci che taluni giornalisti, decisamente schierati, spieghino ai loro lettori che non ci sono i buoni e i cattivi in questa vicenda, ma soltanto i cattivi – ovvero coloro che si curano soltanto degli interessi delle grandi multinazionali, dagli USA alla Russia, senza distinzione alcuna – disposti a sacrificare la vita di tantissime persone pur di non perdere un solo centesimo, che sia esso di dollaro, d’euro o di rublo.
…neanche per l’Italia
Ma torniamo agli affari di “casa nostra”, a quel Silvio Berlusconi e al Giornale, testata di riferimento dell’ex presidente del Consiglio, ex Cavaliere, attuale pregiudicato. Cosa c’entra Berlusconi in questa vicenda? Perché dichiara che è sbagliato escludere Putin dal G8? In cosa quest’esclusione “contraddice il lavoro dell’Italia e dei miei governi in questi anni per includere a pieno titolo la Russia nel consesso delle democrazie occidentali”? Per chi ha seguito un po’ le vicende legate al gasdotto “South Stream”, agli interessi italiani (non quelli del popolo italiano che per anni ha pagato più caro il gas russo) rappresentati dal rapporto Berlusconi-Putin, agli affari Enel, Eni e Finmeccanica (ricostruiti per l’ennesima volta in questo articolo di risposta alla dichiarazioni di Giulietto Chiesa), non è difficile comprendere la qualità del “lavoro dell’Italia” e le perdite economiche che società vicine a Silvio B. stanno già subendo.
Berlusconi dalla sua ha una grande qualità, l’aver capito l’importante ruolo che hanno i media quando ci sono da difendere interessi economici, politici o di natura giudiziaria. Ed è qui che entra in gioco la testata tanto cara all’ex premier: Il Giornale.
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Il Giornale fa gli scoop, dà ampio spazio alle analisi di quelli che in altri tempi sarebbero stati definiti “comunisti”, s’interessa persino di quella che Pirandello definiva “miserabile cittaduzza”. Agrigento, la città dei templi, la città dove realizzare accanto ai templi un rigassificatore che avrebbe dovuto ricevere gas liquefatto in Nigeria da società russe, la città in prossimità della quale solo un paio di anni fa si pensava fosse possibile realizzare una centrale nucleare. Anche in quella circostanza, una delle cinque centrali nucleari da realizzare in Italia, doveva essere affidata alla russa Gazprom. Il tutto fregandosene altamente se la Valle dei Templi rientrava tra siti definiti patrimonio dell’umanità UNESCO.
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Così come per decenni a nessuno è mai importato nulla del poligono militare di Drasy, dove obici, cannoni, mortai e carri armati hanno fatto sentire la loro possente voce nel silenzio di una classe politica di inetti che non hanno mai saputo salvaguardare e valorizzare il territorio siciliano. Finalmente, il Giornale si accorge di questo scempio. Sarà un caso che in quel poligono si esercitano le Forze Armate americane e che a mister B. la politica americana in questo momento è tanto “indigesta”?
“Tremano i Templi: gli americani a giocano alla guerra” – scrive il Giornale.
“Romba il cannone”. Incredibilmente, all’alba del XXI secolo, in Italia romba ancora il cannone. Ed è così spavaldo e sicuro di sé, che i colpi li spara a pochi chilometri dalla Valle dei Templi di Agrigento, patrimonio dell’umanità UNESCO. Onore e vanto di questa nostra Italia disattenta e spesso nemica del proprio divino Passato. Fino a dichiarargli addirittura guerra! Obici e cannoni italiani ed americani sparano quotidianamente nel poligono di Drasy, a due passi dalla Valle girgentina, arroganti signori del paradiso di Punta Bianca, quel meraviglioso sperone di roccia calcarea che degrada sul mare di smeraldo, sotto al cielo turchese, incorniciato dalle sue calette di sabbia bianca. Bombardano il nulla, i soldati. Unico innocente nemico è l’Eden che stanno distruggendo. A gennaio scorso, una parte di collina, fin troppo sollecitata dai boati, è franata sulla spiaggia, portando con sé sassi, creta, terra e palme nane. Nel silenzio complice delle istituzioni. La Regione Sicilia autorizza e gli americani continuano a giocare alla guerra con noi. Bah! Una follia tutta da studiare.
Già, come da studiare sarebbero i silenzi del governo Berlusconi e dei passati governi della Regione siciliana in materia di rigassificatore in prossimità della Valle dei Templi e di centrale nucleare… Ma, in quel caso, non c’era il “nemico americano” da colpire in nome di una libertà di stampa che “tutela e valorizza” soltanto alcune emergenze. E non certo archeologiche o paesaggistiche.
Di questa guerra un po’ tardiva contro il poligono militare di contrada Drasy, si è accorta anche l’associazione Mareamico Delegazione di Agrigento che fa da tempo una guerra pacifica ai militari che lì si esercitano. “Il Giornale utilizza le nostre parole – si legge sulla pagina Facebook dell’associazione. E pensare che, anni fa, nel lontano 1994, la Valle dei Templi fu inibita al passaggio delle biciclette dei mondiali di ciclismo. Viene da ridere o no? Forse, no. Perché, invece, viene più naturale piangere, incazzarsi e urlare tanta rabbia in faccia a quegli amministratori sordi ed incoscienti.
E il codice Becha?
Una certa stampa, finisce con l’interessarsi della “miserabile cittaduzza” di piandelliana memoria e con l’attaccare a colpi di articoli le potenti Forze Armate americane che anche con La Russa ministro della Difesa del governo Berlusconi in contrada Drasy sparavano con i loro cannoni… È sporca la guerra che si combatte con le armi. È sporca la guerra che Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Cina stanno combattendo in Ucraina, ma non meno sporca è quella guerra messa in atto da un certo giornalismo che nel mettere a nudo, giustamente, gli interessi di una delle parti in gioco,si guarda bene dal parlare dell’operazione russa dal nome in codice “Becha” progettata già da tempo per l’Ucraina. Di cosa si tratta? Ce lo diranno i vari Giulietto Chiesa e le testate giornalistiche come il Giornale? Noi siamo fiduciosi e aspettiamo…
Gian J. Morici