di Simona Mazza
Il decreto-legge 113 del 2018, su “sicurezza e immigrazione” meglio noto come decreto Salvini, è diventato uno dei temi principali di ogni discussione politica e populista dell’ultimo mese e mezzo.
Il fenomeno immigrazione, in tutti i suoi aspetti, merita un’attenta analisi.
Ne parliamo con Gian Joseph Morici.
L’editore del quotidiano online lavalledeitempli.net ha anche partecipato, in qualità di mediatore, all’incontro dibattito tenutosi nell’aula consiliare del Comune di Melilli , organizzato dalla locale Cooperativa Sociale Maria Ausiliatrice e dal coordinamento provinciale di Siracusa de ” I Cittadini Contro le mafie e la corruzione” sul tema “Immigrazione: diritti, doveri e competenze. Situazione attuale e scenari”.
I governi di turno sono pronti a puntare il dito sulla indifferenza degli altri governi e per tutta risposta, alzano barriere e costruiscono meccanismi brutali per impedire una reale circolazione. Chi comprende umanamente un altro essere umano viene definito buonista…
Purtroppo la questione non è soltanto italiana… Personalmente ritengo che la definizione di “buonista” non possa appartenermi e farebbe soltanto sorridere quanti nel mio caso sarebbero pronti a giurare che si tratterebbe di una contraddizione in termini…Nonostante ciò, per il fatto stesso che sono un essere umano, sono portato a interessarmi dei miei simili… si tratta soltanto di una questione di empatia, che non appartiene soltanto agli uomini ma la riscontriamo anche nel mondo animale…
Uno dei punti giudicati critici, è l’eliminazione del permesso di soggiorno umanitario, senza introdurre istituti che coprano dignitosamente tale vuoto. Cosa comporta?
Non v’è dubbio che così come è concepito il decreto legge – oltre a suscitare perplessità sia a livello internazionale che interno al Paese – darà luogo a un peggioramento delle condizioni di vita dei titolari dei nuovi permessi speciali che vedranno limitarsi le possibilità di accesso al Servizio Sanitario Nazionale. Se anche si volesse ricorrere al “peggio per loro, non glielo abbiamo chiesto noi di venire qui” – che sono le frasi che sempre più spesso sentiamo pronunciare – dovremmo guardare al rovescio della medaglia. In realtà si tratta di un problema che esiste già, visto che sono migliaia le persone della cui presenza sul territorio abbiamo consapevolezza, che a causa di permessi di soggiorno scaduti dopo anni che vivono in Italia (a volte anche da oltre 10 o 15 anni) si ritrovano in uno stato di semi clandestinità che impedisce loro ogni accertamento e cura sanitaria, finendo con il rappresentare una seria minaccia per tutti noi. Cosa accadrebbe nel momento in cui ci trovassimo a dover affrontare il problema di malattie che potrebbero trasformarsi in focolai epidemici perché un’errata forma di cinico egoismo ci ha spinti ad ignorare che il problema del singolo è in realtà un problema di tutta la comunità? Un problema che non tiene conto del colore della pelle, della lingua o della fede religiosa. Il suddetto decreto-legge, finirà con l’ingigantire fenomeno e rischio in maniera esponenziale…
La durata dei permessi è stata ridotta notevolmente (invece che i vecchi 2 anni, ora saranno di 6 mesi o massimo 1 anno). Ciò vuole dire che sarà difficile avere accesso alle prestazioni di assistenza sociale o agli alloggi di edilizia residenziale pubblica
La durata dei permessi, prima ancora che rappresentare una difficoltà di accesso alle prestazioni di assistenza sociale o agli alloggi di edilizia residenziale pubblica (che non riguarda soltanto gli immigrati ma anche noi italiani) rischia di paralizzare ulteriormente tutti quegli uffici che devono rilasciare pareri, certificazioni o autorizzazioni. Considerata la vergognosa situazione già esistente, che vede talune questure rilasciare permessi di soggiorno dopo che gli stessi sono scaduti, mi chiedo come si farà ad affrontare una mole di lavoro che sarà raddoppiata o quadruplicata (questo è il rapporto) quando non si è in grado di gestire attualmente l’ordinario.
Sull’introduzione della possibilità di revoca del gratuito patrocinio in caso di dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Premesso che molti ricorrenti non hanno possibilità economiche e non possiedono nulla, pertanto a seguito della revoca del gratuito patrocinio non capisco su cosa ci si potrebbe rivalere, si tratterebbe comunque di una lesione del diritto alla difesa. Senza considerare che nessun avvocato accetterebbe di assistere legalmente un cliente con il rischio di non vedersi corrisposta la parcella. In pratica, finiremmo con il penalizzare i soggetti più deboli e, si badi bene, non mi riferisco soltanto alla difesa di imputati, ma principalmente alle parti lese… Ad oggi la situazione è già disastrosa… I ritardi nel riconoscimento del diritto al gratuito patrocinio a volte portano il legale a prestare una minore attenzione verso questo genere di assistiti. Senza considerare i lunghi tempi della giustizia. Per fare un esempio, voglio citare un caso realmente accaduto ad Agrigento. I protagonisti di questa storia sono la signora F.A., cittadina tunisina, e il signor Giovanni R., agrigentino. La coppia si sposa a Tunisi nel 2008, anno in cui il marito porta la moglie in Italia. Da quel momento F.A. inizia il suo dramma di moglie costretta ai lavori più umili, a beneficio del marito indebitato che grazie al lavoro di lei riesce a pagare affitti arretrati e a vivere dignitosamente, sempre che di dignità si possa parlare di chi vive alle spalle di una donna.
Trascorre il tempo e, come denunciato dalla F.A., allo sfruttamento si aggiungono le violenze, tanto da indurre il pubblico ministero a rinviare a giudizio Giovanni R. per maltrattamenti in famiglia e lesioni personali, aggravate dall’essere state commesse per eseguire un altro reato (il processo, è ancora in corso).
L’uomo, a quel punto, decide di separarsi dalla moglie alla quale, come da sentenza di primo grado, deve corrispondere un assegno mensile da 350 euro. In appello, l’avvocato di F.A. non si presenta, né presenta memorie, facendo perdere alla propria assistita l’assegno di mantenimento. Un ingiusto danno al quale la signora che conosceva poco la nostra lingua e che sconosce le nostre leggi, non ha potuto porre rimedio, non rivalendosi neppure sul proprio legale di quel tempo chiedendo il giusto risarcimento del danno e deferendolo per infedele patrocinio.
Ma v’è di più, la F.A., nelle more della definizione del processo contro l’ex marito, lavora saltuariamente come donna delle pulizie, badante ecc. Lo scorso anno, la donna accetta di lavorare per il signor Salvatore N. Un anziano abitante nella frazione di Villaggio Mosè, di Agrigento, la cui famiglia in città è conosciuta per le numerose proprietà che possiede. Salvatore N., anziano e timoroso del fatto che se dovesse sentirsi male di notte si ritroverebbe solo in casa, assume F.A. perché la notte rimanga in casa, potendo così contare sull’eventuale aiuto della stessa o perché potesse chiamare altri in soccorso.
Prescindendo dalle condizioni di vita alle quali qualunque essere umano avrebbe avuto difficoltà ad adattarsi, Salvatore N. inizia a molestare sessualmente la donna, arrivando a palpeggiarla mentre riposa e proponendo in maniera oscena rapporti sessuali. Anche questa vicenda termina con una denuncia, peraltro documentata dalle registrazioni audio presentate dalla F.A., dalle quali si evincono non soltanto le molestie, ma anche il fatto che il Salvatore N. non è nuovo a questo genere di comportamenti, avendo tentato in precedenza di violentare una donna di colore anch’essa al suo servizio.
Dopo aver offerto alla F.A. 500 euro al mese perché gli faccia da colf, da badante e soddisfi le sue velleità sessuali, dinanzi il rifiuto della donna, le urla di non aver soldi e che dunque non le pagherà neppure le giornate lavorative per le quali, secondo quanto riportato negli atti dell’Ispettorato del Lavoro, avrebbe diritto. Un compenso di poco più di 1000 euro. È trascorso un anno e la F.A. non ha ancora percepito un solo centesimo. Anche il pignoramento presso terzi lascia ben poco sperare, visto che dalla pensione dell’uomo potrebbe far detrarre meno di tre euro mensili, mentre dai conti presso alcune banche non risulta nessun attivo.
A voler pensar male, si potrebbe ipotizzare che i conti correnti bancari siano stati azzerati per evitare di pagare il dovuto, magari su consiglio del difensore o, peggio ancora, su suggerimento di un qualche soggetto che avesse avuto notizia del pignoramento in corso. Salvatore N., in città conosciuto anche per la proprietà che possiede, risulta dunque un misero pensionato che percepisce meno di 700 euro al mese e questo gli permette di sfruttare e molestare, impunito, le donne che assume per i lavori domestici. Particolare curioso, il modesto pensionato – ma volgare e laido sfruttatore – per la sua difesa in giudizio può però permettersi una delle figure più prestigiose dell’avvocatura del foro di Agrigento. Vogliamo chiamarla giustizia? In attesa di conoscere come finiranno queste vicende, che seguo con particolare attenzione e rispetto le quali sarà mia cura pubblicare gli atti, rendendo noti anche gli allegati affinchè ci si faccia idea di come (non) funziona il nostro sistema giudiziario, non posso che avanzare il timore che simili episodi accadranno sempre più di frequente, visto che il decreto-legge su “sicurezza e immigrazione” porterà a un maggior numero di lavoratori in nero perché senza permesso di soggiorno.
Di fatto viene infatti contestata la pratica dei “matrimoni di comodo” tra cittadini italiani e richiedenti asilo, che a dire il vero era stata avviata già durante il mandato di Minniti nell’ottobre del 2017.
Premesso che esistono diversi casi di matrimoni come quello della F.A. appena citato, dove il “comodo” è tutto per il coniuge italiano, anche nel caso dei “matrimoni di comodo” tra cittadini italiani e richiedenti asilo va evidenziato come la mancata regolarizzazione di “posizioni sanabili” abbia favorito un illecito mercato di falsi matrimoni, falsi contratti di lavoro ecc. Un mercato, quantomeno quello dei falsi contratti di lavoro, che vede attive anche frange della criminalità organizzata, le cui attività spaziano dal caporalato alla prostituzione, al fornire false attestazioni e finanche falsi documenti d’identità. Diciamo che viviamo in uno Stato che, seppur non complice diretto, ha favorito la criminalità e lo sfruttamento delle fasce più deboli della società. A questo proposito, mi piacerebbe, e non è escluso che lo faccia, documentare i casi in cui a sfruttare questa gente sono magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine che si avvalgono di questa forza lavoro, senza permesso di soggiorno o comunque sottopagata e in nero, per i lavori domestici o per il condominio nel quale abitano. Senza poi parlare dei tanti benpensanti che predicano in un modo e razzolano in un altro…
Torniamo alla norma, già nel testo è contenuta una parte (il Titolo II) interamente dedicata alla “sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa”.
Equiparare migranti al fenomeno terroristico e mafioso, è davvero così scontato?
Mafia e terrorismo sono due degli argomenti dei quali mi interesso da anni. A prescindere dal fatto che il paragone non capisco su cosa si fondi, avendo conoscenza diretta del fenomeno terroristico essendo stato infiltrato per anni all’interno dei gruppi segreti dello Stato Islamico ho avuto modo di conoscere le dinamiche che spingono diversi giovani, non soltanto provenienti da altri continenti, ad accostarsi all’Islam più radicale e violento. Molti di loro, con i quali avevo contatti e che segnalai alle autorità per le loro tendenze e per i collegamenti con cellule terroristiche (persone che da me segnalate sono state espulse o arrestate, quindi il termine “buonista” credo non faccia al mio caso) erano stati facile preda di falsi imam che avevano trovato terreno fertile nell’emarginazione alla quale questi soggetti erano costretti. Sono contrario a un’immigrazione incontrollata, così come è stato per tanti anni grazie al fatto che “i migranti rendono più della droga”, e sono dell’avviso che prima di accogliere qualcuno sia necessario acquisire quante più informazioni possibili e valutare attentamente la possibilità di un’accoglienza che sia tale. Ciò nonostante, sono dell’avviso che barriere e provocazioni, specie quelle che riguardano le fedi religiose, finiscano con il favorire la nascita o la crescita di gruppi violenti, se non terroristici. Purtroppo il problema della radicalizzazione e dei predicatori d’odio è un fenomeno che è stato per troppo tempo sottovalutato e rispetto al quale non credo ci sia adeguata preparazione da parte della maggioranza di appartenenti alle forze dell’ordine che oggi non sarebbero in grado di distinguere uno sciita da un sunnita e se solo sentono dire “Allah akbar”, senza rendersi conto che significa “Dio è grande”, lo associano immediatamente all’estremismo islamico. Ma su questi aspetti, così come sulle vicende giudiziarie alle quali ho fatto riferimento, avremo modo di tornare a breve…