Non c’era bisogno di essere “profeti o figli di profeti” per capire ciò che andavamo dicendo da tempo: che la vera, la più grossa, la più pressante delle questioni politiche era ed è quella del referendum costituzionale.
Ed anche la più semplice, per chiunque, come diceva G.G.Belli: “la raggione la capisca ar paro – de chiunque sa intenne la ragione”.
E aggiungo io la vuole intendere e non ha paura di intenderla e di affidarvisi.
Tutta la campagna per il SI, da quando Renzi ha posto la “questione di fiducia” del suo imprudente: “se il referendum boccia la riforma mi ritiro e me ne vado a casa”, è un susseguirsi di pressioni per parlare d’altro. D’altro del significato, delle conseguenze, delle implicazioni della c.d. riforma così come Renzi ed i suoi ce l’hanno ammannita. Parlare della sorte di Renzi, del “nuovo è bello”, della “fine dell’immobilismo”, è null’altro che paura della ragione e del ragionare, che presuppongono che “si stia” all’argomento e non si parli invece d’altro.
C’è stato un momento in cui vennero fuori i cosiddetti Radicali a buttar là la loro proposta, elusiva della ragione: nientemeno che lo “spacchettamento” del referendum, il voto per parti separate che il più sprovveduto degli studenti di giurisprudenza sa che è impossibile, perché sottoposta a referendum è la legge di modifica costituzionale, non le modifiche, che, poi, nessuno potrebbe stabilire (se non l’arbitrio di un Governo e di una Corte) come “suddividere”.
Questo voler distinguere, agli effetti del voto, che è uno e non plurimo, questo darsi a ricerche di un “qualcosa di buono”, “da non gettar via”, è preoccupazione che avrebbe potuto (e dovuto) manifestarsi quando la dittatura Renziana ridusse la discussione in Parlamento ad una tragicomica pantomima indegna della solennità e delle attente riflessioni di chi affronta il compito dei “Padri fondatori della Repubblica”, come si dice altrove.
Una cavolata solenne come quella dello spacchettamento poteva essere perdonata ai cosiddetti Radicali, rimasti a far da corteggio ad attività esoteriche che con la politica hanno poco a che fare e per i quali discutere di altro era ed è connaturato al loro ruolo: “parlar d’altro” inseguendo la fantasia e sacrificare tutto alla mostra di originalità.
Ma, a ben vedere questa storia della valutazione per parti separate serpeggia tra quelli del Si e in quelli che non trovano il coraggio di dire NO. Frasi sostanzialmente cretine come “ci sono cose buone”, “è un’occasione da non buttar via eliminare il CNEL” etc. sono espressioni non meno inconcludenti di quanto lo sia l’almeno manifesta cavolata (mi sforzo di evitare il turpiloquio), quella dello “spacchettamento”.
Tutto questo mi tornava alla mente malgrado l’evidenza della necessità di archiviare le questioni che la ragione ci consente di ritenere superate, sentendo la “presa di posizione” (sic) della Minoranza (che poi chi sa se è proprio tale) del P.D.
Bersani ha rotto il silenzio della sua porzione di partito (avevamo raccomandato ad esso “se ci sei batti un colpo”) formulando obiezioni e richieste che, purtroppo, risentono di questa gran voglia elusiva dello “spacchettamento”.
Ha parlato di condizioni per votare SI, come se fosse oggi consentito modificare la “riforma” così come è uscita dal Parlamento ed è ora sottoposta al voto popolare. Condizioni rappresentate da modifiche del malfatto. E, poi, la modifica della legge elettorale (quella della Camera, ché quella del Senato che dovrebbe esserci e non c’è nella progettata Costituzione, non può quindi essere “spacchettata”.
Bersani è un uomo che viene dal vecchio “zoccolo duro” del P.C.I., da un apparato di “culi di piombo” di cui si criticava l’opacità, ma che non mancava certamente di concretezza, anzi, semmai “esagerava”.
Condizioni di questa parte politica a Renzi ne abbiamo intese. Ce ne è stato più d’un caso quando si è trattato di dover votare in Parlamento su questa riforma e su altre cose.
E’ bastato, però al boy-scout di porre la fiducia perché ogni espressione di una indiscutibile mancanza di fiducia in lui ed in certe sue baggianate fosse archiviata.
Ora, ari amici della Sinistra P.D., non c’è più il voto per appello nominale. Non rischiate più l’espulsione dal Partito della Nazione che ha sostituito il P.D. ed i suoi “danti causa”.
Lasciate perdere “condizioni” impossibili a prendersi in esame e i prudenti “distinguo”.
Non sono io il più adatto a ricordare a chicchessia un precetto evangelico, ma vi dico, vi diciamo: “la vostra parola sia SI, SI, NO, NO”. Se siete quello che pare vorreste essere sia NO.
Il NO della ragione di fronte all’imbroglio.
Mauro Mellini
27.05.2016