Superando di slancio la nota tendenza all’autoflagellazione che abbiamo noi di sinistra, mi ritrovo ad essere contento della consultazione del PD sul nuovo segretario, e anche a scoprire che i motivi per essere contento sono in realtà diversi:
– Ha vinto il candidato che ho votato, e che avevo già votato come Presidente della Regione Lazio. E’ un amministratore decente, non nell’accezione di voto appena sufficiente, ma di decenza nei modi, nelle attività, nella propaganda, nelle espressioni. E’ una persona perbene, appassionata, e che finora ha dimostrato doti politiche e umane qualificate. Ho buone speranze (che non avevo con Renzi, per capirci).
– Tutti i candidati erano persone decenti, tra l’altro. Sarei stato deluso se avesse vinto Martina ma non disperato. Un po’ meno felice per Giachetti, che già aveva fatto una campagna anonima contro la Raggi e il cui unico ideale sembra essere il renzismo, sono contento che sia arrivato buon ultimo.
– Quasi due milioni di persone si sono messe in fila dalla mattina alle 8 (lo so perché c’ero pure io), e sono andate ad esprimere il loro parere su una questione apparentemente interna ad un partito, ma che in realtà avrà impatti significativi sugli scenari politici futuri del paese. Non parliamo di poche decine di cristiani che decidono chi sarà il deputato, o poche migliaia che su una piattaforma di dubbia trasparenza avallano le decisioni di una mezza dittatura. Parliamo di due milioni di persone reali, con tanto di carta di identità e scheda elettorale, che hanno anche pagato per poter esprimere la loro idea. La democrazia è partecipazione e più gente partecipa più democrazia c’è. Se ne faccia una ragione il Santone Grillo: a Milano duecentomila persone hanno detto che il razzismo esiste e che va debellato. La gente la si ascolta, non la si manda affanculo.
– Il popolo del PD – parliamo comunque del 5% degli aventi diritto al voto – ha detto chiaramente che il renzismo è finito. Che l’epoca del partito in mano ad un padre padrone e ai suoi amici rignanesi è finita. Il PD deve tornare ad essere quello che era quando è stato pensato, un grande partito popolare; di tutti e non di pochi; un partito di sinistra o quanto meno di centrosinistra che fa politiche sociali giuste ed eque.
– I protagonisti di quella terra di mezzo che è stata la sinistra del dopo Berlinguer sono finalmente usciti di scena (colpi di coda permettendo). I Veltroni, D’Alema, tutti quelli che in questi anni hanno lavorato più per dividere che per unire non sono più protagonisti. Per fortuna il tempo passa per tutti.
L’ultima nota positiva che voglio sottolineare è che il PD è un partito “scalabile”. E’ un partito, cioè, in cui si fronteggiano opinioni differenti, a volta molto differenti, e che di volta in volta diventano maggioritarie nel partito e a volte anche nel paese.
Non è il partito di Berlusconi, di Salvini, di Grillo e Casaleggio.
E’ stato per un breve periodo il partito di Renzi, ma ci siamo vaccinati, e ora non è il partito di Zingaretti, ma è il partito della sinistra, un partito contendibile da chi ha più forza, e più attento degli altri all’equilibrio tra le cose che si debbono fare e quelle che si possono fare.
L’unico vero nemico del PD, come da tradizione, è il PD stesso, e la speranza è che la voglia di stare insieme per una volta l’abbia vinta sulla voglia di dividersi.
Rodocarda