Che dinanzi la digitalizzazione sempre più pervasiva della società anche le mafie, in particolare la ‘Ndrangheta, facciano ampio uso dei social network, non è un mistero, tranne per quanti preferiscono ignorare come il mondo di internet si presti ad agevolare i traffici illegali e promuovere nuove affiliazioni.
Di ‘Ndrangheta tecnologica parla un pentito con nuove rivelazioni sul clan Grande Aracri, ricostruendo come la cosca si stia riorganizzando in Emilia e stia portando avanti importanti investimenti sul web e sui social network, arruolando anche fiancheggiatori tra hacker, ingegneri informatici e colletti bianchi, come riportato da Reggionline.
“Che la cosca Grande Aracri abbia da tempo coltivato competenze tecnologiche avanzate – riporta il giornale – l’ha rivelato un collaboratore di giustizia, parlando esplicitamente di forti investimenti realizzati su piattaforme web clandestine”, che analizza i canali di riciclaggio utilizzati dagli ‘ndranghetisti e “l’utilizzo subdolo dei social media per manipolare e reclutare affiliati, specie fra i giovani. Inoltre questa progressiva virata verso l’innovazione tecnologica è portatrice di nuovi fiancheggiatori: hacker, ingegneri informatici, colletti bianchi al servizio dell’illegalità che sanno muoversi in Internet per sfruttarne le potenzialità”.
A dimostrazione di come l’uso dei social venga strumentalizzato dalle organizzazioni criminali, la valanga di commenti a seguito dell’omicidio di Antonio Bellocco, membro del clan di Rosarno, in Calabria, analizzati dal Corriere della Calabria e dal Corriere del Ticino, in particolare su TikTok, dove alcuni utenti invocano “vendetta, chiedendo addirittura una «risposta» da tutto il popolo calabrese. C’è chi, invece, si sofferma sul dolore della famiglia. Una celebrazione collettiva ai tempi dei social”
Quella di internet e dei social è la nuova frontiera che rende sempre più difficili le indagini.
Frontiere spesso sottovalutate da parte di chi ancora non si è reso conto del progresso tecnologico della criminalità organizzata, rimanendo fermo al giurassico delle mafie tutte coppola e lupara, ignorando che spesso i lupi si travestono in agnelli.
La verità e quella che c’è un’incapacità di fondo a rendersi conto delle mutate condizioni rispetto i canali di comunicazione nelle quali le mafie sono molto avanti anche nell’uso di messaggi criptati e simbolici al fine di eludere l’attività investigativa.
Una storia non dissimile da quella degli estremisti islamici che erano così avanti rispetto taluni presunti “esperti in materia”, da costringerci a dover affidare al canarino Titti l’arduo compito di spiegare il terrorismo a chi faceva antiterrorismo.
“Se vuoi nascondere un albero piantalo in una foresta”, disse Messina Denaro ai magistrati di Palermo che lo interrogavano…
Gian J. Morici