Luca Palamara non ci sta e racconta ad Alessandro Sallusti la sua verità sulle storie che lo hanno visto coinvolto, svelando i retroscena e i lati più oscuri del mondo delle toghe.
Il libro dell’intervista all’ex pm, radiato dalla magistratura, edito dalla Rizzoli, racconta nei dettagli di come da oltre 20 anni nessuna nomina sfugge alle logiche e agli accordi delle correnti della Magistratura e di come sulle scelte del Consiglio Superiore della Magistratura abbiano un ruolo determinante anche altre pressioni.
Magistrati con meno titoli di altri concorrenti, scelti in virtù di posizioni più o meno rigide rispetto talune inchieste. Come nel caso della nomina di Francesco Lo Voi a capo della Procura di Palermo.
Un viaggio nei meandri più bui della storia della magistratura degli ultimi venti anni, per arrivare ai giorni nostri, quando per decidere la successione del procuratore uscente di Roma, Giuseppe Pignatone, le indagini e le intercettazioni che riguardano Palamara, grazie a una clamorosa fuga di notizie, si trasformano nell’asso della manica di chi non voleva che al posto di Pignatone andasse Marcello Viola, Procuratore generale di Firenze.
È la notte tra l’8 e il 9 maggio del 2019, la notte dell’Hotel Champagne. Palamara, in una saletta riservata di un albergo romano, usato come base d’appoggio da alcuni magistrati che arrivano da fuori città, si incontra con Cosimo Ferri e cinque magistrati del Consiglio superiore della magistratura, ai quali poco dopo si aggiunge Luca Lotti.
Nella sua lunga intervista Palamara racconta come il tema caldo di quella riunione fosse la nomina del successore di Pignatone. Si tratta di verificare se nel plenum del Csm avranno i voti necessari per la nomina di Marcello Viola a procuratore capo di Roma.
Per gli uomini della Guardia di Finanza che trascrivono quanto captato dal trojan inserito nel cellulare di Palamara, Luca Lotti dice: “Si va su Viola, sì, ragazzi”. Il politico – in quel momento indagato – avrebbe dettato la linea ai magistrati presenti.
Solo la successiva perizia fonica disposta dal Csm, stabilirà che Lotti aveva soltanto preso atto che dall’esito della conta il candidato vincente sarebbe stato Viola: “Si arriverà su Viola, sì ragazzi”.
Marcello Viola, il 23 maggio 2019, ottiene dalla V Commissione del Csm quattro voti favorevoli per la nomina a capo della procura capitolina, contro un voto favorevole per Francesco Lo Voi e uno per Giuseppe Creazzo.
Ma è Palamara che racconta come quella di Viola sarà una nomina abortita in pancia.
Tre settimane dopo gli incontri dell’Hotel Champagne, appena il tempo di sbobinare le intercettazioni, la Procura di Perugia rompe gli indugi e il 30 maggio un gruppo di uomini della Guardia di Finanza si presenta alla porta di casa Palamara esibendo un decreto di perquisizione e un avviso di garanzia per corruzione.
Appena il giorno prima, su Corriere e Repubblica, era avvenuta la fuga di notizie sull’esistenza del trojan e della cena nel corso della quale si era parlato di Viola.
“Nel caso della notte dell’Hotel Champagne – racconta Palamara nel corso dell’intervista – l’accusa è che Lotti ci convinse, me e Ferri, a nominare Marcello Viola procuratore di Roma. Ma anche Davigo, che a quel tavolo non c’era, due settimane dopo, il 23 maggio 2019, votò per Viola, insieme ai consiglieri Basile, Gigliotti e Lepre, nella seduta preliminare per gli incarichi direttivi del Csm. Pure Davigo fu condizionato da Lotti e da me?
Non credo proprio, anzi semmai l’inverso. Io andai su quel nome anche perché, proprio tramite Fava, sapevo che Davigo avrebbe appoggiato Viola, che era oggettivamente il migliore candidato. E oggi, con un coraggio fuori dal comune, questa ricostruzione la conferma anche il consigliere Ardita, con le dichiarazioni rese il 3 novembre del 2020 alla procura di Perugia.
Il fatto che abbiano usato me e Lotti per bruciarlo è una prova del fatto che non è vero che alla fine la «giustizia trionfa»; trionfa il «Sistema», che in quel momento e sulla pratica, per via di nuovi equilibri politici, aveva deciso di prendere un’altra strada.”
Si tratta di quella strada che da lì a poco seguirà il Csm, che acquisite da Perugia copia delle trascrizioni dispose la revoca delle proposte originariamente formulate a favore di Viola, Creazzo e Lo Voi, e nella seduta del 14 gennaio 2020 formulò tre nuove proposte: Lo Voi, Creazzo e Prestipino Giarritta.
Viola era stato fatto fuori grazie a una fuga di notizie, nonostante fosse inconsapevole delle trame ed era vittima delle stesse, così come accertato dai magistrati.
Giuseppe Creazzo
Palamara spiega anche il perché tra Viola, Creazzo e Lo Voi, la scelta ricadesse sul primo.
Racconta dell’attenzione, anche giudiziaria, alla sfera privata, alla lotta al sessismo, delle confidenze di colleghe, cancelliere e avvocate, riguardo ad avance e spinterelle ricevute da magistrati in posizione apicale, e di come avesse sempre cercato di sminuirne la portata – seppur consapevole della gravità dei fatti – per tutelare il buon nome della categoria, non denunciando ma limitandosi a dare consigli di buon senso, come nel caso della vicenda tra la procuratrice della direzione antimafia di Palermo, Alessia Sinatra, e Giuseppe Creazzo, definito dalla prima “il porco” nelle chat con Palamara, poiché oggetto di molestie da parte del procuratore di Firenze.
La Sinatra, che è stata ascoltata dai colleghi romani, ha subito un atto di contestazione dal procuratore generale Salvi per “Comportamento gravemente scorretto nei confronti di Creazzo”, quasi si desse per scontato si fosse inventata tutto.
Ma è lo stesso Palamara a dire che la Sinatra già da tempo gli aveva confidato, con una ricchezza di particolari tale che è difficile pensare che se lo sia inventato, di aver subito pesanti avance da Creazzo nel corridoio di un albergo di Roma.
Un racconto ripetuto anche dinanzi altre persone.
“Quando Creazzo si candida alla procura di Roma – afferma Palamara – lei mi manda una serie di messaggini, tra i quali: «Giurami che il porco cade subito», «Il porco ha parlato con te?», minacciando di porre ufficialmente il problema se Creazzo fosse stato promosso”.
Una vicenda che in altri ambiti avrebbe avuto risonanza mediatica, che sarebbe stata oggetto di inchieste giudiziarie, nel mondo delle toghe, come conferma Palamara, non funziona allo stesso modo. Si deve difendere il «Sistema». La Sinatra, dunque, anche su consiglio di Palamara, non denunciò i fatti, limitandosi a manifestare nei suoi messaggi il profondo disprezzo per chi l’aveva pesantemente molestata.
In qualsiasi altro ambito, prima di censurare il comportamento di una presunta vittima – pur non condividendone i modi e i toni – si sarebbe dovuta accertare la veridicità di fatti tanto gravi per i quali quotidianamente ci sono persone che si trovano sul banco degli imputati. Ma in magistratura, non funziona così!
Palamara dunque avrebbe compreso che Creazzo era bruciato, e che se nominato sarebbe stato coinvolto.
La scelta su Viola non sarebbe dunque dipesa da Lotti.
Francesco Lo Voi
Perché dunque non puntare sull’attuale Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi?
Anche Lo Voi per Palamara era un candidato a rischio. Racconta infatti di quando a Palermo per la procura generale, oltre a Roberto Scarpinato c’era in corsa anche Guido Lo Forte. Di come lui, dopo un incontro con Pignatone a casa di Riccardo Fuzio, all’epoca membro del Csm, avrebbe dovuto convincere Lo Forte a ritirare la candidatura, in modo da spianare la strada a Scarpinato, garantendo a Lo Forte la poltrona a capo della procura della Repubblica di Palermo.
Uno scambio di favori tra correnti che avrebbe visto Pignatone, che tra l’altro era amico di Lo Forte, fare da garante.
Ed è qui che entra in gioco un fattore che va al di là dei giochi e dei mercati delle correnti: Lo Stato, nella persona del Presidente della Repubblica.
A fermare la nomina di Lo Forte sarebbe stato Napolitano.
Scendono in campo Francesco Lo Voi e Sergio Lari.
A rimescolare le carte in tavola, l’onnipresente Pignatone che nonostante sia molto amico di Lo Forte cambia cavallo, obbedendo alle superiori direttive: “Si va su Lo Voi!”.
Lo Voi non è abbastanza titolato, non come gli altri due, e in più in quel momento è un fuori ruolo a Bruxelles, cioè «uno che dorme in hotel cinque stelle mentre i suoi colleghi sono qui in trincea a spalare fango» – dichiara Palamara che fa credere a Lo Forte che lo avrebbe supportato, mentre in realtà sta facendo il doppio gioco.
Lo Voi diventa procuratore di Palermo.
“Durante il plenum – sostiene Palamara – le parole più vere furono pronunciate da un magistrato autentico e genuino, il consigliere Nicola Clivio, finito al Csm quasi per caso: «Signori, sono venuto a Roma per vedere come funziona il potere. Non avrei mai detto che Lo Voi, che ha molti meno titoli degli altri, potesse vincere la sfida per Palermo. Oggi l’ho capito come funziona il potere e sono rimasto sconvolto».
Il resto è storia. Dalla nomina di Lo Voi, sconfitto al Tar e vincitore al Consiglio di Stato, per arrivare alla mancata nomina di Marcello Viola a capo della procura di Roma. Vincitore alla V Commissione del Csm con quattro voti favorevoli contro un voto per Francesco Lo Voi e uno per Giuseppe Creazzo, sconfitto da un’anomala fuga di notizie ad orologeria.
Ci sarà una procura che indagherà sui gravi fatti di cui Palamara narra nel libro; o il sine titulo rientrerà tra i criteri di valutazione?
“Il Sistema” è un libro la cui lettura è consigliata a chi ha uno stomaco forte…
Gian J. Morici
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