Il libro ”Il caso GENCHI” non ha leso la reputazione del magistrato Giuseppe Cascini, ex segretario nazionale ANM, e già consigliere del CSM.
La terza sezione civile della Cassazione (presidente Giacomo Travaglino, relatore Pasqualina Condello) ha posto la parola fine alla lunga vicenda giudiziaria che ha visto contrapposto il magistrato Cascini e Giacchino Genchi, vice questore di polizia in pensione consulente informatico di Giovanni Falcone e poi di molte procure, oggi avvocato penalista.
La Suprema Corte ha quindi accolto integralmente le ragioni della difesa di Gioacchino Genchi . Nel ricorso l’ex consulente informatico aveva contestato le accuse e la sussistenza del danno. A dispetto del danno reputazionale lamentato, infatti, Cascini ha percorso una brillante carriera che lo ha portato anche ad essere eletto al CSM. Nell’ultima memoria difensiva l’avvocato Salvatore Ferrara, sostenendo la tesi dell’unicità del fatto, ha fatto valere inoltre il giudicato che aveva visto assolto Carlo Vulpio le cui dichiarazioni erano state parzialmente riportate nel libro intervista “Il caso Genchi”. La Corte di Cassazione penale, infatti, con precedente n. 34016/21, aveva ritenuto l’articolo di Vulpio coperto dalla scriminante del diritto di critica, stante la verità del nucleo essenziale dei fatti non inficiata da inesattezze ritenute marginali. La tesi sostenuta dal difensore di Gechi è stata integralmente accolta dalla Suprema Corte. Nessun risarcimento quindi per Cascini.
La vicenda trae origine da un procedimento penale per diffamazione avviato su denunzia querela sporta, in data 8 febbraio 2010, da Giuseppe Cascini, all’epoca dei fatti sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma e Segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati in relazione alla pubblicazione a firma di Edoardo Montolli “Il caso Genchi”.
Il Tribunale penale di Milano, con sentenza n. 6390/2016, dichiarava Gioacchino Genchi e Edoardo Montolli, quali coautori del libro ‹‹Il caso Genchi››, colpevoli del reato di diffamazione ai danni dei due predetti magistrati e li condannava al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, liquidati in euro 25.000,00 in favore di Giuseppe Cascini.
In particolare, il giudice di primo grado, ravvisando una concreta collaborazione, da parte del Genchi, nella stesura del libro-intervista, osservava, quanto al passo del libro che riguardava il Cascini, come la citazione della pubblicazione su internet di un articolo del giornalista Carlo Vulpio costituisse un espediente per ledere l’onore del magistrato che veniva accusato di avere “attaccato” il pubblico ministero De Magistris, durante una trasmissione televisiva, per motivi personali, perché quest’ultimo aveva indagato sulla casa di cura denominata “Cascini”, di proprietà di un parente del Cascini ed amministrata da Annunziato Scordo, indagato da De Magistris per il reato di riciclaggio.
Il 17 febbraio 2016 la Corte di appello di Milano, ribaltando la sentenza di primo grado, li assolveva perché il fatto non costituiva reato, avendo esercitato il diritto di critica, e revocava le statuizioni civili. La Cassazione, però, accoglieva il ricorso di Cascini ed annullava la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio civile in grado di appello. Nel giudizio di rinvio Montolli e GENCHI erano stati condannati a 25 mila euro di risarcimento danni. Da qui il nuovo ricorso presso la Suprema corte.
E la conclusione della vicenda a distanza di 13 anni dalla querela.
(Si legge nella sentenza che ”esisteva effettivamente un rapporto di parentela tra il Cascini ed i proprietari della Casa di cura Cascini, anche se il rapporto non era stretto, ed i proprietari della Casa di cura non erano stati accusati di fatti penalmente rilevanti”; inoltre ”de Magistris aveva detto di avere attenzionato la Casa di cura Cascini perché Annunziato Scordo, che era il presidente del collegio sindacale della medesima Casa di cura, risultava uno dei principali indagati dell’indagine Poseidone per le ipotesi di riciclaggio di denaro attraverso le case di cura convenzionate; nel libro si era specificato che Annunziato Scordo era indagato nell’ambito del procedimento condotto dal De Magistris”; infine ”la circostanza di avere indicato lo Scordo quale amministratore della Casa di cura Cascini e non quale presidente del Collegio sindacale era del tutto irrilevante, poiché non aveva valenza diffamatoria”. (Ter/Adnkronos) ISSN 2465 – 1222 11-LUG-23 17:23 NNNN)